Dall’Università di Parma pergamena e ‘tocco’ per il dottor Ancelotti


Il tecnico del Real Madrid: “Viaggio lunghissimo e 5 nipoti che mi ricordano che sono nonno”
Parma, 11 ott. Pergamena e “tocco” per il dottor Carlo Ancelotti. Oggi l’Università di Parma ha celebrato il grande calciatore e tecnico con la Laurea Magistrale ad honorem in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate, in un Auditorium Paganini stracolmo. Presenti fra gli altri Arrigo Sacchi, Ariedo Braida, Vincenzo Pincolini, il tecnico del Parma Fabio Pecchia, il Sindaco Michele Guerra, il Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e tante e tanti tifosi di calcio, venuti a omaggiare “Re Carlo”.
Ancelotti è semplicemente una leggenda, come calciatore e come allenatore. Ha vinto praticamente tutto, ha giocato con alcuni dei più grandi campioni del calcio di tutti i tempi o li ha avuti in squadra da tecnico. È l’unico “Mister” nella storia del calcio ad avere vinto il titolo nei cinque principali campionati europei (con squadre del calibro di Milan, Chelsea, Paris Saint Germain, Bayern Monaco e Real Madrid), è l’unico ad avere nel suo palmarès quattro Uefa Champions League, peraltro vinte due volte con due squadre diverse (Milan e Real Madrid). Oltre a un’infinità di altri trionfi nazionali e internazionali.
“Quando mi chiamano dottore mi piace. Quindi, ai miei giocatori dirò: sì, mi potete chiamare dottore”. Lo ha detto sorridendo il tecnico del Real Madrid Carlo Ancelotti all’Università di Parma. “Qualcuno potrebbe dire che mi sono laureato avendo fatto pochi esami, in realtà ne ho fatti tanti e ne continuo a fare”, ha aggiunto Ancelotti che durante la sua lectio magistralis ha spiegato come “in un gruppo di lavoro il leader deve avere la forza di delegare per responsabilizzare e motivare i suoi collaboratori, perché la forza di un gruppo è sempre più forte di quella di un individuo solo. Io sono calmo, tranquillo e molto paziente, questo é un mondo dove l’equilibrio ha una componente importante e il mio carattere mi ha aiutato a gestire bene sia le vittorie che le sconfitte”.
Il tecnico merengues ha poi concluso: “E’ stato un viaggio lunghissimo, intenso, appassionate e continua. La cosa più importante è che è una questione di passione, quello che mi ha permesso di attraversare questi 44 anni, e la passione non la compri al mercato. Sono molto appassionato di calcio, non so perché, mio padre non era un ex calciatore, ma è venuta giocando con gli amici”. L’allenatore del Real Madrid ha poi ringraziato la sua famiglia e commosso, con la voce rotta ha aggiunto che “ho anche 5 nipoti che mi ricordano che sono nonno e mi ricordano che non sono più il bambino arrivato a Parma nel 1975”.
“In un mondo come quello del calcio, spesso molto “urlato” e non di rado sopra le righe, Ancelotti ha scelto una strada tutta sua e tutta diversa. Quella del lavoro fatto in silenzio e senza alzare la voce, sempre con i piedi per terra, del fair play, del rispetto delle persone e del loro lavoro, della correttezza e dell’umiltà, dello studio: studio delle partite, degli avversari, degli schemi, dei giocatori, per impostare una propria strategia. Così, senza alzare la voce e puntando sul lavoro e sulla preparazione, questo ragazzo partito da Reggiolo ha vinto praticamente tutto ed è arrivato sul tetto del mondo. Ed è diventato un Maestro”, ha detto il Rettore Paolo Andrei nel suo intervento, dopo che la studentessa-atleta Ayomide Folorunso aveva portato sul palco la mazza rettorale e dopo l’esibizione del duo d’arpe formato da Agatha Bocedi e Anastasiia Volkomorova, allieve del Conservatorio Arrigo Boito.
La motivazione del conferimento è stata letta da Prisco Mirandola, Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate, che ha parlato di “esempio per i valori che lo sport vuole trasmettere per la salute, l’inclusione, la valorizzazione e crescita del singolo e delle comunità rappresentate nei giochi di squadra”, mentre la laudatio per il laureando è stata pronunciata a due voci da Marco Vitale, Delegato del Rettore per lo Sport e Presidente del Comitato per lo sport universitario, e Luigi Garlando, giornalista della “Gazzetta dello sport”. Marco Vitale ha tracciato un breve profilo prima del calciatore e poi dell’allenatore: “I record sportivi raggiunti dall’allenatore Carlo Ancelotti nel corso della sua carriera -ha osservato- sono da affiancare alla personalità e al carattere dell’uomo Carlo Ancelotti, capace di trasmettere valori umani profondi e leali, che lo hanno portato ad essere apprezzato e stimato da tutte le persone che hanno avuto la fortuna di condividere le sue esperienze professionali”.
Anche Luigi Garlando ha provato a raccontare Ancelotti nelle sue due “vite”: il Parma, la Roma di Liedholm, il Milan di Sacchi… poi i trionfi da Mister. “La sua vera cifra di allenatore, il suo tratto distintivo, è stata l’umanità che gli ha permesso di entrare in sintonia con i suoi giocatori – ha spiegato- adorato da tutti, da Zidane a Cristiano Ronaldo, ma anche di sentirsi a casa in tutte le nazioni in cui ha allenato. Non sarebbe mai diventato Carlo V, cioè l’unico allenatore ad avere vinto i 5 campionati top, se non si fosse aperto alla cultura e alla sensibilità di quei popoli. In anni di muri e di nazionalismi, Ancelotti è stato un manifesto di europeismo. Ma, soprattutto, la sua umanità e la sua eccezionale empatia di Leader Calmo hanno permesso a tanti giovani, ultimo il brasiliano Vinicius, di crescere ed affermarsi. Carlo è educatore nel senso etimologico del termine: non inculca conoscenze, tira fuori dai ragazzi tutto il talento che hanno dentro”.
Da Carlo Ancelotti, che ha pronunciato una lectio doctoralis significativamente intitolata Il calcio: una scuola di vita, un grande grazie all’Ateneo e a tutte le persone arrivate lì per lui: “Il calcio mi ha insegnato tante cose: la relazione con le altre persone, il rispetto degli altri, il rispetto delle regole, il rispetto dell’autorità, l’impegno, a gestire un gruppo, a saper ascoltare, a stare al passo con i tempi che cambiano”. E ancora: “La differenza tra un grande giocatore e un grande campione è che il grande campione riesce a mettere il proprio talento al servizio degli altri. La differenza è tra egoismo e altruismo”. Sulla sua carriera: “È stato un viaggio lunghissimo, bello, intenso, appassionante, e continua a esserlo. La cosa più importante è la passione, e la passione non è che la compri al mercato. A me il calcio piace, piace moltissimo: non ha mai appresentato per me né un sacrificio né un lavoro”.

(Adnkronos)