A scuola di fotoreporter con Nicola Piran

Nicola Piran (foto Alessandro Leorin)Lo scorso martedì 7 giugno si è svolto all’interno della rassegna "Incontri con l'Autore" organizzata dall’associazione Arte Laterale a Padova, presso la sala "Giorgio La Pira" via A.Tonzig, 9°, l’incontro con il fotoreporter padovano de Il Mattino di Padova, Nicola Piran.
Piran è figlio d’arte, e come spesso accade ai ragazzi già a quattordici anni affianca il papà fotografo nell’attività di famiglia, aiutandolo e nel contempo imparando le tecniche della camera oscura, ma soprattutto entrando in quei segreti che rendono il fotogiornalismo un’arte della testimonianza. Crescendo Nicola ha trasformato le esperienze giovanili in una professione, collaborando nel tempo con le maggiori testate dei quotidiani locali: Il Gazzettino e Il Mattino; con alcune delle più grandi agenzie stampa nazionali e internazionali quali Olycom, Ansa, A.P. E’stato il fotografo ufficiale di società sportive come il Calcio Padova e Pallavolo Padova, e sempre nell’ambito sportivo ha collaborato con Gazzetta dello Sport, Corriere dello Sport. Dal 1990 Nicola dirige l’agenzia di famiglia che porta lo stesso nome.
Per raccontare la propria esperienza e soprattutto cosa sia il suo lavoro, Nicola Piran ha utilizzato prima di tutto le sue fotografie, attraverso le quali ha ripercorso sia la cronaca padovana, sia la trasformazione e l’evoluzione delle tecniche di fotografia, sottolineando come l’epocale passaggio dall’analogico al digitale abbia anche cambiato le regole stesse del lavoro di fotoreporter. Se da un lato le nuove tecnologie rendono disponibile più velocemente e con qualità il materiale fotografico, dall’altro hanno un po’ cambiato il profilo professionale degli addetti ai lavori. Dalle competenze in camera oscura e anche sul campo, dove si doveva essere così bravi da non potersi permettere di sbagliare,ora si è passati alle competenze informatiche, è sufficiente un buon software e saperci fare con il computer per ottenere foto abbastanza buone per la pubblicazione.
Per chi c’era quella sera vedere gli scatti di Piran è stata un’esperienza emozionante. Tante sono state le emozioni scatenate dalle slide, per prima la nostalgia. È stato un tuffo nel passato, in quel passato recente della città che però è già storia, ed è divenuta tale attraverso i fatti e gli avvenimenti di cronaca. Subito dopo è arrivata la pietà di fronte a immagini forti, ma inevitabili per chi fa quel mestiere, di esseri umani falciati sulla strada, vittime di predestinazioni che hanno bloccato le loro vite nella frazione di un secondo. E infine lo stupore e la rabbia per una ferita che è ancora aperta, per i disastri che l’incuria per il sistema idrogeologico ha provocato con l’alluvione dello scorso novembre nel territorio padovano.
Se la professione del fotoreporter porta in sé la consapevolezza di un lavoro unico, affascinante, dove si ha la fortuna e il dovere di essere il primo testimone di eventi importanti, Piran mette in guardia anche su quelli che sono gli aspetti negativi di questa professione. Intanto spesso si rischia anche la propria vita per “portare a casa” lo scatto migliore, come nel caso dell’esondazione dello scorso novembre in cui l’acqua saliva così velocemente che, se ci si distraeva, si correva il rischio d’essere trascinati via con lei. E poi la diffidenza, l’astio, talvolta la violenza, delle persone o dei familiari protagonisti della cronaca, che a volte non apprezzano la presenza di una macchina fotografica.
La riprova che un discorso pubblico, una conferenza, una lezione, anche un film o un concerto, sono davvero avvincenti e “comunicativi” sta nel fatto che lo spettatore alla fine, quando imbocca la strada del ritorno, dentro ha qualcosa in più, nell’animo qualche cosa di nuovo si è depositato, e così è stato al termine dell’incontro con Nicola Piran.

Alessandra Franceschi

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