Italiani “Equitaliamente” tassati

L’italiano sembra aver scelto il  “bersaglio” su cui sfogare il proprio malessere e disagio. Proiettili, ordigni, minacce, si sono concentrati sul soggetto demandato alla riscossione dei crediti vantati dalla Pubblica Amministrazione nei confronti dei cittadini, contribuenti e/o  imprenditori. Equitalia nasce per decreto nel 2007 con la chiusura degli uffici di riscossione locale; alla società, partecipata per il 51% dall’ Agenzia delle Entrate e per il 49% dall’INPS, viene dato incarico di riscuotere i crediti  (derivanti sia da iscrizione a ruolo sia non legati a tale procedimento, vedi l’ICI) vantati dalla Pubblica Amministrazione. In concreto questa società è uno strumento attraverso il quale lo Stato recupera le tasse evase, le infrazioni stradali, il mancato pagamento d’imposte ed altro ancora.

In definitiva,  ci troviamo da un lato a sostenere una decisa  lotta all’evasione, dall’altro ci si scaglia contro uno degli strumenti atti al raggiungimento di tale scopo. A tutti gli effetti sembra un assoluto controsenso; in realtà, a ben guardare, c’è un problema di fondo  alla base del rapporto tra Stato e cittadino, ovvero la completa assenza di fiducia nelle Istituzioni e la classica mentalità dell’italiano che vorrebbe pagare meno tasse con trucchetti ed azioni al limite della legalità. Ma davvero questo è il senso di appartenenza allo Stato?; è grazie a questo tipo di rapporto che una nazione può crescere e svilupparsi?. Tutto sommato il cittadino chiede un fisco più equo. Verificare che un orafo dichiari meno di un operaio non suggerisce altro comportamento che quello evasivo.

In certi periodi come questi, vedersi pignorate o poste sotto sequestro case, auto, uffici, ecc.. genera un senso persecutorio che a volte sfocia in comportamenti “criminali” non giustificabili. Infatti, l’auto sequestrata , a volte per poche migliaia di euro, è per un agente di commercio o per il tassista lo strumento di produzione del reddito, necessario al mantenimento di un equo tenore di vita. Quando la Giustizia Civile impiega 1.502 giorni per emettere la propria sentenza (in Italia ci sono 5.420.148 di cause civili in corso. Fonte: Ministero di Giustizia) è facile intuire non solo la mole di lavoro in sospeso ed i costi associati, ma anche le ripercussioni negative sul PIL di questa inefficienza produttiva . In cinque anni un’azienda che attende un rimborso o la soluzione di una controversia economica  rischia di cessare l’attività (considerando che un’azienda di successo ha una durata media di 18 anni, mentre l’orizzonte temporale produttivo è di circa 5 anni per le altre). Il Ministro Severino nella sua recente audizione alla Camera ha individuato un impatto negativo nel Pil dovuto alla lentezza della Giustizia quantificabile nell’1% circa. Può quindi essere la continua iscrizione al ruolo la soluzione per un fisco efficiente?, io credo di no. Ripristinare un giusto rapporto negoziale tra contribuente e fisco sembrerebbe un modo razionale per distinguere  l’evasore di professione dal cittadino in reale difficoltà economica, che ha bisogno di un sostegno per far fronte ai propri obblighi. Molte iniziative spontanee stanno nascendo proprio in questa direzione. A Padova in questi giorni è nata l’A.V.E  (Associazione Vittime Equitalia) che si prefigge proprio di ripristinare il giusto equilibro relazionale tra contribuente e fisco.  Sarà interessante seguire questi fenomeni nel loro evolversi, poiché sempre più il movimentismo si sta sostituendo alla politica , incapace di portare avanti le istanze poiché oramai imbrigliata nelle logiche congressuali e di palazzo. Certo è che la vita associativa non è in grado di patrocinare in toto la ripresa economica poiché spesso nasce sull’onda emotiva. Gli slogan di un’Europa diversa dall’Italia non hanno , tranne alcune piccole eccezioni, molte prove a suffragio. In Francia esistono due momenti: quelli della riscossione volontaria in cui il contribuente si vede recapitare a casa il ruolo con l’indicazione dell’imposta dovuta ed una seconda fase di riscossione forzata in cui si intima al contribuente di pagare, pena l’esecuzione forzosa. Stessa cosa succede in Germania anche se l’organizzazione federale dello Stato incide su alcuni passaggi. In questo caso la fase di accertamento e di riscossione coincidono, l’ente competente (Ufficio delle Imposte) del Land  di appartenenza verifica il dovuto e si occupa della riscossione  volontaria dello stesso. Nel caso di difficoltà o di ritardo nella liquidazione dell’imposta il codice tedesco prevede la procedura forzata con il coinvolgimento dei beni e dei redditi del debitore sino all’arresto dello stesso, qualora l’esigibilità dovesse essere in pericolo. Questo conferma, a mio avviso, che non è tanto nella rigidità della norma che deve poggiare la gestione equa del fisco, quanto nella natura stessa di appartenenza del cittadino alla Nazione, ben espressa da una nota frase di J.F. Kennedy “ Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, ma chiediti cosa tu puoi fare per il tuo Paese”.

 

Luigi Del Giacco

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