Da Nicea la sfida di dire la fede in ogni tempo con parole nuove

Il primo evento ecumenico della storia della cristianità si tenne a Nicea nel 325 d.C. Scaturì da qui una professione di fede condivisa che da 1700 anni rappresenta per i cristiani un elemento in cui identificarsi e trovare unità.

La Facoltà teologica del Triveneto ha scelto di mettere a tema l’anniversario del Concilio di Nicea (325-2025) nel suo convegno annuale, dal titolo Nicea andata e ritorno. Traiettorie di un Concilio, che si è tenuto sabato 14 ottobre 2023 a Treviso, nella sede dell’Istituto superiore di Scienze religiose “Giovanni Paolo I” ed è stato trasmesso sul canale Youtube dello stesso Istituto.

I lavori sono stati introdotti da Emanuela Prinzivalli (Università La Sapienza, Pontificio Istituto Patristico Augustinanum – Roma), che ha proposto un approfondimento storico-teologico delle questioni. «Sul lungo periodo indubbiamente il concilio di Nicea è stato vincente – ha affermato – perché ha dato la possibilità ai cristiani di riconoscersi tutti in un simbolo di fede comune. Sul breve periodo però non bisogna scordare che il concilio è nato da una fortissima conflittualità, che interpellava soprattutto i vescovi; ed è nato in realtà perché una parte prevalesse sull’altra, non per uno spirito di conciliazione. Potremmo quindi dire che è un lascito paradossale quello di Nicea: ci dice che, a volte, dalle situazioni paradossali nascono sulla lunga distanza anche cose buone. Non scordiamo inoltre che il concilio è stato voluto da un imperatore, Costantino, quindi apre e interpella sul fronte dei rapporti fra la chiesa e il potere politico».

L’evento, la ricezione e la comunicazione di Nicea sono stati sviscerati da alcuni docenti dell’area patristica della Facoltà, che hanno curato la parte scientifica del convegno: Chiara Curzel (Trento), Cristina Simonelli e Zeno Carra (Verona), Davide Fiocco (Belluno). La chiesa di Aquileia, madre delle chiese del Nord-Est, ebbe un ruolo importante nella vicenda: polmone tra Roma e l’Oriente, fu un territorio sul quale visioni di chiese diverse trovarono tensioni e scontri, ma fu anche ponte di dialogo nella catena di trasmissione della fede. Alcuni affondi su autori e territori di area aquileiese sono stati portati da altri docenti della Facoltà: Giuseppe Laiti (Verona), Alessio Persic (Udine), Tatiana Radaelli (Treviso), Paolo Cordioli (Verona), Massimo Frigo (Vicenza), Maurizio Girolami (Padova).

«Aquileia non ha avuto un ruolo principale a Nicea ma certamente è stata centrale per lo sviluppo del dialogo fra Oriente e Occidente nella ricezione di quella professione di fede che fu formulata in Oriente ma fu poi recepita anche in Occidente. Sant’Atanasio, il grande difensore della fede di Nicea, celebrò la Pasqua proprio ad Aquileia – ha sottolineato Maurizio Girolami, vicepreside della Facoltà –. Dopo 1700 anni l’evento di Nicea va ricordato perché fu il primo momento in cui la chiesa prese coscienza di essere nella società, nell’impero romano, una presenza forte che aveva bisogno di dire la sua fede con parole nuove. Anche in questa istanza c’è il motivo per cui vale la pena ricordare Nicea oggi, mentre la chiesa sta vivendo il suo cammino sinodale. In fondo, la domanda che ci portiamo dentro è proprio questa: come dire Gesù Cristo, il Signore, quali sono le parole più adatte per professare la fede in lui e perché possiamo sentirci, come cristiani, corpo di Cristo qui nella storia. Ricordare Nicea significa perciò anche rilanciare la sfida che ogni generazione cristiana ha di formulare e di dire con parole proprie la fede nel Signore Gesù».

Paola Zampieri

(Facoltà Teologica del Triveneto)