Con Metatasse scopriamo quante tasse paga una piccola impresa

L’Italia conta poco meno di 5 milioni e mezzo di imprese. Il 94,8% di esse è composto da piccole, piccolissime e microimprese, da realtà con meno di 10 addetti. Quello italiano è quindi – anche – un Paese di imprenditori, i quali storicamente non hanno un buon rapporto con il fisco. Tanto che, spesso, il desiderio è quello di non sapere nemmeno quanto ci si trova a pagare di tasse, con la tentazione di versare direttamente gli F24 presentati dal commercialista, senza approfondire nemmeno per un secondo la questione. Via il dente, via il dolore, nella convinzione comune a tanti imprenditori che le tasse siano ineluttabili e immodificabili. Ma è davvero così? Non proprio: come ricordano gli esperti in consulenza fiscale di Metatasse, le tasse vengono effettivamente calate dall’alto, ma l’imprenditore può ottenere un risparmio fiscale effettivo per mezzo di un’attenta programmazione fiscale grazie alla consulenza di un esperto che studia costantemente la situazione dell’impresa e le continue evoluzioni del sistema fiscale italiano. Così è possibile effettivamente ridurre il carico fiscale in modo del tutto legale.

Gli step per migliorare la fiscalità

Come affermato anche dagli esperti di Metatasse, il primo passo per migliorare la fiscalità consiste nel conoscere questo mondo, avendo ben chiaro quindi qual è il carico fiscale che pesa sulla propria impresa. Di solito queste veloci analisi non mettono di buon umore, sapendo che in Italia la pressione fiscale sulle imprese è tutt’altro che leggera. Anzi, è noto che le PMI finiscano per avere un carico fiscale complessivo di gran lunga maggiore rispetto alle imprese più grandi: a sottolinearlo è stata per esempio la Cgia di Mestre, la quale ha ricordato come il carico fiscale delle piccole e medie imprese italiane si attesta al 59,1%, laddove le controllate dei giganti economici che operano in Italia se la cavano con il 33,1%.

Ma quante tasse paga effettivamente una piccola impresa? Ovviamente i fattori da tenere in considerazione sono molti. L’esempio più semplice è quello di una ditta individuale impegnata nell’erogazione di servizi, che in un anno ha dichiarato 100 mila euro: sottraendo l’aliquota Irpef pari al 43% (36.170 euro) e tagliando i contributi Inps (24.600 euro), a quella partita Iva resteranno in mano meno di 40.000 euro, con un carico fiscale del 60,79%.

Ovviamente la fiscalità muta in modo importante in base alla forma giuridica. Una società di persone con dipendenti e con un laboratorio si troverà infatti a pagare Irpef, Inps, Irap, Ici, Inail, Ciaa, tariffe sulla pubblicità nonché tariffe sui rifiuti, con una pressione fiscale che può essere complessivamente maggiore al 65%.

Purtroppo non ci sono dubbi, il carico fiscale in Italia è molto alto. A questo, stando al rapporto Paying Taxes realizzato dalla Banca Mondiale e da Pwc, si somma il fatto che affrontare la fiscalità è tutt’altro che semplice per le imprese italiane, avendo a che fare annualmente con 238 ore da dedicare agli adempimenti fiscali, nonché con 14 pagamenti nel corso dei mesi. Ecco allora che, combinando peso del fisco e fatiche correlate, il rapporto mette l’Italia al 128esimo posto sulla bellezza di 190 paesi esaminati. Non hanno quindi torto gli esperti di Metatasse quando affermano che per ridurre le tasse della propria impresa è necessario prima di tutto capire che quello italiano è un vero e proprio “labirinto fiscale” nel quale, proprio per l’estrema complicazione, ci si trova spesso a pagare più di quanto sia effettivamente dovuto.