Lettera aperta al Partito Democratico

Del futuro Partito Democratico a Padova si sente parlare solo quando lascia sul terreno illustri vittime politiche come nel caso di Zan, recentemente dimessosi dai DS. Meno dei suoi contenuti.
Del futuro Partito Democratico a Padova si sente parlare solo quando lascia sul terreno illustri vittime politiche come nel caso di Zan, recentemente dimessosi dai DS. Meno dei suoi contenuti.

E certo, ad oggi, la costruzione di questo partito non sta producendo alcun dibattito con i soggetti sociali che articolano la nostra città, con l’evidente rischio che il P.D. nasca dall’unificazione di apparati e solo in relazione con i poteri forti.

Mi chiedo, e chiedo a coloro che vogliono costruire il Partito Democratico, che poi sono anche la grande maggioranza dell’attuale centro sinistra che governa Padova, se non sarebbe utile che aprissero o allargassero il dibattito sul presente e del futuro della nostra città, perché da troppo tempo la navigazione è a vista. Un invito che estendo in generale a tutti i politici di buona volontà. Sono molti i contenuti su cui si dovrebbe confrontarsi. Qui ne propongo uno.

Mi piacerebbe sapere cosa si pensa dell’alluvione edilizia che ha subito il nostro territorio (insieme a tutta l’Italia), che continua, e che lascia impatti irreversibili nel tessuto territoriale e nella forma delle città. Impressiona la crescita del settore delle costruzioni che non si ferma dal 1994 con un trend positivo che può trovare un paragone storico così florido solo con il periodo 1951-1965 (quando peraltro trovava una parziale giustificazione in ben altra crescita economica e demografica). E’ l’economia del mattone (e delle grandi opere pubbliche, anche inutili, purché grandi) che periodicamente si riaffaccia come architrave delle politiche economiche locali e nazionali. In un recente intervento, il prof. Tiziano Tempesta, del Dipartimento Territorio e Sistemi Agroforestali Università di Padova, ricordava che le nuove abitazioni costruite in veneto potranno ospitare più di 600.000 abitanti.

Ne potrebbe conseguire un aumento del 13% della popolazione. Considerando che ultimamente questa è aumentata (immigrazione compresa) ad un tasso leggermente inferiore all’1% all’anno, ci vorranno circa 15 anni, ai ritmi attuali per utilizzare tutte le case messe in cantiere (sic) E tra le province del veneto il primato in termini di metri cubi per chilometro quadrato spetta a Padova. Questa politica non ha rilanciato l’economia, ma ha fatto molto male. E’ cresciuto senza criterio l’artificializzazione del territorio (già il 20% della pianura veneta, dato che non ha riscontro in nessuna regione italiana), e insieme sono esplosi i prezzi delle abitazioni e degli alloggi in affitto.

E’ un ciclo che genera vantaggi privati e svantaggi pubblici e che vede ancora oggi negli oneri di urbanizzazione o nella perequazioni una delle principali voci di entrata dirette o indirette – nei bilanci comunali e quindi spinge spinge sempre nuove lottizzazioni. Crea, senza governarle, continue microtrasformazioni e appropriazioni che a loro volta creano degrado collettivo. Le conseguenze più evidenti si leggono nella congestione delle infrastrutture stradali.

Non solo: l’investimento nel mattone e nella rendita è alternativo ad uno sviluppo che punti su qualità e innovazione.Non la crescita edilizia e della rendita, ma la qualità urbana e del territorio dovrebbero diventare una delle grandi priorità dello sviluppo, saldando benessere ambientale, giustizia sociale, sviluppo. E’ qui che si può coltivare quell’idea di innovazione, nuovo lavoro, coesione sociale, diversità culturale che è alla base dell’ambientalismo e di Legambiente. Ma allora serve una nuova idea di città. Città da rinnovare sulla base della sostenibilità ambientale. Città più moderne e vivibili, aperte e accoglienti, con spazi più belli e liberi dalle macchine, con meno auto in circolazione, da girare in tram, certo, ma anche in bicicletta.

Città pulite e attente a recuperare e riciclare i propri rifiuti; a risparmiare energia e a produrla attraverso fonti rinnovabili; che mettono al centro delle proprie strategie l’incomparabile patrimonio storico e ambientale. Città con comunità consapevoli delle conseguenze dei propri modi di crescere e consumare, per il modo in cui possono contribuire ai cambiamenti climatici globali e a realizzare conseguenze negative proprio nei Paesi più poveri. Finora il ceto politico padovano non sembra avere mostrato -nel complesso- adeguata consapevolezza di quanto sia importante ridisegnare il governo delle città a partire da tutto questo. C’è qualcuno intenzionato politicamente ad assumersi questa responsabilità almeno per il futuro?

Lucio Passi
coordinatore politico di Legambiente

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