Come chiudere i debiti con l’Agenzia delle Entrate



Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate è divenuta più efficiente nell’attività di recupero dei tributi non versati. Al tempo stesso, per i contribuenti esiste la possibilità di definire le pendenze, al di là delle situazioni particolari come la “rottamazione” delle cartelle. La prima possibilità, fondamentale specie in caso di somme importanti da versare all’Agenzia delle Entrate, è rateizzare il dovuto. Una forma di agevolazione che nel dopo pandemia è stato implementato per cercare di aiutare i cittadini nel far fronte ai versamenti erariali. Vi sono poi alcune vie forse poco conosciute, ma piuttosto efficaci per risolvere la questione del debito: transazione fiscale, saldo e stralcio, ricorso al giudice tributario.
La rateizzazione del debito può essere richiesta da tutti i soggetti contribuenti nel momento in cui si riceve l’avviso bonario o comunicazione di irregolarità. Le modalità della rateizzazione dipendono dall’entità dell’importo: fino a 5 mila euro si può pagare in massimo 8 rate trimestrali di pari importo; oltre 5 mila euro si paga in massimo 20 rate trimestrali di pari importo. La prima rata deve essere versata entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso bonario. Le rate successive saranno maggiorate di un interesse calcolato al 3,5% annuo. Quando il debito è già scaduto ovvero quando è stata inviata la cartella esattoriale, è possibile invece chiedere ad Agenzia Entrate Riscossione, soggetto distinto da Agenzia delle Entrate, il versamento del dovuto in rate. In questo caso il pagamento può essere diluito fino a un massimo di 72 rate mensili di importo costante o variabile con un importo minimo di 50 euro. Per i debiti fino a 120 mila euro la domanda viene accolta senza istruttoria, a meno che non si tratti di una società già in liquidazione. Per i debiti superiori a 120 mila euro ogni caso viene valutato singolarmente sulla base di differenti parametri, quali situazione economica ed eventuali debiti pregressi.
La transazione fiscale riguarda imprese fallibili in stato di crisi economica e finanziaria con uno stato di insolvenza conclamato nell’apertura di un procedimento fallimentare di concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti sia di natura fiscale che di altro genere. Non possono dunque accedere alla transazione soggetti privati che non svolgono attività imprenditoriale o comunque che non sono soggetti alle norme sul fallimento. La transazione fiscale è un’alternativa alla messa in liquidazione e funziona mediante apposito piano personalizzato di riduzione e dilazione.
Il saldo e stralcio è una sorta di transazione con l’Agenzia delle Entrate che riguarda quei soggetti in gradi difficoltà economiche ovvero sovraindebitati che hanno difficoltà a saldare le pendenze tributarie accumulate e rimborsare i crediti privati. Tali soggetti, in presenza di determinate condizioni e con il provvedimento del tribunale, possono ottenere l’esdebitazione totale ovvero la cancellazione integrale del debito senza dover versare nulla, a meno che nei 4 anni successivi non raggiungano utili economici tali da permettere di soddisfare le pretese dei creditori per almeno il 10% del totale dovuto.
Il ricorso al giudice tributario, infine, può essere effettuato da un soggetto nel momento in cui riceve un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate e serve per chiedere l’annullamento dello stesso. Il ricorso va presentato entro 60 giorni dalla notifica e deve essere fondato su validi motivi da esporre nel ricorso stesso. In caso venga accolto, la Commissione tributaria annulla totalmente o parzialmente l’atto impugnato. Nel secondo caso la sanzione sarà ridotta nella misura decisa dal giudice.

(Adnkronos)