Internet, Ue designa sei ‘guardiani’ del web: c’è anche TikTok


Si tratta di Alphabet (la casa madre di Google), Amazon, Apple, Meta (Facebook), Microsoft e di ByteDance (TikTok)
Bruxelles, 6 set. – La Commissione Europea ha designato oggi, per la prima volta, sei ‘gatekeeper’, guardiani o custodi del Web, in base al Digital Markets Act, sei grandi compagnie attive nel mondo digitale di particolare rilevanza e peso nell’Ue, che avranno obblighi e responsabilità specifici nel fornire in Europa di una serie di servizi. Nessuno dei sei ‘gatekeeper’ è europeo, a conferma della perdurante assenza del Vecchio Continente dai piani alti dell’economia digitale: cinque sono statunitensi e uno cinese. Si tratta di Alphabet (la casa madre di Google), Amazon, Apple, Meta (Facebook), Microsoft e di ByteDance (TikTok), che è relativamente un ‘newcomer’ rispetto ai concorrenti Usa (un portavoce della compagnia ha espresso all’Adnkronos il proprio “disaccordo” con la decisione della Commissione).
I sei ‘guardiani’ avranno ora sei mesi di tempo per assicurare il pieno rispetto delle prescrizioni del Digital Markets Act per ciascuno dei 22 servizi ‘core’ di piattaforma individuati, che sono, nel dettaglio: TikTok, Facebook, Instagram e LinkedIn (social network); Whatsapp e Messenger (messaggistica o N-Iics); Google Maps, Google Play, Google Shopping, Amazon Marketplace, App Store, Meta Marketplace (intermediazione); Google, Amazon e Meta (pubblicità); Google Android, iOS, Windows Pc Os (sistemi operativi); Chrome e Safari (browser); Google Search (motori di ricerca); YouTube (condivisione di video). La Commissione ha anche avviato quattro indagini, per verificare le dichiarazioni di Microsoft e di Apple, secondo le quali Bing (motore di ricerca), Edge (browser), Microsoft Advertising (pubblicità) e iMessage (messaggistica) non devono essere qualificate come piattaforme, pur superando le soglie previste dalla legge. Le indagini dovrebbero essere completate entro cinque mesi.
L’esecutivo Ue ha anche avviato un’inchiesta per verificare se il sistema operativo iPadOs di Apple debba essere designato come gatekeeper, pur non raggiungendo le soglie previste. In questo caso, l’indagine dovrebbe essere completata entro 12 mesi. In più, per l’esecutivo Ue Gmail, Outlook.com e Samsung Internet Browser, pur superando le soglie previste dal Digital Markets Act, non devono essere considerate come attività da ‘gatekeeper’, poiché le rispettive case madri hanno fornito sufficienti evidenze per consentirne l’esclusione. Pertanto, Samsung non figura nell’elenco dei ‘custodi’, pur rientrando nella lista preliminare di luglio, che includeva tutte le società che superavano i tetti.
Spicca, nella lista dei ‘guardiani’, l’assenza di Twitter, ribattezzata X da Elon Musk, un social di cui la Commissione fa larghissimo uso a scopo di comunicazione. I rapporti della compagnia californiana con l’esecutivo Ue si sono molto raffreddati dopo il cambio di proprietà: il commissario al Mercato Interno Thierry Breton è arrivato ad ammonire pubblicamente Musk, che si vantava di aver “liberato” l’uccellino, simbolo di Twitter, che “l’uccellino in Europa volerà seguendo le nostre regole”.
Per la vicepresidente della Commissione Vera Jourova, “con la designazione dei sei guardiani, proteggiamo meglio i consumatori e creiamo nuove opportunità per le piccole imprese tecnologiche innovative”, scrive su X, che non è un gatekeeper. Per Breton, la designazione dei guardiani è il “D-Day per il Digital Markets Act” e rappresenta una “pietra miliare per la libertà e l’innovazione on line in Europa”, afferma in un video pubblicato anch’esso su X.

Per essere considerata un gatekeeper in base al Digital Markets Act, una società deve rispondere a tre criteri, cumulativi: deve avere un giro d’affari annuo nello Spazio Economico Europeo pari o superiore a 7,5 mld di euro in ciascuno degli ultimi tre esercizi, o una capitalizzazione di mercato (o valore nel caso non sia quotata) di almeno 75 mld di euro nell’ultimo esercizio (Twitter o X, pur non essendo più quotata, è probabilmente assai al di sotto di questa soglia), e fornire un servizio di piattaforma fondamentale in almeno tre Stati membri dell’Ue. Inoltre, deve gestire un servizio di piattaforma con oltre 45 mln di utenti finali attivi al mese nell’Ue e più di 10mila clienti business nell’Ue, nell’ultimo esercizio. Deve anche avere una posizione di mercato radicata e durevole: si presume che sia tale se la società ha rispettato il secondo criterio (quello degli utenti) in ciascuno degli ultimi tre esercizi.
Le compagnie che rispettano questi criteri diventano presunti gatekeeper, ma hanno l’opportunità di controbattere, portando evidenze a sostegno, per essere escluse dalla designazione. Ora i ‘guardiani’ individuati dall’esecutivo Ue hanno sei mesi di tempo per adeguare i loro servizi alle disposizioni del Dma e per produrre un rapporto dettagliato alla Commissione; già da oggi devono creare una sezione dedicata alla Compliance e riferire sulle concentrazioni previste, in base al regolamento Ue sulle fusioni. Sono previste multe che possono arrivare al 10% del giro d’affari mondiale (fino al 20% in caso di recidiva), in caso di mancato rispetto della legge.
Il focus del Digital Markets Act (Dma) è fondamentalmente diverso da quello del Digital Services Act (Dsa), un’altra recente normativa in materia: mentre quest’ultimo mira a riequilibrare le responsabilità di utenti, piattaforme e autorità pubbliche, creando un ambiente digitale meno pericoloso e cercando di combattere la diffusione di disinformazione, il Dma ha tutt’altro scopo. Mira a contrastare le minacce all’equità e all’apertura dei mercati digitali in cui operano i gatekeeper, che sono spesso dei quasi-monopolisti.
I gatekeeper hanno quindi responsabilità e obblighi particolari, in ragione della loro rilevanza e peso, per la gestione delle loro attività, in modo da assicurare un ambiente on line aperto. Per esempio, devono permettere agli utenti finali di disinstallare facilmente le app preinstallate o di cambiare le impostazioni di default sui sistemi operativi; devono consentire loro di scaricare e installare app di terzi, compatibili con il sistema operativo; devono permettere loro di cancellare l’iscrizione ai servizi in modo semplice, come all’atto della sottoscrizione; devono permettere a terzi di interoperare con i propri servizi; devono consentire agli utenti aziendali di accedere ai dati generati dalle loro attività sulle piattaforme.
I ‘guardiani’ non possono, inoltre, utilizzare i dati degli utenti aziendali, quando competono con questi ultimi sulle proprie piattaforme; non potranno mostrare i propri prodotti in posizioni o modalità più favorevoli rispetto a quelle accordate a terzi; non potranno costringere gli sviluppatori di applicazioni ad usare determinati servizi da loro erogati, come sistemi di pagamento o per la verifica dell’identità; non potranno tracciare gli utenti finali al di fuori della propria piattaforma a fini pubblicitari, senza averne ottenuto il consenso.
E’ previsto anche un obbligo di interoperabilità per funzionalità basilari a carico dei gatekeeper che operano servizi di messaggistica, come per esempio messaggi di testo tra due utenti individuali e, nel tempo, anche per funzioni più complesse, come audio e videochiamate. Per l’eurodeputata del Pd Patrizia Toia, vicepresidente della commissione Industria, designando sei gatekeeper, “ancora una volta l’Ue si propone come apripista globale nella regolamentazione dei mercati digitali e nella lotta alle pratiche scorrette dei colossi digitali a difesa delle nostre imprese e dei cittadini”.

(Adnkronos)