Come si sta modificando l’atteggiamento delle giovani generazioni nei confronti della questione religiosa e, complessivamente, davanti alla vita? A questa domanda cerca di dare un contributo di risposta una indagine promossa dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo e pubblicata nel volume Niente sarà più come prima. Giovani, pandemia e senso della vita, curato da Paola Bignardi (coordinatrice dell’Osservatorio) e don Stefano Didonè (docente di teologia fondamentale e di ermeneutica biblica alla Facoltà teologica del Triveneto) ed edito da Vita e pensiero (Milano 2021).
Il libro darà origine al dialogo su Giovani e pandemia organizzato venerdì 14 maggio 2021 da Centro universitario padovano e Facoltà teologica del Triveneto. L’evento si terrà in diretta Facebook, con la possibilità di partecipare anche in presenza presso il Centro universitario (massimo 25 posti, da prenotare entro il 13 maggio a [email protected]). Interverranno alcuni studenti, suor Marzia Ceschia (docente della Facoltà) e don Giorgio Bezze (Centro universitario); saranno presenti i curatori del libro. Scarica la locandina.
«La sensibilità religiosa dei giovani sta subendo una profonda trasformazione: non sta scomparendo, ma sta cambiando sulla spinta della progressiva marginalizzazione del cristianesimo dalla società, i cui effetti si vedono anche nella scomparsa delle risposte della fede agli interrogativi della vita – scrivono i curatori nell’introduzione al volume –. Lo scenario italiano rimane caratterizzato da una cultura cattolica che fa da sfondo più per il mondo degli adulti, anch’esso in crisi di identità rispetto a quello dei giovani, più aperto a nuove contaminazioni culturali e religiose».
Giovani con tante domande e senza risposte, mancanti pure delle parole per dare forma agli interrogativi e alle inquietudini che li agitano? In realtà i giovani stanno attraversando una profonda crisi culturale dall’esito non scontato. «La stessa categoria di secolarizzazione, abbondantemente utilizzata dalla sociologia religiosa per rendere ragione dei cambiamenti in atto, appare oggi inadeguata per raccontare uno scenario del tutto inedito, molto più fluido rispetto a posizioni stabilite ideologicamente a priori» spiegano Bignardi e Didonè. I giovani non sono “atei”, ma in ricerca.
Le storie “post-secolari” dei giovani mostrano una vivacità che sorprende. «I giovani non solo sanno ancora porsi delle domande di senso – anche riguardo al senso religioso della vita – ma sanno abitare quelle grandi domande senza facili vie di fuga. Da questo punto di vista, la prova della pandemia rappresenta un grande acceleratore dei processi di cambiamento sociale e culturale che stiamo attraversando e i giovani percepiscono l’albeggiare di un tempo nuovo dove invece gli adulti vedono il tramonto di un’epoca».
Il Covid sembra rappresentare uno spartiacque, una frattura generazionale: i giovani che la stanno attraversando ne escono cambiati. «In questo senso ha un suo valore l’affermazione-slogan che “niente sarà più come prima”: non lo sarà più il modo di vivere le relazioni, di guardare al futuro, di porsi di fronte al mondo. Così – affermano Bignardi e Didonè – ci è parso che il Covid rappresentasse una di quelle situazioni limite che, mettendo alla prova, sollecitano emozioni, interrogativi, esperienze inaspettate; una di quelle situazioni in cui le domande di senso rivelano la loro natura ineludibile e intersecano la questione religiosa».
L’indagine dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo ha coinvolto alcuni giovani in dieci focus group distribuiti sul territorio nazionale: Firenze, Napoli, Nembro (BG), Padova, Pennabilli (RN), Reggio Calabria, Roma, Saluzzo (CN), Torino, Trento, nel periodo dal 12 novembre al 3 dicembre 2020. Dai racconti di questi giovani si sono lasciati interpellare dieci adulti, con diverse sensibilità e competenze: un dialogo ideale tra generazioni, che rimanda l’immagine di un mondo giovanile ricco e sensibile, assetato di autenticità, e che l’esperienza della crisi pandemica ha reso più pensoso e disponibile ad accogliere i grandi interrogativi sulla vita.
«Tutto ciò interpella la chiesa, la sua pratica pastorale e anche la sua teologia – concludono Bignardi e Didonè –. È sempre più chiaro che servono delle elaborazioni e un linguaggio nuovi, più fiduciosi riguardo alla possibilità di venire alla fede tramite dei percorsi personalizzati e non dei modelli standard».
Paola Zampieri