Università: risposta al Presidente degli Industriali del Veneto, dr. Andrea Riello

Non può non suscitare stupore, disappunto e preoccupazione la sortita pasquale del presidente degli industriali del Veneto, dr Andrea Riello, a proposito del cosiddetto “politecnico veneto”.

Non può non suscitare stupore, disappunto e preoccupazione la sortita pasquale del presidente degli industriali del Veneto, dr Andrea Riello, a proposito del cosiddetto “politecnico veneto”.

E questo per un semplice ma non banale motivo: prendendo lo spunto dal dibattito che si è sviluppato su questo tema da mesi, il dr Riello esprime una serie di valutazioni sulle università del Veneto che lasciano francamente sconcertati.

Innanzi tutto il tono dell’intervento, che è quello che userebbe chi non ha saputo far tesoro della buona educazione ricevuta in famiglia. Tono, questo, sempre sgradevole, ma che proprio non si addice a chi riveste cariche istituzionali, o a queste assimilabili, come nel caso del dr Riello, perché getta discredito sulle istituzioni che questi rappresenta. Gli atenei veneti, ed i Rettori che li governano, sono prontissimi ad ascoltare critiche e suggerimenti, da chiunque; ma il disprezzo malcelato sotto forma di dileggio quello no, quello non è accettabile.

Può darsi che il dr Riello, forse per carattere o forse per inesperienza, non si sia reso conto di quanto sia andato sopra le righe . Peccato, per lui, non essersene accorto prima di rendere pubblico il suo intervento.

Veniamo al merito dell’intervento. Per giustificare la sua avversione alla proposta di approfondire una riflessione sulla possibilità di rafforzare la formazione superiore e la ricerca nel Veneto negli ambiti disciplinari delle scienze applicate e delle tecnologie più avanzate, il dr Riello si lancia in una serie di valutazioni sugli atenei veneti di una tale grossolanità e superficialità che non può passare inosservata. E rasenta l’autentica denigrazione a mezzo stampa. Si tratta di affermazioni talmente rozze che non meriterebbero neppure di essere prese in considerazione, se non venissero dal presidente degli industriali veneti. Sono affermazioni che mirano volutamente a dare una così distorta immagine delle università della regione che bastano poche battute per sbugiardarle.

Un esempio. Che senso ha fare paragoni con atenei appartenenti a sistemi universitari europei, ad esempio il politecnico di Zurigo, in cui chi governa quegli atenei ha a disposizione risorse per studente otto volte superiori a quelle su cui possiamo contare qui da noi? E “dimenticare” invece che nel sistema universitario italiano –che è quello con cui ha senso fare confronti per dare giudizi- le università venete risultano sistematicamente tra le prime in tutte le valutazioni, da quelle dell’apposita commissione ministeriale di valutazione della ricerca CIVR, a quelle dalla CRUI (la Conferenza dei rettori delle università italiane), al ranking del CENSIS annualmente riportato su “La repubblica” ed alle stesse “classifiche” pubblicate su “Il sole-24 ore”?

Certo il sistema universitario nazionale ha molti problemi, e non solo di sottofinanziamento, ma anche di carenza di strumenti di governance, che sarebbero essenziali per migliorare radicalmente le performances dei nostri atenei. Ma perché “sparare” su quelli che, nonostante tutto, meglio degli altri si difendono anche sul piano della ricerca a livello internazionale in molti settori, con una produzione altamente apprezzata dalle riviste scientifiche più qualificate? E come mai i dottori di ricerca che queste “pessime” università formano sono contesi dai migliori atenei stranieri, anche in USA, o trovano subito chi li assume con posizioni di responsabilità in aziende fuori dal nostro Paese, diversamente da quanto accade qui da noi?

Anche di semplici laureati l’impresa veneta non sembra avere bisogno, stando alle parole del dr Riello, cui dobbiamo dare però una grande delusione. Le università non sono, diversamente da quanto egli dimostra di ritenere, “dottorifici” di cui gli industriali siano autorizzati a considerarsi i primi e più esigenti “clienti”.

Sono un qualcosa di più complesso, che serve non solo all’industria per acquisire “risorse umane” da inserire nella produzione, ma deve contribuire anche, se non principalmente, a fornire al Paese un contributo di crescita culturale attraverso la formazione di giovani professionalmente preparati e soprattutto attraverso l’avanzamento delle conoscenze in tutti i diversi ambiti disciplinari. Ma stando a quanto investe in ricerca sul PIL regionale, l’imprenditoria veneta (chiedere informazioni in proposito al rapporto McKinsey sull’argomento reso pubblico un paio d’anni orsono) di ricerca scientifica avanzata non sente il bisogno. Lo confermano le parole del dr Riello, che ci rassicura che quello che c’è basta e avanza, sia sul piano della formazione superiore di giovani nelle materie scientifiche e tecnologiche che, appunto, su quello della ricerca avanzata.

E quindi ecco la coerente conclusione che non c’è alcun bisogno neppure di approfondire un ragionamento su quello che potrebbe essere uno strumento di sviluppo in riferimento ai due piani di cui sopra.

Se è questo il livello della classe dirigente della nostra regione, se è questa la lungimiranza e la serietà della riflessione “strategica” sul futuro della nostra regione, c’è davvero di che essere preoccupati.

La preoccupazione aumenta se si getta anche solo una rapida occhiata alle dichiarazioni fatte da altri esponenti di spicco del mondo imprenditoriale a commento della posizione espressa dal dr. Riello. La genericità di certe accuse al mondo accademico dimostra la assoluta inadeguatezza del grado di conoscenza delle nostre università da parte di coloro che scagliano questi anatemi.

Forse un po’ più di capacità propositiva e un po’ meno di demagogia a buon mercato non guasterebbero…
Se gli imprenditori invece di impegnarsi in linciaggi mediatici degli Atenei della nostra regione dimostrassero un più costruttivo atteggiamento, e si sedessero (come noi, del resto, da sempre auspichiamo) ad un tavolo per discutere senza pregiudizi dei problemi delle nostre università, sarebbe tanto meglio che non lanciare provocazioni offensive destinate solo a suscitare reazioni di segno contrario da parte delle comunità accademiche.

A meno che non sia un “fuoco di sbarramento” per “coprire” lo sbarco della “università americana” a Vicenza, insieme ai marines, di cui parla il dr. Calearo… La metafora militare, dato il contesto, si presta assai.

Ma dell’effetto taumaturgico di quello sbarco, è lecito dubitare. O è solo l’avvisaglia di un “piano Marshall” accademico che dovremo attenderci nei prossimi mesi?

Pier Francesco Ghetti, Rettore Università Ca’ Foscari Venezia
Carlo Magnani, Rettore IUAV Venezia
Alessandro Mazzucco, Rettore Università di Verona
Vincenzo Milanesi, Rettore Università di Padova

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