Alimenti, Poli (Nfi): “Rischio malattie da carne rossa? Da studi visione semplificata”

“Una porzione di 80-100 grammi 2-3 volte a settimana non causa danni a persone sane”

Roma, 19 gen. (Adnkronos Salute) – “Studi di carattere epidemiologico, condotti in vari Paesi del mondo, associano il consumo alimentare di quantità elevate di carne rossa ad un aumento del rischio di sviluppare alcune patologie, come alcune malattie cardiovascolari ed alcuni tumori. Questi studi hanno portato a chiavi lettura semplificate, che spesso etichettano la carne rossa come intrinsecamente pericolosa. In realtà è importante ricordare prima di tutto che da questi studi emergono per definizione solamente associazioni, non relazioni di natura causale; inoltre, gli effetti non favorevoli si osservano in genere solamente in una parte ridotta della popolazione (spesso il 10-20% con maggiori consumi). Questi effetti sono inoltre di ampiezza ridotta o molto ridotta, e potrebbero anche essere dovuti, almeno in parte, non tanto alla carne in sé, ma alle sue tecniche di cottura (per esempio a grigliature troppo spinte che portano alla carbonizzazione di parte del tessuto organico), che potrebbero essere facilmente modificate”. Lo ha detto Andrea Poli, presidente di Nfi – Nutrition Foundation of Italy, nel suo intervento in occasione del convegno ‘Carni rosse: economia, salute e società. Una riflessione’, organizzato oggi dall’Accademia nazionale di agricoltura presso la Sala Serpieri di Palazzo della Valle a Roma, sede di Confagricoltura.
“Il consumo moderato di carne rossa, che equivale a una porzione di 80-100 grammi per 2, massimo 3 volte alla settimana, è consentito – sottolinea Poli – e non fa male alla salute, ovviamente parliamo di soggetti sani. Non a caso diversi studi epidemiologici suggeriscono che entro questi livelli di consumo non emergono problemi di salute particolare: non c’è un aumento significativo delle malattie cardiovascolari, né un aumento significativo delle patologie oncologiche”.
L’esperto prende poi spunto da uno studio del Global Burden of Disease (Gbd) pubblicato su ‘The Lancet’ nel 2019, secondo cui “nel mondo ci sono ogni anno 50 milioni di decessi, il 22% dei quali (11 milioni) è attribuito alla dieta – evidenzia Poli – E’ interessante osservare che, di questi 11 milioni, circa 10 milioni sono attribuibili alle malattie cardiovascolari; solo 1 milione di morti è attribuibile ad un tumore”. Da qui il consiglio del presidente Nfi: “Quello che mi sento di dire è che le persone possono muoversi più liberamente, fare le loro scelte guidate dalle differenze personali e, se stanno nell’ambito della moderazione, possiamo loro dire con tranquillità che probabilmente non stanno facendosi dei danni di salute”.

(Adnkronos)