Generazioni a confronto nel mondo del lavoro, qual è il segreto del cambiamento?


Cambia il mondo del lavoro e con esso valori e ostacoli per i diversi soggetti coinvolti. Quattro generazioni a confronto e una diversità da gestire è la difficoltà emersa nell’indagine di Valore D, presentata oggi alla Camera dei Deputati. Gli interventi istituzionali del vicepresidente Giorgio Mulè e della presidente di Valore D hanno ribadito la
Roma, 12 mar. – (Demografica/Adnkronos) – Cambia il mondo del lavoro e con esso valori e ostacoli per i diversi soggetti coinvolti. Quattro generazioni a confronto e una diversità da gestire è la difficoltà emersa nell’indagine di Valore D, presentata oggi alla Camera dei Deputati. Gli interventi istituzionali del vicepresidente Giorgio Mulè e della presidente di Valore D hanno ribadito la necessità di un intervento chiaro da privati e legislatori. Poi a seguire un’analisi demografica e tecnico-scientifica, produttiva per la realizzazione di una fotografia di cosa sta accadendo nel mondo del lavoro da parte dei numerosi ospiti presenti all’evento dell’indagine.
L’indagine in sintesi
Le Generazioni Z e Millenial sono più preparati, più multiculturali, ma più precari. Troppo giovani per essere riconosciuti con rispetto, così come troppo anziane si sentono le generazioni di età superiore che vorrebbero trasmettere il proprio know how ma che vivono in un limbo di prepensionamento. Le donne, poi, hanno dimostrato un impegno maggiore nel mondo del lavoro e gestire anche la famiglia significa togliere tempo al proprio benessere personale. Valori e ostacoli, quindi, sono diversi: da un lato, c’è chi chiede maggior tempo libero da dedicare a se stessi, famiglia e amici. Dall’altro lato c’è chi preferisce copertura sanitaria e congedi per la genitorialità. Punti di contatto: richiesta di apprendere maggiori competenze, flessibilità oraria e smart working. L’approccio qualitativo e quantitativo della ha così aperto a diversi spunti di riflessione: vediamone alcuni.
Un’analisi demografica
“Il cambiamento funziona solo se si mettono in rapporto le generazioni – ha spiegato Alessandro Rosina, docente di Demografia presso Università Cattolica del Sacro Cuore, e Coordinatore Scientifico Osservatorio giovani dell’Istituto G. Toniolo -. Questa collaborazione è davanti una sfida che vede due trasformazioni: la transizione demografica e quella tecnologica. Entrambe non hanno un impatto scontato. Leggere queste trasformazioni è la chiave giusta. Solo così si riesce ad alimentare crescita, sviluppo, innovazione e competitività. Il rischio è quello di vedere inasprire le disuguaglianze, scarsa attrattività e perdita di dinamismo. Due elementi per affrontarla possono essere un approccio dinamico, cioè, acquisire risposte e strumenti che siano in grado di affrontare un cambiamento continuo. E il secondo è che la diversità diventi un valore. Qualità delle relazioni è ciò che determina il valore della diversità”.
L’approccio scientifico
“Ho trovato nei risultati della nostra ricerca tante conferme e qualche sorpresa – ha sottolineato Ulrike Sauerwald, Head of Research & Knowledge Management di Valore D -. Abbiamo raccolto oltre 18mila testimonianze di quattro generazioni attive nella società e nel mercato del lavoro. Per noi era importante comprendere i valori che accomunano e distinguono le generazioni e quali sono gli ostacoli che sperimentano sulla base dell’età. Volevamo capire la qualità delle relazioni e cosa fanno le aziende per rispondere alle difficoltà. Ciò che è emerso è che oltre le differenze ci sono dei punti di contatto: voglia di apprendere, flessibilità lavorativa e smartworking”.
Una visione sociologica: le reti sociali
Modelli di leadership antiquati e ancora disparità di genere: questo è quello che è emerso dall’analisi sociologica dei dati dell’indagine di Valore D.
“Le relazioni sociali sono il driver fondamentale – ha ribadito Raffaele Vacca, sociologo e data scientist Behave Lab dell’Università Statale di Milano -. C’è un limite nel modo in cui guardiamo le aziende in Italia: ragioniamo per organigrammi e ruoli formali individuali e mai come questi sono collegati tra di loro. Queste relazioni ci consentono di vedere delle realtà che hanno il potere di cambiare il contesto. Analizzando queste reti, è emerso che gli uomini della Gen Z sono spesso più “centrali” per le competenze soft, mentre quelli dei Baby boomer sono centrali per le competenze tecniche. Le donne, invece, si sono dimostrate più centrali per supporto emotivo e consigli, L’età continua ad essere un driver di separazione tra generazioni, così come il genere”.

(Adnkronos)