Fuga di cervelli? Tra benefici fiscali e livelli di retribuzione esperti a confronto sul rientro degli expat

(Adnkronos) – Se l’Italia è una destinazione sempre più gettonata e immancabile per i turisti di tutti i continenti, per le sue bellezze architettoniche, la sua storia, il patrimonio culturale e le tradizioni enogastronomiche, non è ugualmente attrattiva come paese in cui lavorare; anzi, secondo l’ultimo Expat City Ranking 2023 di InterNations, la più grande comunità mondiale di expat, è tra i posti peggiori in Europa, con Milano e Roma a chiudere la classifica. I maggiori vincoli burocratici, le difficoltà a trovare alloggio, i livelli di retribuzione, le scarse opportunità di carriera, una qualità di vita che non soddisfa le aspettative sono solo alcune delle sfide e preoccupazioni più sentite dagli expat nel nostro Paese. Mentre, al contrario, a guadagnare il podio sono le destinazioni europee che offrono un costo generale della vita più basso, un work-life balance più equilibrato, ma anche un’assistenza sanitaria più accessibile. Un tema su cui gli esperti si confrontano.  

“Per tanti lavoratori la pandemia ha segnato uno spartiacque importante che ha spinto molti alla ricerca di opportunità all’estero, trovando nei datori di lavoro un’apertura e una maggiore disponibilità a forme di lavoro più flessibili. La vastità del fenomeno trova conferma anche nei risultati dell’ultima edizione della nostra indagine annuale, European Employer Survey 2023, che ha rivelato che quasi la metà delle aziende intervistate concede ai dipendenti di lavorare dall’estero, seppur rimangono preoccupazioni legate alle nuove sfide legali, operative e pratiche che, inevitabilmente, la tendenza a una maggiore mobilità porta con sé”, evidenziano Carlo Majer ed Edgardo Ratti, co-managing partner di Littler Italia, il più grande studio giuslavorista a livello mondiale. 

“La mancanza di una regolamentazione uniforme a livello comunitario – avvertono – lascia irrisolti aspetti rilevanti legati, ad esempio, alla sicurezza sociale, all’assistenza sanitaria o alle diverse forme fiscali e contributive, dove l’assoggettamento a un determinato regime è legato al luogo nel quale la prestazione è resa, ovvero alla permanenza sotto il profilo temporale all’interno di un determinato paese, come avviene ad esempio sotto il profilo fiscale”.  

Ma il fenomeno della ‘fuga di cervelli’ e del trasferimento degli italiani all’estero non è nuovo e affligge da sempre il nostro Paese, accendendo il dibattito sulla perdita di menti brillanti e talenti di alto valore che rischiano di ridurre la competitività dell’Italia all’estero dal punto di vista lavorativo. In realtà, guardando alle opportunità, viaggiare e fare esperienze professionali in paesi diversi per cultura ed economia può contribuire alla creazione di collegamenti internazionali e a una visione più ampia del mondo, come racconta Carlo Gualandri, pioniere di internet e fondatore di Soldo, leader europeo nella gestione di pagamenti digitali e spese aziendali: “Mi definiscono un precursore e anche in questo caso mi sento di esserlo poiché, insieme alla famiglia, ho scelto di trasferirmi in Inghilterra oltre dieci anni fa, quando il fenomeno degli expat non era ancora esploso in Italia e in Europa”.  

“La decisione – spiega – è stata mossa dalla volontà di far sperimentare ai miei figli un contesto diverso rispetto a quello in cui si muovevano abitualmente e anche per me il trasferimento ha rappresentato una grande sfida. E’ qui che nasce l’idea di Soldo, una realtà internazionale, basata su una piattaforma tecnologica innovativa, che vuole aiutare le aziende ad avere un maggiore controllo sulle spese effettuate dai dipendenti, soprattutto in contesti multinazionali dove la gestione dei flussi e delle operazioni di acquisto è fondamentale per garantire la competitività e la produttività di un’azienda e dove una contabilità inadeguata può avere un impatto negativo sul fatturato, anche pari al 2% come rilevato dall’ultima indagine condotta insieme a Forrester, e sulle finanze personali dei dipendenti, come rivelato dall’80% degli intervistati nell’ultima ricerca condotta in Italia insieme a Ipsos”.  

Accanto alle possibilità di carriera, agli stipendi, ai vincoli burocratici, c’è un aspetto che la classifica di InterNations non considera ma che, invece, è stato dirimente nella scelta, effettuata da tanti negli ultimi anni, di trasferirsi in Italia: la variabile fiscale. Come sottolinea Linda Favi, Senior Associate dello Studio Legale Ughi e Nunziante, studio legale multipractice, di stampo anglosassone, nato nel 1969 con sedi a Milano e Roma, “le agevolazioni fiscali, concepite inizialmente come misure volte a favorire il ‘rientro dei cervelli’, sono state successivamente applicate a una platea molto ampia di lavoratori anche autonomi, imprenditori individuali e sportivi professionisti”.  

“Le misure hanno avuto un grande successo – assicura – e si sono prestate anche a varie forme di abuso, quale il trasferimento all’estero per brevi periodi per poter beneficiare di 10 anni di una drastica riduzione delle imposte. Per questo, il governo ha recentemente previsto di ridurre la portata dei benefici, abbassando la percentuale di esenzione del reddito e la durata del beneficio, imponendo un tetto massimo di risparmio fiscale, escludendo gli sportivi professionisti, prevedendo un periodo minimo di residenza all’estero di almeno tre anni prima del rientro in Italia e l’impegno a rimanervi per almeno 5 anni, e condizionando il beneficio alla discontinuità del rapporto di lavoro. Le nuove misure, che dovrebbero trovare applicazione a partire dal primo gennaio 2024, hanno generato diverse reazioni e proteste e sono attualmente al vaglio del Parlamento che sembra intenzionato a ridimensionarne la portata”.  

Aggiunge e conclude Paolo Borghi, Partner di Moore Professionisti e Associati, studio di commercialisti con sede a Milano e parte di un network globale di contabilità e consulenza: “Per l’anno fiscale 2024 si prevede un ‘irrigidimento’ della normativa di vantaggio, poiché è stata ridotta la riduzione della base imponibile dal 70% al 50% con un tetto massimo di 600mila euro, senza specificare se annuo o per i 5 anni. Inoltre, i soggetti che richiedono l’applicazione non devono essere stati residenti in Italia nei precedenti tre anni e devono impegnarsi a risiedere fiscalmente nel nostro paese per almeno 5 anni (dagli attuali 2 anni), l’attività deve essere prestata per la maggior parte del tempo nel territorio italiano. Nella bozza di legge è previsto la non applicazione del beneficio in caso di trasferimento in Italia nell’ambito dello stesso gruppo”. 

“Inoltre, si richiede che il contribuente possieda requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, attestata dal paese di provenienza e riconosciuta in Italia. Tuttavia, queste norme potrebbero non avere l’effetto sperato (attrarre talenti o persone ad alto reddito) se non sono accompagnate da un sistema ‘paese’ che favorisce l’accoglimento di queste persone, che hanno, generalmente, delle alte aspettative, sia lavorative che di ‘qualità della vita’. La variabile fiscale è solo una delle leve per attrarre i talenti o le persone ad altro reddito ma non l’unica e deve essere accompagnato da una serie di altre attività, per offrire concrete opportunità di crescita professionale ed elevare la qualità di vita per avere un concreto effetto positivo per l’Italia”, conclude. 

 

(Adnkronos – Lavoro)

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