Comune di Padova: mostra di arte africana “Nel cuore del Congo ” 22 gennaio – 22 marzo 2024

I Missionari Comboniani organizzano una mostra di maschere congolesi presso la loro sede di via San Giovanni di Verdara. Le opere in esposizione, maschere ma anche tessuti e statue, fanno parte di una collezione normalmente esposta al Museo Africano di Madrid. In Italia, sono state esposte presso il Museo Africano di Verona. I Comboniani sono presenti a Padova da oltre un secolo. Negli ultimi anni si sono fatti promotori di varie iniziative per aiutare la comprensione dei popoli del Sud del Mondo, e soprattutto per far conoscere la cultura e realtà africana alla città di Padova. Con questa mostra i missionari comboniani desiderano avvicinare gli studenti delle scuole superiori e altri visitatori alla complessità del ruolo della maschera nella cultura locale. Le maschere, come le altre opere esposte, non sono semplice artigianato o arte africana. Hanno un ruolo importante nella cultura locale, sia per gli aspetti mitici-religiosi a cui sono legate, che per l’azione di controllo sociale e terapeutico che esercitano. Tutte le opere esposte sono originali.

L’assessore alla Cultura Andrea Colasio sottolinea: “Ringrazio i Padri Comboniani, ed in particolare Padre Giuseppe Caramazza e Padre Gaetano Montresor, per aver voluto, con tenacia portare questa  mostra a Padova.  Ne avevamo parlato poco prima dello scoppio della pandemia, e purtroppo quell’evento ha rallentato e complicato tutto. Oggi, finalmente i padovani e  turisti, possono vedere fino al 22 marzo, una collezione di maschere africane capaci di coinvolgere emotivamente l’osservatore ma anche interessante sotto il profilo antropologico. Siamo di fronte a un’esposizione non vastissima, ma di significativo interesse  non solo artistico, – del resto molta dell’arte contemporanea occidentale ha preso ispirazione proprio dall’arte africana – perché è accompagnata da  una spiegazione del ruolo e del significato vero che queste maschere hanno in quelle culture e in particolare in quelle delle etnie congolesi. Le maschere non rappresentano esclusivamente un qualcosa che attiene alla pura importante cultura artigiana africana -congolese in questo caso – ma in realtà hanno sempre svolto una fondamentale funzione coesiva di rituale collettivo e simbolico. Le maschere svolgevano una funzionalità taumaturgica, venivano utilizzate in modalità e in tempi particolari, spesso evocavano gli antenati ed erano utilizzate con modalità differenti, per esempio quando sorgevo una epidemia o per rappresentare altre situazioni a fortissimo contenuto simbolico.  E i Padri Comboniani sono stati sempre tra quelli che hanno capito l’importanza dell’interscambio culturale  questo Continente e sono sempre stati rispettosi  dello spessore e del valore del mondo africano e delle sue culture”.

  • La maschera
    Gli archeologi che stavano scavando il sito di Hirbat Duma, 20 km a sud di Gerusalemme, rimasero colpiti dal ritrovamento: una maschera di pietra risalente a circa 9.000 anni fa. Quella maschera è più antica delle lingue semitiche parlate nell’area, più antica di qualsiasi scrittura. Fu scolpita nel neolitico preceramico, cioè prima ancora che la popolazione del luogo avesse creato il vasellame! Le maschere sono tra noi da molto tempo. Eppure, non si conosce con esattezza l’origine di questo termine. Alcuni vedono in questa parola l’erede del termine masca presente nel latino medievale il cui significato era nero, scuro, coperto di fuliggine. Potrebbe quindi voler descrivere ciò che copre il volto, che camuffa le sembianze. Nella cultura occidentale, la maschera è spesso usata per lo spettacolo, il gioco. La troviamo impiegata nella commedia dell’arte e nelle feste di carnevale. Si usa per dei travestimenti, e chi la indossa finge di essere un personaggio mitico o teatrale.
  • Le maschere africane
    Il nostro uso della maschera non deve farci cadere in errore. Le maschere africane hanno un uso molto più elaborato. Sono parte integrante della vita delle persone e hanno un ruolo nei riti, nelle feste religiose, nei processi di guarigione. Chi indossa la maschera nasconde la sua identità, ma non lo fa per gioco. Egli rappresenta una nuova identità, uno spirito, un dio o qualche forza soprannaturale.La maschera permette a chi la indossa di creare una nuova realtà. La persona mascherata apre una comunicazione con ciò che la maschera significa, con la realtà a cui la maschera rimanda. Diventa quindi un antenato, uno dei morti viventi, oppure una deità, uno spirito della guarigione o altro. La maschera può anche dare aprire la comunicazione con i totem del clan. Il totem è un animale, o uno spirito, che è stato scelto come emblema del clan o dell’intera etnia. Le persone mascherate possono quindi raccontare i miti del proprio gruppo etnico. Il mito non è una favoletta. Il mito è la rappresentazione di una realtà che supera la nostra comprensione ordinaria. Attraverso il mito, chi racconta insegna verità profonde, spesso di tema religioso. importanti per dare identità e ricostruire la storia del gruppo. Le maschere possono anche avere un ruolo durante i riti di guarigione. Chi è mascherato può entrare in contatto con gli antenati, scoprire l’origine del male in questione, e cercare una soluzione. Questa capacità di mediazione tra il nostro mondo e quello spirituale fa della maschera un oggetto sacro. La maschera quindi avrà elementi umani, ma anche elementi tratti dal mondo animale oppure lasciati alla fantasia dello scultore. L’importante è che chi partecipa al rito si renda conto di trovarsi di fronte ad una realtà che lo supera. Le maschere possono essere usate in vari riti (nascita, guarigione, iniziazione, morte, dialogo con gli antenati, anche riti magici dal dubbio spessore etico). Al di là di tutti questi usi, la funzione principale della maschera africana è quella di mantenere l’ordine all’interno della comunità. Infatti, tra alcuni gruppi etnici, maschere e mascherate vengono utilizzate anche per risolvere controversie e conflitti comunitari. È il caso degli Igbo, in Nigeria, dove i membri del culto mascherato e della confraternita Uma-Ada facilitano i processi di giustizia sociale e di riconciliazione attraverso spettacoli in maschera.
  • I materiali
    Il materiale più comunemente usato per le maschere è il legno, ma non è l’unico. Si usano anche pietre, rame o bronzo, ferro, tessuti e fibre vegetali. Queste spesso prendono la forma di capelli, barbe o di prolungamenti della maschera che coprono ulteriormente il corpo di chi la indossa. Le fibre vegetali (paglia, foglie di palma, e altre) venivano spesso tolte prima di essere esposte nei musei occidentali. Così facendo, si è data una immagine errata della maschera e del suo uso. Sulla superficie della maschera è possibile applicare un’ampia gamma di elementi ornamentali: peli di animali, corna o denti, conchiglie, semi, e piume. Peli di animali o paglia vengono spesso utilizzati per i capelli o la barba di una maschera.
  • Il perché di questa mostra
    In Italia sono pochi coloro che hanno avuto l’opportunità di entrare in contatto con la cultura africana in modo significativo. In Africa subsahariana ci sono circa mille etnie diverse. Ognuna di queste ha la propria cultura, lingua, religione e un mondo mitico da cui trarre identità e visione. Conoscere da vicino queste culture richiede tempo e il desiderio di scoprire nuovi modi di avvicinarsi al mondo. Questa mostra vuole aiutare i visitatori ad avvicinarsi alla cultura africana in uno degli aspetti che possono facilmente venir mal interpretati. Chi visita l’Africa spesso lo fa da turista, e così viene a contatto con forme culturali-spettacoli  e artigianato – che mal rappresentano la cultura vissuta dalla gente locale. Si tende a far risaltare gli aspetti folkloristici, a discapito dell’importanza dei contenuti. Le maschere che si vendono nei mercatini sono state fatte ad uso e  consumo degli acquirenti stranieri: non hanno valore agli occhi della gente. Vengono acquistati come curiosità, o per la loro bellezza estetica. Poco o nulla viene comunicato sul valore reale di maschere, statue e altri manufatti.
  • La collezione
    La collezione esposta è stata raccolta da Josè Antonio Bordallo Huibodro  ambasciatore di Spagna nella Repubblica Democratica del Congo dal 1996 al 2000.  Tutti i pezzi sono autentici e unici. La collezione è stata poi donata al Museo Africano di Madrid, una attività dei missionari comboniani in Spagna. In Italia questa mostra è stata esposta al Museo Africano di Verona nel 2023.

Per ulteriori informazioni: P. Giuseppe Caramazza 347 0115193 [email protected] – P. Gaetano Montresor 349 3185014 [email protected]

(Padovanet – rete civica del Comune di Padova)