‘Giacomo Matteotti, un italiano diverso’. Presentato il libro di Gianpaolo Romanato, che tratteggia il politico polesano come “strenuo difensore del Parlamento e antesignano dei valori fondanti la nostra Costituzione”

25 marzo 2024

(Arv) Venezia 25 mar. 2024 –      In occasione del centenario dell’assassinio del parlamentare socialista Giacomo Matteotti, alla presenza del Segretario generale del Consiglio regionale del Veneto Roberto Valente, è stato presentato oggi, a palazzo Ferro Fini, il libro ‘Giacomo Matteotti, un italiano diverso’, del prof. Gianpaolo Romanato, presidente del Comitato Scientifico della ‘Casa Matteotti’ di Fratta Polesine.

L’autore ha dialogato con il giornalista Gian Antonio Stella, mentre Federico Pinaffo ha dato lettura di alcuni brani di scritti di Giacomo Matteotti, tratti dai suoi discorsi parlamentari.

Il presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, ha aperto il convegno ricordando che “Giacomo Matteotti è stato un uomo delle istituzioni, democratico amante della libertà, socialista riformista, assassinato il 10 giugno 1924. Esercitò le funzioni di consigliere comunale, consigliere provinciale e sindaco. Abbiamo voluto che la presentazione del libro avvenisse nella casa di tutti i Veneti, nell’aula consiliare, nel luogo del dibattito politico che accoglie idealmente tutte le forze politiche della nostra Regione, che rendono così omaggio a un uomo delle istituzioni, un cosmopolita colto, un profondo studioso del diritto, del quale Luigi Einaudi definì il rigore e l’attitudine scientifica quasi ‘una seconda natura’”.

“Giacomo Matteotti non fu solamente un martire della libertà, non combatté solo il fascismo, ma tutte le ingiustizie e fu protagonista di un impegno costante per i ceti subalterni, scegliendo di stare dalla parte degli ultimi in una terra poverissima, dando un contributo importante alle amministrazioni locali, occupandosi dei lavoratori, delle leghe contadine e della diffusione delle esperienze cooperative mutualistiche e di solidarietà, ponendo la buona amministrazione dei Comuni e il rigore dei loro bilanci come presupposto imprescindibile di quello che poi sarebbe stato chiamato Welfare – ha spiegato Ciambetti – Fu uomo di cultura e di passione, che dobbiamo liberare dalla prigione del mito e dall’oblio in cui la sua intelligenza e la sua opera furono relegate, complice anche la rimozione del socialismo riformista dallo scenario politico-culturale del Paese; un impegno politico-culturale finito tra mille amnesie, come lamentava Norberto Bobbio. Fu un ‘italiano diverso’, come lo ha ben definito Giampaolo Romanato nella sua opera”.

“Le organizzazioni criminali assassinano gli uomini e le donne delle istituzioni e i difensori della cultura della legalità quando costoro si trovarono soli, quando furono isolati nelle istituzioni e non adeguatamente difesi, se non purtroppo persino abbandonati dallo Stato di cui furono fedeli servitori – ha evidenziato il Presidente del Consiglio – E Matteotti era un uomo solo, isolato dal mondo cattolico e dalla cultura liberale, che ingenuamente pensavano di poter riportare nel solco della legalità il Fascismo. Matteotti era per molti aspetti isolato nel suo stesso partito, censurato persino da Antonio Gramsci, che non esitò a definirlo sprezzantemente ‘cavaliere del nulla, combattente sfortunato ma tenace fino al sacrificio di sé, di un’idea la quale non può condurre ad altro che ad un inutile circolo vizioso di lotte e di sacrifici senza via d’uscita’. E la solitudine di Matteotti emerge con chiarezza nel libro che oggi presentiamo”.

“Ma Giacomo Matteotti non era di certo solo, nel Paese. Nel gennaio del 1923, rispondendo al biglietto d’auguri natalizi che le aveva inviato Benito Mussolini, Ernesta Bittanti, vedova di Cesare Battisti, si fece latore di una protesta in nome della libertà: ‘Alla Storia non si dettano leggi; ma essa Vi ha scelto espressione di un terribile destino: quello di reggere, di sorreggere forse, l’Italia incatenandola ed umiliando il suo spirito vitale’. Il 22 giugno del 1924 Ernesta Bittanti, nel pieno delle polemiche sul rapimento di Giacomo Matteotti, non ebbe esitazione alcuna quando seppe che i fascisti trentini intendevano portarsi in corteo al castello del Buonconsiglio; li anticipò coprendo con un velo nero il cippo dove era stato posto a morte il marito, decisa a impedire la profanazione della memoria e strumentalizzazione di Cesare Battisti. Così il 12 luglio 1924, anniversario dell’uccisione di Cesare Battisti sul patibolo austriaco, l’ultimo numero del giornale ‘La Voce del Popolo di Trento’ pubblica le foto di Cesare Battisti e Giacomo Matteotti con il titolo a tutta pagina ‘Ai martiri di tutte le libertà’. Ho citato questi episodi non solo per rammentare i natali trentini del nonno di Giacomo Matteotti e per ringraziare l’amministrazione comunale di Pejo, oggi qui presente; la vita di questo italiano diverso si inserisce chiaramente nella storia della lotta per la libertà del nostro Paese. Per la libertà e la giustizia, e così mi permetto di citare l’impegno di Matteotti per la difesa dei Tirolesi, gli altoatesini di lingua tedesca, come testimoniò l’on. Karl Tinzl, che sarà poi tra i fondatori della Volkspartei, con una lettera scritta al gruppo parlamentare socialista unitario nel giugno 1924, in cui esprimeva le sue preoccupazioni sul caso Matteotti: ‘L’abbiamo ammirato sempre per il suo altissimo senso ideale, la sua profonda competenza e le sue qualità di uomo e parlamentare intrepido e fedele ai suoi ideali. Gli dovevamo speciale riconoscenza per l’interesse che incontravamo sempre in lui per i diritti e problemi delle minoranze allogene’”.

“Un uomo che va rivalutato ben oltre la sua pur tragica morte per mano e su mandato di vili criminali – ha concluso Roberto Ciambetti – Per questo, abbiamo ospitato oggi la presentazione del singolarissimo studio di Giampaolo Romanato, che spero posa fungere da stimolo per tutti, per un approfondimento necessario attorno a questa grande figura di intellettuale e politico, la cui vita fu segnata dal senso del dovere, dallo studio e dall’impegno per la libertà, la giustizia e la democrazia. La parola chiave per comprendere, e rammentare, Giacomo Matteotti è, per l’appunto, ‘impegno’. Io mi impegno: l’esatto contrario del motto fascista ‘Me ne frego’. Di Matteotti credo che oggi rimanga l’esempio rappresentato proprio dal grande impegno che il politico polesano ha sempre profuso nel proprio lavoro, cercando di comprendere le cose prima di decidere”.

Ha quindi portato i saluti istituzionali il Sindaco del Comune di Fratta Polesine, paese natale di Giacomo Matteotti, Giuseppe Tasso, che è anche presidente del Comitato provinciale polesano per il Centenario della morte di Matteotti. Il Sindaco ha anticipato che “il prossimo 10 giugno verrà emesso un francobollo commemorativo, mentre sono in cantiere diverse iniziative celebrative, tra cui una mostra”. “Il libro del prof. Romanato – ha aggiunto il Primo cittadino – tratteggia la figura di Giacomo Matteotti a partire dall’aspetto umano, individuando caratteristiche che vanno ben oltre la militanza e l’appartenenza politica”.

Gian Antonio Stella ha innanzitutto ricordato le principali pubblicazioni del prof. Romanato, “l’uomo giusto per spiegare la figura di Matteotti perché possiede una visione a 360 gradi del Veneto e del Polesine in particolare”.

“Il professor Romanato ha scritto una biografia di Giacomo Matteotti molto precisa – ha evidenziato il giornalista – cogliendo tutti gli aspetti: l’uomo, il politico, l’avvocato, il veneto, il rodigino, l’antifascista e l’anticomunista, il difensore del Parlamento, senza però fare sconti, dato che ha anche rimarcato il carattere difficile del politico polesano che, peraltro, teneva moltissimo alla propria privacy”. “E mi piace sottolineare che, in un Paese dove si fanno troppe sagre e, soprattutto, si fa troppa politica con le sagre, Matteotti si è sempre dimostrato refrattario alle sagre e, oggi, questo aspetto sarebbe molto interessante – ha aggiunto Gian Antonio Stella – Ma di Giacomo Matteotti voglio rimarcare, più di ogni altra cosa, la sua difesa della democrazia in sé, delle regole democratiche”.

Il prof. Gianpaolo Romanato ha spiegato che “Matteotti veniva da una famiglia ricca, di commercianti trentini che si trasferì in Polesine nella prima metà dell’Ottocento, investendo in proprietà terriere ed entrando così a far parte dell’élite economica del Polesine, un territorio allora degradato e poverissimo. Giacomo Matteotti è diventato socialista perché, negli anni, ha sviluppato una spiccata sensibilità verso la povertà che lo circondava e ha cercato di abbracciare una causa che fosse particolarmente impegnata a combattere quel degrado”.

“Matteotti si è laureato in Giurisprudenza a Bologna con una tesi di diritto penale e all’inizio è stato dibattuto proprio tra carriera universitaria e impegno politico – ha rivelato l’autore – Alla fine, ha scelto di diventare un politico a tempo pieno, risultando un fine oratore parlamentare, soprattutto per la grande capacità di ragionamento che inchiodava gli avversari. Tuttavia, nel mio libro ho cercato di privilegiare l’aspetto umano e familiare di Matteotti, la sua natura profondamente legata al Polesine, sottraendolo dal cliché che lo vede indissolubilmente legato al ‘delitto Matteotti’, che indubbiamente ha cambiato il corso della storia, dando il là alle ‘leggi fascistissime’ e facendo scoprire il vero volto del Fascismo”.

“Matteotti assunse una posizione ferocemente antimilitarista e antiinterventista, un aspetto ai più poco conosciuto ma che lo rende oggi estremamente attuale – ha osservato il prof. Romanato – Proprio nell’articolo 11 della Costituzione repubblicana L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali… si può cogliere tutto lo spirito di Giacomo Matteotti. Che era un politico profondamente divisivo, anche all’interno del partito socialista, ma uno strenuo difensore dell’istituzione parlamentare. E prima di tenere i suoi discorsi, sempre molto tecnici, si preparava scrupolosamente attraverso la lettura dei documenti”.

“All’epoca – ha ricordato Romanato – c’erano due sinistre: quella massimalista e rivoluzionaria, e quella riformista e parlamentare. Matteotti è stato principalmente un riformista, ma con molti tratti di massimalismo, dovuti al suo carattere divisivo e arrogante e, soprattutto, all’aria massimalista che si respirava nella provincia di Rovigo, in cui abitava. È sempre stato, comunque, un convinto anticomunista”.

“Oltre alla tesi classica che lega il suo rapimento e assassino al discorso che tenne il 30 maggio 1924 in Parlamento, che fece infuriare Mussolini, spingendolo a decretarne l’eliminazione, c’è una tesi complementare che spiegherebbe la sua morte sostenendo che Matteotti avesse scoperto un giro di tangenti compromettente per alcune figure del fascismo. Così, uccidendolo, si è voluto impedirgli di denunciare tutto in Parlamento – ha ricostruito Romanato – Manca, tuttavia, il vero movente dell’assassino che, comunque, secondo me, va ricondotto proprio nella sua opposizione al fascismo, di cui è stato la prima grande vittima”.

Gianpaolo Romanato ha quindi ricostruito tutti gli avvenimenti che si sono succeduti il 10 giugno 1924, culminati nel rapimento di Matteotti, che “venne tramortito e caricato di forza in macchina, per poi scomparire. Credo che in macchina, Matteotti sia rinvenuto, reagendo con veemenza – ha spiegato l’autore – Avrebbe rotto il vetro divisorio con la postazione di guida. Uno dei rapitori, a quel punto, avrebbe impugnato un coltello, ferendolo mortalmente al petto. Il suo cadavere venne scaricato in una boscaglia e rinvenuto solo a metà agosto. Rimane il dubbio se il rapimento fosse effettivamente finalizzato alla sua uccisione o se si fosse semplicemente voluto impartirgli una lezione e lanciare un avvertimento”.

“Fino al discorso tenuto in Parlamento da Mussolini il 3 gennaio 1925, in cui assunse, senza però mai citare Matteotti, tutta la responsabilità morale del delitto, ma non quella materiale e penale – ha proseguito Romanato – Quindi, con le ‘leggi fascistissime’, il Fascismo mostrò la sua vera natura”.

“Ho cercato di ricostruire obiettivamente la vita e la storia di Matteotti, senza però fare alcuna apologia – ha chiosato il prof. Gianpaolo Romanato – E così evidenzio che, oltre alla violenza fascista, c’è stata anche quella socialista, all’epoca. Oggi di Matteotti credo rimanga la sua difesa intransigente del Parlamento come luogo di sintesi di un Paese, nonché il suo essere antifascista, antesignano dei valori fondanti la nostra Costituzione, che ne fanno il padre della nostra democrazia”.

(Regione Veneto)