Patrizio Bertin: “Le preoccupazioni aumentano in vista della proliferazione dei cantieri” e chiede al comune di fare come Torino: detassare gli esercizi interessati dai cantieri
Ci sono i numeri del commercio anche di Padova Città. E non sono troppo dissimili da quelli nazionali che, come ha documentato l’Ufficio Studi di Confcommercio su dati del Centro Studi delle Camera di Commercio “G. Tagliacarne”, hanno visto la scomparsa di 111mila imprese nell’arco di un decennio.
“Per fortuna i numeri di Padova hanno un trend un po’ più contenuto di quelli molto pesanti del Nordest – commenta il presidente dell’Ascom Confcommercio, Patrizio Bertin – ma le motivazioni per cui il comparto flette, sono le stesse. Anzi, noi ne abbiamo qualcuna in più”.
La realtà non sfugge nemmeno ad un osservatore distratto. Prosegue infatti la rarefazione commerciale della città, un fenomeno che riguarda, in egual misura, sia il centro storico che i quartieri, mentre la pandemia ha lasciato sul campo (verrebbe da dire “sulla piazza”) tante imprese del commercio ambulante.
“Il commercio – continua Bertin – va sostenuto perché mantiene inalterato il suo valore sociale. Per cui, nel riqualificare la città, l’amministrazione non può sottovalutare che, per essere attrattiva, la città non può rinunciare ad un sistema viario e di parcheggi degno di questo nome. Detto diversamente: se vogliamo contrastare la desertificazione commerciale dobbiamo fare in modo che vengano mantenuti i servizi, che sia incentivata la vivibilità, che non si trascuri la sicurezza (anche in ordine al fenomeno delle baby gang), che sia garantita l’accessibilità”.
“Purtroppo – evidenzia il presidente dell’Ascom Confcommercio – i numeri non fanno altro che mettere nero su bianco una situazione che rischia di aggravarsi anche in considerazione di ciò che più di qualche collega mi sta segnalando come “il problema“, ovvero la proliferazione dei cantieri (già oggi sono tanti) ma che, per la stessa ammissione dell’amministrazione, si intensificheranno nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”.
Questo significa che, per le attività che si affacciano sui tratti interessati dai lavori, il registratore di cassa piangerà.
“Io credo – avanza una proposta Bertin – che un qualche “ristoro” (come si diceva ai tempi del Covid) andrebbe previsto. Tanto per fare un esempio, qualcosa di simile è stato realizzato dalla città di Torino. Si tratterebbe di scontare qualche tassa. Magari non rifonderà il 100%, ma sarebbe un segnale di attenzione nei confronti di chi non ha molte armi per difendersi se il cantiere staziona davanti alle vetrine”.
Intanto si guarda ai numeri e ci si lecca le ferite.
“Io voglio sperare che il dato di giugno 2023 possa essere corretto in sede di bilancio annuale, perché quelle 852 imprese del commercio al dettaglio in centro storico contro le 1051 del 2012, sono un pugno allo stomaco. Lo stesso dicasi per i quartieri che da 1121 passano a 929. Tutto sommato regge il turismo, ma fa pensare quel segno decisamente negativo degli articoli culturali e ricreativi (librerie, palestre, ecc.) e del carburante per autotrazione, mentre le uniche note positive (con tutta una bella serie di distinguo) vengono dalle altre forme di alloggio (affitti brevi) e commercio al dettaglio al di fuori dei negozi (e-commerce)”.
Insomma: c’è di che preoccuparsi anche se Bertin non manca di sottolineare due aspetti che, una lettura più approfondita, mette in risalto: crescono le imprese di capitale a fronte della diminuzione di ditte individuali e società di persone e aumentano le unità locali, segno che è in atto un consolidamento del comparto.
Padova, 12 febbraio 2024