Industriali: basta con queste università inutili e sprecone

Andrea RielloIl presidente degli industriali del Veneto attacca il baronato universitario regionale. C’è chi vorrebbe fare un Politecnico quando ci sono facoltà in tutte le province che al posto di sfornare idee nuove, sfornano piccoli feudi che vivono di denaro pubblico. La lettera di Andrea Riello pubblicata oggi dal Corriere del Veneto.
Andrea RielloIl presidente degli industriali del Veneto attacca il baronato universitario regionale. C’è chi vorrebbe fare un Politecnico quando ci sono facoltà in tutte le province che al posto di sfornare idee nuove, sfornano piccoli feudi che vivono di denaro pubblico.

Andrea Riello ha pubblicato una lettera sul Corriere del Veneto nella quale punta il dito contro il sovrannumero di docenti, assistenti e ricercatori delle nostre università. Negli ultimi tempi qualcuno aveva perfino ventilato la necessità di un Politecnico, come se le decine di università sparpagliate per la regione fossero asili nido propedeutici. Eugenio Picano, cardiologo, scrittore, docente universitario, nel suo ultimo libro "il beato porco" fa un’analisi puntigliosa dei processi di decadimento dell’insegnamento universitario in Italia. Consigliamo di leggerlo dopo aver letto la lettera dell’imprenditore pubblicata sul quotidiano. Tra l’altro non c’è università, corso di laurea, facoltà che abbia un sito internet fruibile e che pubblichi in prima pagina i risultati delle ricerche e di quanto si sta facendo. Le università venete hanno in primo piano i bandi di concorso, le note sindacali interne, l’elenco dei portaborse dei professori, l’organigramma dei baroni e pure i comunicati delle associazioni studentesche. Non ce ne frega niente di tutto questo: l’università deve sfornare idee.

di ANDREA RIELLO
Anno Accademico 2005/2006: 4 Università, 360 corsi di laurea, 121 Master, 4614 docenti, 3327 impiegati amministrativi, 104.816 studenti; questi i numeri dell’offerta formativa in Veneto. Abbiamo un docen-te ogni 23 studenti, ma perché allora si ten-gono le lezioni nei cinema? Abbiamo un impiegato ogni 32 studenti ma perché allora continua ad esserci la fila agli sportelli delle università?

Ogni anno poi ben quattro straordinarie manifestazioni, le inaugurazioni dell’anno accademico: lunghi cortei di tanti professori dei numerosi consigli di facoltà, tutti agghindati con pellicce di ermellino, che si autocelebrano, indifferenti ai tempi che cambiano, come re e cortigiani chiusi nei loro castelli feudali, attenti a tener ben sollevato i loro ponti levatoi, perché non en-trino persone non gradite, perché non entri per sbaglio magari qualche nuovo «giovane » professore con idee moderne, più atten-to alla sostanza che alla forma, convinto che le università debbano essere dei luoghi dove si fa «Scienza e Qualità» e non dei «Club» esclusivi riservati ai soliti noti.

Vi sembra che in tale contesto, condiviso dalla stragrande maggioranza dei miei colleghi imprenditori, e sono sicuro anche dalla maggioranza degli studenti, si possa realmente concretizzare un «nuovo Politecnico del Nordest»? Vi sembra che la nostra regione ed il nostro territorio necessitino di ulteriore offerta formativa? Proprio no: i numeri parlano da soli.

Per fortuna, dopo un approfondito incontro con un Rettore di una delle nostre università, ho scoperto che il Politecnico, di cui da mesi si discute, è ancora soltanto un’idea, non è ancora un progetto, e nemmeno una bozza di progetto. Non poteva essere altrimenti; nel contesto di cui sopra sarebbe molto complesso se non impossibile definire gli obiettivi ed i percorsi istituzionali di questo nuovo Politecnico.

E’ il nostro sistema nazionale che regola e finanzia le università italiane che mortifica qualsiasi tentativo di modernizzazione, per quanto positivo possa essere. Durante la recente visita del nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a Treviso con altri rappresentanti del mondo dell’economia veneta, ho proposto, in base al già riformato e oggi legge costituzionale dello stato, articolo quinto della costituzione, di portare a competenza regionale la responsabilità della spesa universitaria, come è già quella della sanità. Ho sottolineato da una parte la buona qualità delle nostre università, dall’altra, come le sentiamo ancora troppo lontane dal nostro mondo, con quanta e troppa fatica ancora dialoghiamo con loro. Le vorremmo più integrate e vicine a noi; vorremmo assomigliassero più ad imprese aperte al mercato della competizione, convinti che le nostre imprese, nel futuro, saranno più centri di ricerca ed eccellenza e meno di manifattura. Ma se abbiamo degli ottimi professori, e vi assicuro ne abbiamo tanti non bravi, ma bravissimi, perché allora nessuna delle università venete è considerata tra le prime trenta in Europa?

Prima di provare ad aggiungerne un’altra, non sarebbe meglio tentare di rendere eccellenti quelle che già abbiamo? Il «Politecnico » nei fatti esiste già; gli imprenditori veneti non possono accettare silenziosi che si utilizzi lo straordinario appeal che il nome «Politecnico » ha nel comune sentire della gente per altri corsi di laurea, o magari ulteriore facoltà condominiali, né a maggior ragione la quinta università. Consapevole che i tempi della politica per la realizzazione del federalismo saranno biblici mi permetto di concludere con un invito ai nostri Magnifici Rettori: perché non provate a mettervi realmente in rete tra voi, creando una «governance » unitaria delle facoltà scientifiche già esistenti nelle vostre università, cercando nuovi momenti di incontro con il mondo delle imprese e/o con le associazioni di rappresentanza?

Rimango fortemente convinto che per noi imprenditori sia assolutamente doveroso dedicare grande attenzione allo stato di salute del sistema universitario e collaborare con delle proposte concrete e suggerire vie possibili di «ammodernamento»: siamo noi imprese, alla fine, i veri clienti delle università; mi pia-ce ricordarlo a tutti coloro che troppo spesso, avanzando nuove bizzarre proposte, se ne dimenticano. Se questo è successo in passato, noi, che ci eleggiamo a classe diri-gente del paese, non dobbiamo permettere succeda in futuro: la responsabilità è solo nostra.

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