La strada di notte si trasforma in una grande vetrina, dove delle persone vendono l’amore

Pubblichiamo la prima parte di un’articolata inchiesta curata dalla nostra Alessandra Franceschi sul fenomeno della prostituzione di strada a Padova. La seconda parte è disponibile cliccando qui,
Di uomini a comprare quell’amore veloce e proibito ve ne sono molti. In Italia si parla di 9 milioni di clienti del sesso a pagamento. La strada e i cittadini, due mondi che si scontrano e che un maschio su tre ha contribuito a fondare. I mass media che portano alla ribalta solo gli episodi più eclatanti dello scontro. Gli operatori di strada che cercano d’aiutare sia le ragazze sia i clienti a comprendere che con lo sfruttamento della prostituzione le organizzazioni criminali riescono a fatturare 7 miliardi di dollari l’anno nel mondo. Tutte queste persone sono partecipi della complessità del fenomeno della prostituzione di strada, fenomeno che per essere davvero compreso deve essere guardato in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue sfaccettature. Questo sguardo noi l’abbiamo dato con l’aiuto e con la competenza di coloro che del fenomeno si occupano.

Una strada, molte nazionalità

Diversa era la situazione ai tempi della Merlin: un censimento delle professioniste del sesso presenti nelle case chiuse in quegli anni ne contò un totale di 2750. Attualmente, sulla strada, nei locali e negli appartamenti si contano circa 75000 donne che offrono sesso a pagamento. Un aumento così spropositato è figlio della globalizzazione, dell’espandersi della cultura di mercato e della convinzione che tutto sia “mercificabile”.

Sulle strade di Padova sono presenti circa 500/600 ragazze l’anno, che provengono sostanzialmente da tre grandi aree geografiche: dall’Europa dell’Est, dalla Nigeria e dall’America Latina. A seconda della provenienza, diverse sono le motivazioni che le hanno spinte a partire, le modalità con cui sono arrivate sulle strade e con cui ci restano.
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Le ragazze dell’Est
Le ragazze sulla strada provengono per la maggior parte dai paesi dell’Est Europeo, e le modalità del loro prostituirsi sono quelle che hanno subito nel tempo i maggiori cambiamenti. Fino alla fine degli anni ’90 il loro ingresso in Italia avveniva clandestinamente e in maniera forzata. Le organizzazioni criminali le reclutavano o con il rapimento o con l’inganno, promettendo un lavoro inesistente, o con l’innamoramento. Una volta in Italia, il loro avviamento alla prostituzione avveniva con la violenza, spesso gli stessi fidanzati si trasformavano nei loro aguzzini. La sottomissione e l’obbedienza erano garantite dalla brutalità, dalla segregazione, a volte dalla tortura, e dalla condizione di clandestinità in cui vivevano.

Il governo italiano con l’introduzione della legge Turco-Napolitano sull’immigrazione e soprattutto con l’articolo 18, che consente al clandestino oggetto di sfruttamento e in pericolo di ottenere il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, riuscì a porre un freno alla riduzione in schiavitù delle ragazze da parte delle organizzazioni criminali. Eppure la presenza delle ragazze dell’Est sulle strade non è diminuita, anzi è aumentata.
Ciò è potuto accadere grazie a una sorta di recente “collaborazione” tra le organizzazioni criminali, che hanno raffinato le strategie di reclutamento e di gestione delle ragazze, e le stesse donne, che hanno cominciato a sviluppare dei propri “progetti migratori”.

Per quanto riguarda il metodo di reclutamento la violenza è stata sostituita dal “patto con il trafficante”. Al patto le ragazze arrivano per realizzare il sogno di poter migliorare le proprie condizioni di vita, sogno che si basa su delle ipotesi di trasformazione positiva che sono un effetto della globalizzazione delle informazioni, ma anche del confronto con quei connazionali che rientrati in patria, dopo un’esperienza di lavoro all’estero, hanno potuto cambiare in meglio il proprio status sociale. Visto che queste aspettative vengono proiettate dalle ragazze in un paese diverso dal proprio, la volontà di emigrare si scontra con le restrizioni imposte dai vari governi rispetto all’ingresso di persone straniere. La soluzione arriva dai trafficanti di esseri umani, i quali offrono la possibilità di un passaggio gratuito. Essi dicono: “Non ti preoccupare ti porto io in Italia, penso io al trasporto e alla sistemazione per i primi mesi. Poi quando troverai un lavoro ti sdebiterai con me, non c’è nessun problema”. Sì, a parte il fatto che per affrancarsi dal debito il passaggio obbligatorio sarà la prostituzione sulla strada. In questo modo i trafficanti vincolano già nel paese di origine le ragazze, rendendole consapevoli del lavoro che andranno a fare. Di conseguenza, la scelta di prostituirsi all’estero è percepita come un’opportunità per realizzare un proprio “progetto migratorio”, cioè un progetto di emancipazione economica che prevede modi, tempi e fasi d’attuazione, di cui la prostituzione non è altro che una di queste, di certo una fase molto difficile, ma più tollerabile perché limitata nel tempo.

Per quanto il metodo di gestione delle ragazze durante l’attività prostitutiva anche questo è cambiato diventando più morbido. Il rapporto di “lavoro” si basa su una maggiore libertà: ora le ragazze possono frequentare chi vogliono, possono vestirsi come vogliono e mangiare ciò che vogliono, e soprattutto possono tenersi una parte dei soldi dei clienti. Resta solo un controllo a distanza.

Questo nuovo rapporto tra sfruttatori e sfruttate innesca delle dinamiche perverse, paradossali e drammatiche. La consapevolezza della necessità di prostituirsi per realizzare dei sogni e la presunta convinzione di aver potuto scegliere, fanno sì che le ragazze non si sentano più delle vittime, anzi, quasi si percepiscono come delle persone che hanno avuto la possibilità di emanciparsi, di migliorare le proprie condizioni di vita, mentre, in realtà, continuano a essere oggetto di sfruttamento.
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Le nigeriane
Un’altra buona percentuale della popolazione di strada è composta da ragazze nigeriane. Queste, purtroppo, sono reclutate dalle organizzazioni criminali con l’inganno e costrette sulla strada con la violenza e con la paura.

I mercati e le strade delle grandi città nigeriane, oppure gli “amici” di famiglia, queste sono le vie con cui i trafficanti di esseri umani avvicinano le loro prede per alettarle con le prospettive di un futuro migliore. Questi criminali promettono alle ragazze lavori all’estero come baby-sitter o come cameriera che non esistono. Coinvolgono e rassicurano le famiglie delle ragazze, obbligandole, però, di fronte all’avvocato a rispettare il debito contratto per il viaggio della propria cara. Prima d’intraprendere il viaggio, sottopongono le ragazze a riti vudù, riti di “accompagnamento”, di buon auspicio. Il rito è celebrato dal Marabut, un santone locale di solito in combutta con i trafficati e ha come conseguenza la “cattura” dell’anima della ragazza da parte dello stesso santone. Così si aspetta il momento della partenza, che avviene con la persona che ha agganciato le ragazze. Alcune sono fortunate e arrivano in Europa con voli aerei, altre meno. Queste raccontano di tragitti attraverso il deserto la cui disumanità e crudeltà lascia sgomenti.

La prima delle mete europee è la Spagna, una tappa di transizione, non vi è avvio alla prostituzione. Qui le ragazze vengono accolte sì dalla comunità nigeriana, ma sono segregate negli appartamenti in attesa di essere trasferite in Francia. È in questo paese che alle ragazze viene insegnato il mestiere, sono sbattute in strada con la forza. Poi arrivano in Italia e Padova è la seconda o la terza città italiana dove le ragazze sono costrette a prostituirsi. Le ragazze, invece, che arrivano in Italia per mare passano direttamente dall’imbarcazione alla strada.

Quando le ragazze nigeriane si accorgono che i lavori promessi non ci sono provano a ribellarsi, ma vengono ridotte all’obbedienza dalla paura di un “cattura mortale” della loro anima, possibile grazie a quel rito vudù compiuto prima della partenza. Il terrore di queste donne nei confronti della magia nera vudù è tale e tanta che nemmeno l’assenza del protettore dalla strada le induce a scappare o a ribellarsi. Si aggiunga, inoltre, la paura di ritorsioni fisiche, messe in atto molto spesso, nei confronti dei familiari nel paese d’origine. Le ragazze non potranno smettere di prostituirsi sulla strada finché non avranno pagato il debito contratto, senza saperlo, per il viaggio, per il vitto, per l’alloggio. L’ammontare del debito varia dai 40.000 ai 60.000 euro.

Le sudamericane
Per quanto concerne le donne che provengono dall’America Latina, queste si trovano in una situazione completamente diversa dalle precedenti. Le sudamericane rappresentano il caso più evidente di quel fenomeno chiamato “prostituzione migrante”. Questo è un fenomeno a sé stante, non legato a fattori di estrema povertà o indigenza, ma alla consapevolezza della mancanza di opportunità lavorative e di sviluppo nel proprio paese d’origine, questa coscienza stimola a sviluppare un progetto migratorio finalizzato a una trasformazione positiva. Pertanto queste donne arrivano in Italia coscienti della possibilità di prostituirsi guadagnando cifre interessanti. Le sudamericane arrivano a Padova in modo autonomo e di solito sono in regola con i permessi di soggiorno. Spesso hanno già delle precedenti esperienze prostitutive nel paese d’origine, per questo la loro età, in media, si aggira intorno alla trentina. Una caratteristica tipica delle sudamericane è il loro ritornare in patria per il periodo invernale per godersi il caldo dell’estate dei loro paesi, ma soprattutto per stare assieme alle proprie famiglie.
La stessa situazione di autonomia e di scelta personale di prostituirsi sulla strada riguarda anche i transessuali.
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Gli uomini.
La panoramica della prostituzione di strada a Padova comprende anche un’offerta di sesso a pagamento composta da uomini e rivolta ad altri uomini, una caratteristica non comune a tutte le città venete, per esempio a Vicenza non esiste prostituzione maschile in questo senso.

Padova ha una tradizione storica in fatto di prostituzione maschile, legata al mondo della tossicodipendenza degli anni ’70 e oggi è ancora così per i ragazzi italiani che si trovano sulla strada. Il grande cambiamento nella prostituzione maschile si ha a partire dai primi anni 2000, da quel periodo in poi si assiste a un aumento delle presenze maschili sulla strada da parte di ragazzi stranieri, provenienti soprattutto dall’Europa dell’Est.

È difficile avere un quadro preciso dei meccanismi della prostituzione maschile perché negli uomini c’è una componente di vergogna e di ritrosia nel parlare del proprio “lavoro”. Da quel poco che è emerso risulta che la maggior parte degli uomini che si prostituiscono, come gli stessi clienti, sono eterosessuali e hanno legami sentimentali con donne. In molti casi l’attività prostitutiva si associa a un’attività lavorativa diurna e avviene solo alcune sere della settimana con lo scopo di arrotondare lo stipendio.

A partire da marzo 2007 è stato rilevato un fenomeno strano: un altissimo turn-over di ragazzi che si prostituiscono in strada. Si vedono lungo le vie dei gruppetti di 4 – 5 ragazzi rumeni, con un’età all’incirca 20 – 25 anni che cambiano ogni mese. Cioè i ragazzi che si vedono ad aprile non si vedono più a maggio e quelli di maggio a giugno non ci sono più. L’ipotesi formulata a spiegare questo fenomeno suppone che Padova sia una delle prime città italiane di destinazione dove i ragazzi vengono avviati alla prostituzione, un po’ come capitava per le ragazze dell’Est. Infatti Padova, per collocazione geografica, è perfetta come primo approdo e punto di partenza per l’insegnamento del mestiere. Il grande turn-over instilla il dubbio che dietro ci sia un’organizzazione che provvede al reclutamento dei ragazzi, al loro avviamento al lavoro e che ne organizzi poi lo spostamento in altre città. Se così fosse verrebbe dimostrato che esiste sfruttamento anche nell’ambito della prostituzione maschile.

E le italiane?
Le italiane sulla strada ormai non ci sono più, sono tutte inserite nei circuiti “indoor”. Infatti non ha senso parlare di “prostituzione”, ma di “più tipi di prostituzione”. Esiste la prostituzione dei locali, quella degli appartamenti, esistono le “escort”, cioè le ragazze che si possono chiamare al telefono e arrivano a casa tua o nella tua camera d’albergo. Pratica diffusa nelle grandi città come Milano.

Le italiane scelgono la strada o dopo un’esperienza al chiuso per crearsi un nuovo portfolio clienti o perché non sono più giovani e carine da potersi permettersi delle tariffe da “appartamento”. La prostituzione di strada tra tutte è quella più bassa, legata al mordi e fuggi, al soddisfacimento biologico, quella dei locali è diversa, vi è l’illusione della reciproca conoscenza. La prima è praticata dai soggetti più deboli, quelli con una capacità contrattuale molto bassa, mentre la seconda è praticata da donne più forti dal punto di vista della contrattazione.

Alessandra Franceschi

(La seconda parte dell’inchiesta è disponibile cliccando qui,)

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