(Adnkronos) – “Siamo contentissimi che siano state inserite nuove prestazioni nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), ma questo non può rendere insostenibile l’attività dei laboratori diagnostici. Chiediamo un punto d’incontro con il ministero” della Salute “per rivedere l’elenco delle prestazioni fuori misura, con costi che superano i rimborsi. Il Tar del Lazio ha rigettato la richiesta di sospensiva del provvedimento. Circa duemila strutture sono pronte a ricorrere al Consiglio di Stato”. Lo assicura Luca Marino, vicepresidente sezione sanità Unindustria, illustrando all’Adnkronos le attività che le strutture private e accreditate che erogano esami e prestazioni per conto del Servizio sanitario nazionale stanno portando avanti per scongiurare l’entrata in vigore del nuovo Nomenclatore Tariffario, prevista per il 1 gennaio 2024 e garantire non solo la “sostenibilità del sistema, ma anche la salute del cittadino”.
Le principali sigle di categoria, che hanno fatto fronte comune nell’Unione ambulatori e poliambulatori (Uap), dopo un incontro al ministero della Salute, hanno “inviato una lettera al governo e agli organi regionali” chiedendo “di ripristinare il tavolo delle revisioni delle tariffe” perché i parametri presi in considerazione non risultano congrui. “Chiediamo – continua Marino – che venga sospesa l’applicazione delle nuove tariffe per rivedere almeno quelle più anomale – come ad esempio il pap test e le visite ambulatoriali – per giungere a valori più sostenibili”. Nei Lea appena approvati, “sono state inserite migliaia di nuove prestazioni, nella genetica e nella protesica, ma anche nella medicina di laboratorio e diagnostica – spiega il referente sezione sanità Unindustria – Questo ha comportato dei tagli che hanno interessato soprattutto i laboratori di analisi per un 20-70%”.
Per esempio, “la determinazione di un ormone tiroideo, da 6,40 euro è sceso a 2,65 – illustra Marino – Il pap test, una prevenzione oncologica, che richiede una lettura del vetrino da anatomopatologi, è passato da 11,16 euro a 5,55: praticamente il 50% in meno”. Basta considerare che “solo la lettura del test da parte del professionista costa 6 euro” per capire quanto il valore sia sballato. “E’ vero – osserva – che ci sono delle metodiche meccanizzate che hanno ridotto i costi, ma una lettura al microscopio, come nel caso del pap test, richiede una competenza e del tempo: non c’è una meccanizzazione come per altre analisi. Il nostro lavoro non è di produzione industriale: abbiamo referti di laboratorio che richiedono un servizio di costumer care, professionisti che devono valutare il referto e costi amministrativi. Non si può determinare una tariffa considerando il solo costo di produzione dell’esame. I laboratori privati accreditati che il governo ha scelto di avere all’interno del Ssn – ribadisce Marino – forniscono un servizio pubblico. Abbiamo accettato le tariffe, ma queste modifiche sostanziali sono troppo impattanti e rendono insostenibile il rapporto tra Ssn e l’erogatore privato”.
Tutto questo ha ricadute anche per il cittadino. “Con queste tariffe – evidenzia il referente di Unindustria sanità – si rischia l’uscita dal sistema degli erogatori convenzionati con conseguenti liste d’attesa ancora più lunghe a causa della ridotta disponibilità di prestazioni sanitarie nel territorio. Ma c’è anche un’altra conseguenza: l’abbassamento dei livelli delle stesse prestazioni. Una visita specialistica viene pagata 22 euro. Al professionista si chiede quindi di fare una visita a 15 euro”. Si ha quindi “minore servizio, aumento delle liste d’attesa e una minore qualità delle prestazioni”.
Al di là della problematica contingente legata alle tariffe, “c’è però un problema più ampio, di sistema – chiarisce Marino – Vorremmo che ci fosse un confronto in cui si il ruolo di queste strutture venisse adeguatamente riconosciuto. Siamo più di 8.000 laboratori diagnostici sul territorio italiano e compartecipiamo all’erogazione di servizi sanitari al cittadino. La virtuosa collaborazione pubblico-privato offre un servizio unico per le richieste del cittadino. Applicando queste nuove tariffe, si altererà l’asset per la sostenibilità stessa del sistema. Noi costiamo poco: eroghiamo il 30% delle prestazioni di diagnostica territoriale con l’8% della spesa del Ssn. Se perdiamo questo valore, l’impatto va sulla salute del cittadino che non potrà accedere in modo efficiente, e a costi contenuti, o anche gratuiti, a visite ed esami. Senza questo servizio – aggiunge – le liste d’attesa ospedaliere e degli ambulatori delle Asl si allungheranno e si ridurrà la qualità del servizio al cittadino”.
Il nuovo tariffario emesso dal ministero ha delle conseguenze negative non solo per i laboratori di analisi, ma anche per “le multinazionali dei mega laboratori con milioni di esami all’anno”, visto che non tutto è meccanizzabile, ma, paradossalmente, impatta anche sulle stesse strutture pubbliche, perché “erogando servizi a costi superiori ai rimborsi”, e si aumenta il “debito che deve essere ripianato”. L’invito è allora di ragionare “su un discorso più ampio, sul ruolo e l’utilità di queste strutture cercando – conclude Marino – un punto d’incontro per evitare il collasso della rete dei laboratori privati che sostengono il Servizio sanitario”.
(Adnkronos – Salute)
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