Fiera e dintorni: un distretto per la cultura e la creatività digitale a Padova

Perchè non riconvertire l’ampio settore urbano compreso tra la stazione ferroviaria di Padova e via Venezia investendo nella cultura? E’ il documento presentato da Legambiente ad Agenda21.

La soluzione è quella di utilizzare le estese proprietà e strutture pubbliche della zona, per creare degli spazi dedicati alla creatività e alle attività culturali, cosa che permetterebbe di rivitalizzare e riqualificare il quartiere che, altrimenti, rischierebbe il degrado.

Tutto l’ampio settore urbano compreso tra la stazione ferroviaria e via Venezia è in fase di avanzata e radicale trasformazione edilizia e funzionale. Qui peraltro insistono estese proprietà e strutture pubbliche: gli stabili della fiera, ma anche i nuovi istituti e le nuove strutture universitarie, gli immobili dell’APS-Mobilità, le aree delle Ferrovie dello Stato, piazzale Boschetti e la stazione delle corriere più a sud. Sono in larga parte le aree della primitiva zona industriale di Padova, che si stanno riconvertendo in direzionale e commerciale. Il guaio è che si tratta di un processo scarsamente governato, privo di un chiaro disegno strategico, che vede il Comune sulla difensiva, quando non unicamente interessato a far buoni affari vendendo ai privati le proprie aree (prima il Mercato Ortofrutticolo, poi il PP1 e, forse, tra breve gli stabili dell’APS Mobilità).

Le prospettive non sono affatto rosee, perché una spinta zonizzazione funzionale di un così esteso settore urbano necessariamente provocherà un ulteriore deterioramento di un tessuto sociale già debole e frammentato, una vera e propria desertificazione con gravi conseguenze per la qualità della vita e per la stessa sicurezza degli abitanti. Le vicende di via Anelli, di via del Pescarotto e di via Tommaseo qualcosa dovrebbero già insegnare.

Prima che si proceda ad ulteriori privatizzazioni del patrimonio pubblico ed all’avvio di nuovi isolati interventi, è quindi essenziale ed urgente che – nell’ambito dei nuovi assetti territoriali che si stanno definendo – si affronti il tema di un ridisegno complessivo delle funzioni e delle morfologie urbane che dovranno caratterizzare tutto il comparto. Legambiente sostiene l’idea che, oltre al doveroso potenziamento degli insediamenti residenziali e dei servizi di vicinato, una funzione chiave che – coinvolgendo in particolare l’Università e l’Ente Fiera, ma non solo – potrebbe contribuire a rivitalizzare ed a fornire una nuova identità al quartiere, è quella della cultura e delle attività creative in senso lato: arte, ricerca, sperimentazione nuove tecnologie, media, cinema, Tv, informatica, musica, spettacoli, ecc. Proverò a riassumerne brevem ente le motivazioni:
* Un tempo la cultura era considerata l’anello finale, il risultato sperato di un processo economico che aveva le sue radici nelle attività industriali e commerciali. Nella fase attuale la cultura deve invece essere considerata non solo quale componente essenziale per la qualità della vita urbana e il benessere dei cittadini, bensì anche come il più efficace motore dell’innovazione e della competitività economica. E’ questa la ragione per cui molte delle città oggi all’avanguardia nella scena internazionale considerano prioritario investire in strutture ed iniziative culturali, dando vita ad un clima cosmopolita che sia in grado di attrarre (o trattenere) talenti e giovani con ambizioni creative.
* Sino alla metà del secolo scorso, questo settore era periferia. Oggi è in realtà in posizione baricentrica tra il centro storico e l’Arcella. Superata in un futuro non lontano la storica barriera costituita dalla stazione e dalla linea ferroviaria, questa parte di città potrebbe trasformarsi in un anello di congiunzione a servizio delle due realtà urbane.
* L’incongrua localizzazione urbana della Fiera ne sta inesorabilmente rendendo obsolete e non più sostenibili molte delle attività tradizionali. Ci sembra che all’interno stesso dei suoi organismi dirigenti si stia avviando una positiva riflessione su un possibile cambiamento di strategie, che – a mio avviso – dovrebbero indirizzarsi verso una più spinta specializzazione delle manifestazioni e ad una più stretta integrazione con la vita quotidiana della città, con le attività economiche più innovative del territorio e con la ricerca scientifica.
* Anche l’Università si sta ponendo il problema sia di una rivitalizzazione sociale dei luoghi in cui si concentrano i suoi istituti (spazi e servizi aperti alla popolazione residente, apertura serale di biblioteche e sale di lettura, ecc.), sia di una ricaduta sul territorio della ricerca scientifica e della didattica svolta in ambito universitario. Sono noti i problemi generati nel vicino quartiere del Portello dal problematico inserimento di una cittadella universitaria in quel contesto, ma non certo migliore è la situazione a nord del Piovego. Un accogliente e vivace “Distretto per la Cultura e la creatività digitale”, con una fitta presenza di laboratori, studi professionali, gallerie d’arte, sale d’esposizione, bar, ristorantini e locali per lo spettacolo ed il tempo libero, avrebbe senza dubbio assicurato un primo (ma non esclusivo) consistente bacino d’utenza nelle decine di mi gliaia di studenti che frequentano gli istituti universitari.
* Esperienze analoghe in molte grandi e medie città europee hanno ottenuto, in anni recenti, un successo insperato. Il caso di Vienna, dove nel 2001 gli stabili un tempo adibiti ad attività fieristiche, all’esterno del Ring, sono stati trasformati in un vero e proprio “Quartiere dei musei”. Qui le attività culturali, gli spazi attrezzati, gli spettacoli teatrali o musicali, la libreria e le caffetterie, attirano, nel corso di tutta la giornata, una incredibile folla di giovani. Ma di esperienze simili se ne contano a centinaia (persino a Pechino in Cina nell’ex distretto militare Dashazi 798). Ed è interessante accennare – per affrontare il tema dei costi e della gestione – anche al fatto che in molte città sono sorte vere e proprie agenzie pubbliche e private specializzate nel comprare o nel prendere in gestione vecchi edifici industriali e capannoni da affittare a prezz i ragionevoli (e con forme di autorecupero) per residenza, per studi e laboratori e per attività espositive.

Le presenti osservazioni esprimono solo una indicazione di massima per una possibile nuova identità di un contesto urbano che, pur in presenza di svettanti nuove architetture, appare oggi decisamente degradato. Se l’idea fosse condivisa, prima di tradurla in disegno urbano e norme, non vi è dubbio che il primo passo dovrebbe essere quello di mettere assieme attorno ad un tavolo di progettazione partecipata i principali enti che operano in questo settore (Comune, Università, Ente Fiera, APS-Mobilità, Ferrovie dello Stato), associazioni e cittadini dei quartieri limitrofi.

Sergio Lironi – Presidente Legambiente Padova

(Tratto da Ecopolis, newsletter socio-ambientale di Legambiente Padova)

 

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