Ragione e fede, grazia e carità: il Pascal di papa Francesco

Miseria e grandezza dell’uomo, le “contrarietà” di Pascal

La lettera apostolica di papa Francesco Sublimitas et miseria hominis, promulgata il 19 giugno 2023, nella ricorrenza del quarto centenario della nascita di Blaise Pascal (1623-1662), sin dal titolo evoca il nucleo profondo dell’antropologia del pensatore francese, incentrata sulla rilevazione delle “contrarietà”, vale a dire delle inclinazioni e tensioni opposte di miseria e grandezza dell’uomo. Tale rilevazione doveva costituire il fondamento della proposta apologetica di Pascal, maturata negli ultimi anni della sua breve esistenza in quel progetto di Apologie che la sua precoce dipartita lasciò in uno stato di singolare incompiutezza, paragonabile a un cantiere edile cosparso di materiali da costruzione destinati a un edificio dall’architettura ardita, materiali diversamente sbozzati e dalle forme più o meno definite, ma già in parte distribuiti sul terreno nelle posizioni previste per l’elevazione delle diverse parti del monumento. Si tratta dei testi pubblicati, a partire dal 1670 e in selezioni crescenti, fino a raggiungere la quasi totalità nel 1844, col titolo di Pensieri (Pensées): un migliaio di note e riflessioni, di varia estensione, fissati su carte ritagliate e già in larga parte raccolte e cucite dallo stesso Pascal in fascetti costituenti unità testuali di cui le prime 27 erano già disposte in una sequenza ordinata che restituisce il percorso progettuale dell’opera. E sono in effetti i Pensieri i testi ai quali la lettera apostolica attinge più abbondantemente le citazioni, invitando a leggerli e meditarli.

Il cantiere dei Pensieri

Nell’architettura progettuale dei Pensieri è però riconoscibile un disegno che ricalca la procedura del metodo scientifico praticato da Pascal negli studi sul vuoto e la pressione atmosferica, cosicché non è possibile scindere in lui il pensatore religioso dall’uomo di scienza, e lo stesso discorso sulle contrariétés di miseria e grandezza rappresenta il momento di osservazione del fenomeno, assumendo in tal senso il “fenomeno umano” nella sua complessità, cui sarebbe seguita la formulazione di un’ipotesi in grado di fornirne una spiegazione adeguata, e questa sarebbe stata appunto il quadro di comprensione offerto dalla Rivelazione giudaico-cristiana, successivamente “testata” in una sorta di verifica sperimentale: vivere personalmente la fede, in tutte le sue implicazioni, sacramentali, cultuali ed etiche, e accertarsi, dall’interno del proprio vissuto personale, della sua veridicità. In fondo, il percorso proposto da Pascal sembra trovare la sua più perfetta sintesi in quanto affermato – senza che vi sia esplicitamente citato (e poco cambia se il suo pensiero ne sia stato o meno la fonte d’ispirazione) – in Gaudium et spes 22, che «solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo», per cui «Cristo svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione».

La lettera apostolica

La lettera apostolica Sublimitas et miseria hominis non si prefigge certo di offrire un’esposizione organica del pensiero di Pascal, ma di considerare la straordinaria rilevanza della sua riflessione per il vissuto e l’intelligenza di fede dell’uomo contemporaneo, facendone risaltare la sorprendente attualità.
Centrale, tra tutto, la questione dei rapporti tra ragione e fede, ridisegnati in una logica di eccedenza nella continuità, per cui Pascal scrive che «la fede dice ciò che i sensi non dicono, ma non il contrario di ciò che vedono; essa è al di sopra, non contro» (L 13/185), per cui egli afferma ancora che «l’ultimo passo della ragione è di riconoscere che vi è un’infinità di cose che la superano» (L 13/188). E a riconoscere opportuno, anzi, doveroso, questo superamento, è per Pascal la ragione medesima, giacché non può essere che la ragione a poter avvertire criticamente la propria limitatezza come parte del contenuto dell’evidenza intenzionato dalla coscienza, rispetto al quale è chiamata a essere conseguente.
In tale eccedenza prende forma lo spazio di dilatazione del “cuore”, dilatazione della razionalità stessa e non momento ad essa antagonista, termine in cui si addensa in Pascal una complessità di significati, anche di risonanza biblica, per una razionalità sapienziale dal respiro veramente umano, aperta alla novità della grazia e rimessa in gioco nella vitalità dell’esperienza.

Pascal e Francesco

Ritroviamo così alcuni temi cari e ricorrenti nel magistero di papa Francesco: la concretezza di una fede incarnata, dove “la realtà è superiore all’idea”, contro ogni astrattismo spiritualistico idealizzato e per questo reso poi di fatto, al “test” della vita reale, impraticabile; la riflessione pascaliana sul primato della grazia come antidoto al neo-pelagianesimo più volte denunciato dal Pontefice come una delle grandi tentazioni del nostro tempo: «la presunzione di una salvezza guadagnata con le nostre forze», come già scriveva un anno fa nella lettera apostolica Desiderio desideravi. Vi ritroviamo, ancora e soprattutto, la carità, e una carità concreta e vissuta nel tessuto delle buone relazioni umane quale ultimo orizzonte onnicomprensivo della vita di grazia e sul quale, osserva in chiusura la lettera, va a concludersi la stessa esistenza di Pascal,Metafisica e di Antropologia filosofica acquietandosi in essa come nella sua sintesi più compiuta.

Alberto Peratoner
docente di Metafisica e di Antropologia filosofica
Facoltà teologica del Triveneto

(Facoltà Teologica del Triveneto)