Alimentazione, studi Tor Vergata: “Da dieta mediterranea benefici anche per ambiente”

(Adnkronos) – Non solo uno “stile di vita caratterizzato da convivialità, riposo adeguato e attività fisica regolare”. La dieta mediterranea è anche un modello alimentare “sostenibile”, con “benefici per salute, ambiente” e per l’economia. Sono alcuni dei risultati emersi da due studi pubblicati su riviste internazionali, che vedono come autori principali Antonino De Lorenzo, direttore del Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell’Università di Roma Tor Vergata, e Laura Di Renzo, direttrice della Scuola di specializzazione in Scienze dell’alimentazione presso il Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell’ateneo.  

Il primo studio, condotto da De Lorenzo e dal suo gruppo di ricerca, intitolato ‘Valutazione dei benefici in termini di sostenibilità di aderenza alla dieta mediterranea durante la pandemia da Covid-19 in Italia’, è pubblicato su ‘Nutrients’ e si concentra non solo sull’identificazione degli effetti della dieta mediterranea sulla salute degli italiani, ma anche sulla sostenibilità ambientale e socioeconomica durante la pandemia di coronavirus. La dieta mediterranea, evidenzia infatti una nota, “non è solo uno stile di vita, ma anche un modello alimentare sostenibile che include elementi distintivi come biodiversità, stagionalità, attività culinarie e prodotti alimentari tradizionali, locali ed eco-compatibili”.  

I risultati, integrati nel tempo da dati sulla sostenibilità, sono frutto di un sondaggio del 2020 condotto su un campione di 3.353 italiani tra i 18 e gli 86 anni, attraverso la piattaforma di Google Forms. I dati finali sono stati utilizzati per mostrare l’aderenza alla dieta mediterranea, convenzionale e biologica, calcolando l’impronta ecologica (CO2), e idrica (H2O) e i costi per l’acquisto di cibo. I dati – fanno sapere da Tor Vergata – mostrano differenze statisticamente significative delle emissioni di CO2 e del consumo di H2O tra i 4 gruppi di Bmi (indice di massa corporea), in cui il gruppo con Bmi più basso era associato a una riduzione di CO2 e H2O. Quindi, riducendo il proprio Bmi tramite la dieta mediterranea, non solo si ha un effetto positivo in termini di sostenibilità per la salute, ma anche ambientale.  

Rispetto alla sostenibilità socioeconomica, viene messo in evidenza che all’aumentare dell’aderenza alla dieta mediterranea si riducono i costi per la spesa settimanale. In particolare, per la bassa aderenza si è osservato un costo di 97,2 euro a settimana, per la media aderenza di 94,2 euro a settimana e per l’alta aderenza di 90 euro a settimana. Inoltre, i risultati dello studio dimostrano che la dieta mediterranea ha anche un’alta sostenibilità economica, rappresentando quindi il primo passo nella lotta all’insicurezza alimentare.  

Il secondo studio, ‘Differenze nell’efficacia del trattamento con la dieta mediterranea in relazione al sesso: uno studio pilota di nutrigenomica’, condotto dal gruppo di ricerca di De Lorenzo e pubblicato su ‘Genes’, si focalizza sulla diversa efficacia della dieta mediterranea, in particolare sull’espressione genica legata allo stress ossidativo, in relazione al sesso. Lo stress ossidativo – ricorda la nota – avviene quando c’è un fallimento nel neutralizzare l’eccesso di specie reattive dell’ossigeno (Ros) attraverso l’uso di antiossidanti, comportando diverse patologie. Al contrario, è noto come la dieta mediterranea abbia un impatto positivo sulla salute, agendo come fattore preventivo e predittivo per patologie cardiovascolari, diabete di tipo 2, malattie neurodegenerative, sindrome metabolica e tumori. 

Lo studio pilota è stato condotto su 17 soggetti sani tra i 18 e i 65 anni (59% donne e 41% uomini). Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a controlli approfonditi prima e dopo le 8 settimane di trattamento con dieta mediterranea: controlli del sangue, misurazione di peso e statura, analisi genetica di 10 geni coinvolti nello stress ossidativo. Ogni soggetto ha seguito per 2 mesi una dieta mediterranea personalizzata sulle proprie esigenze nutrizionali, mantenendo inalterati propri stili di vita. Si osserva una diminuzione significativa della resistenza della forza nei maschi. In particolare, la dieta mediterranea sembrerebbe indurre un aumento delle fibre muscolari bianche negli uomini, inducendo quindi un miglioramento della forza esplosiva a discapito della resistenza. 

Sono state osservate anche delle differenze significative nella pressione diastolica tra i sessi prima del trattamento, che si sono appiattite dopo il trattamento. In particolare, nei maschi sono stati osservati valori di pressione diastolica più elevati prima del trattamento, sebbene in un range di normalità, rispetto alle femmine. Ciò può essere dovuto a diversi fattori intrinseci ai due sessi, come i meccanismi fisiologici e i profili ormonali, i cambiamenti legati all’età e le tecniche di misurazione. La dieta mediterranea – sottolineano da Tor Vergata – ha quindi contribuito ad una riduzione della pressione diastolica nei maschi. Significative sono state le differenze tra i sessi per quanto riguarda le lipoproteine a alta densità Hdl con il consumo di pasti mediterranei, con un aumento nel sesso femminile. Infine, è stato osservato come la dieta mediterranea abbia comportato una significativa iper-regolazione dei geni regolatori del metabolismo del colesterolo e della pressione arteriosa, ApoE e Ace, nelle femmine. 

Questo studio sottolinea quindi come la dieta mediterranea sia associata ad un miglioramento della salute fisica e mentale, contribuendo a ridurre il rischio di malattie cronico-degenerative, riducendo l’infiammazione e migliorando il sistema circolatorio e respiratorio. In relazione al sesso, è emerso come questo regime alimentare sia più efficace nelle donne nell’influenzare positivamente il metabolismo lipidico, in particolare delle Hdl, e i livelli della pressione arteriosa, grazie ad un’iper-regolazione di geni ad essi correlati.  

Tali evidenze – conclude la nota – permettono di unire le conoscenze acquisite fino ad ora nella medicina classica con la potenza diagnostica delle nuove analisi in campo di nutrigenomica e nutrigenetica. Questo permette di rendere il paziente sempre più centrale e consapevole. In questo ambito, ulteriori indagini sull’interazione tra dieta, espressione genica e risposte specifiche al sesso, possono aiutare a personalizzare ulteriormente la dieta e contribuire alla salute e al benessere, in un’ottica One Health. 

(Adnkronos – Salute)

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