Natalino Balasso presenta il suo libro “Il figlio rubato”

Natalino Balasso (foto A. Leorin)Palazzo Liviano, una Sala dei Giganti affollata, ma non troppo. Sembra un rendez-vous tra membri di uno stesso club, non un incontro formale e rigido con un “letterato austero” . Un Natalino Balasso sempre carico, coinvolgente e ironico, piomba nel salone ad ammorbidire gli animi di chi aveva atteso più del previsto per accedere a causa di motivi organizzativi. E il sereno torna subito tra il pubblico, se di maltempo si poteva parlare. L’autore viene presentato da Alberto Carlini, il quale mette subito in chiaro che il libro di Balasso non si rifà alla sua esperienza artistica, non è, diciamo, autoreferenziale, ma poggia le basi del suo contenuto sulla pura e semplice creazione letteraria.

Il libro nasce dalla straordinaria capacità d’osservare e analizzare la realtà del suo autore, capace di creare una fotografia della mentalità e della realtà venete di provincia, dove le cose cambiano in modo più lento, ma inevitabile. La chiave di lettura del libro è quella di una serie di racconti di luoghi diversi che non dovrebbero incontrarsi, ma che invece s’intersecano. È un libro pieno di personaggi perché è il mondo a essere pieno di persone.

In questo libro Natalino sfata alcuni “miti”, alcune delle storie che i Veneti si raccontano: quello del “stiamo bene tra di noi”, oppure quello del “una volta sì che c’era sicurezza”. In sostanza Balasso tenta di ampliare gli orizzonti del monolite identitario veneto, perché è bene sì avere coscienza della propria storia e delle proprie tradizioni, ma non ci si deve fossilizzare lì, altrimenti si resta nell’immobilità e nella discordia, è l’idea “d’identità” a creare le guerre. Molto spesso la percezione della realtà, del presente, è legata a una sorta di “mitizzazione” di un recente passato. Risultato a cui giunge la memoria collettiva attraverso un’involontaria selezione degli eventi storici, dei ricordi, preferendo i positivi ai negativi e ottenendo una visione di primordiale felicità, discorde con la reale storia di una comunità.

Protagonista del romanzo è un bambino, un po’ solo e molto protetto. Anche qui Balasso sottolinea come un tempo i bambini per il fatto che erano molti in una stessa famiglia “si tiravano su” e basta , mentre ora diminuendo il numero dei figli, aumenta la possessività verso questi ultimi.

Natalino Balasso legge alcuni passi della sua opera, e si resta piacevolmente colpiti dall’acutezza che mette in campo nel cogliere gli aspetti sociali dell’ambientazione e quelli personali dei protagonisti. Alla fine dell’incontro non si può che concordare con l’idea espressa da Carlini all’inizio: questo libro andrà avanti con le sue gambe e non con la “stampella” della fama del suo autore.

Alessandra Franceschi

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