Svolta o sviluppo? In merito alla benedizione delle coppie omosessuali

La Congregazione per la Dottrina della Fede in un intervento del 15 marzo 2021 aveva risposto a una domanda circa la liceità della benedizione a unioni di persone dello stesso sesso. In quella nota si individuavano due affermazioni fondamentali: la prima, decisiva, riguarda la distinzione tra le persone e la loro unione nel senso che ritenere illecita la benedizione a coppie omosessuali non implica un giudizio negativo sulle singole persone – che possono continuare a essere benedette – né va inteso come un gesto discriminatorio. La seconda affermazione riguarda invece l’aspetto propriamente liturgico/sacramentale della benedizione, sottolineando che le benedizioni appartengono al genere dei sacramentali, i quali richiedono che quanto viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e a esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore.

La nuova dichiarazione Fiducia supplicans del Dicastero per la Dottrina della Fede (18.12.2023), approvata dal papa, rende ora possibile benedire coppie formate da persone dello stesso sesso anche se, si chiarisce, al di fuori di qualsiasi forma rituale. Per questo viene spontanea la domanda: siamo davanti ad una svolta oppure ad uno sviluppo rispetto al pronunciamento sopra richiamato?

La risposta che si può dare è che certo dando ora la possibilità di impartire la benedizione a coppie dello stesso sesso siamo davanti a uno “sviluppo” o, se vogliamo, a un “approfondimento” della questione che, comunque, va ben intesa. Si tratta infatti non di uno sviluppo sul piano dottrinale, ma su quello pastorale, nella linea dell’esortazione Amoris laetitia, laddove si afferma che «nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo. Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino» (AL 297). Con la benedizione riguardante le coppie omosessuali siamo davanti a un’altra situazione “irregolare” e allora, scrive la nota, è possibile anche qui impartire la benedizione e ciò «senza convalidare ufficialmente il loro status o modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio». Questo proprio perché rispetto al sacramento del matrimonio che prevede un’unione «esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperte a generare figli», la benedizione è considerata un sacramentale, un gesto cioè che ci conduce «a cogliere la presenza di Dio in tutte le vicende della vita» e ha per destinatari «persone, oggetti di culto e di devozione, immagini sacre, luoghi di vita, di lavoro e di sofferenza, frutti della terra e della fatica umana, e tutte le realtà create che rimandano al Creatore le quali, con la loro bellezza, lo lodano e lo benedicono».

In linea con Amoris laetitia dunque l’intento della Dichiarazione è far risaltare come la benedizione non solo sia un messaggio di «inclusione, solidarietà e pacificazione», ma anche di «conforto, custodia e incoraggiamento che esprime l’abbraccio misericordioso di Dio e la maternità della Chiesa». La benedizione, che non deve essere accompagnata da alcun atto liturgico o semi-liturgico e non deve né promuovere né prevedere «un rituale per le benedizioni di coppie in una situazione irregolare», vuole invece esprimere «la vicinanza della Chiesa ad ogni situazione in cui si chieda l’aiuto di Dio attraverso una semplice benedizione».
Dal punto di vista pastorale allora – evitando abiti, gesti o parole propri di un matrimonio –, con una preghiera prima della benedizione si potrà invocare «la pace, la salute, uno spirito di pazienza, dialogo e aiuto vicendevole, ma anche la luce e la forza di Dio per poter compiere pienamente la sua volontà», e in tal modo «ogni fratello e ogni sorella potranno sentirsi nella Chiesa sempre pellegrini, sempre mendicanti, sempre amati e, malgrado tutto, sempre benedetti».

Oliviero Svanera
docente di Teologia familiare
Facoltà teologica del Triveneto

(Facoltà Teologica del Triveneto)