Scuola, tutti in classe ma emergenza continua: anche quest’anno migliaia di cattedre vacanti


Anno nuovo problemi vecchi. Dalla ‘supplentite’ alle classi ‘pollaio’, la scuola italiana si trova a dover affrontare uno scenario non molto diverso a quello degli anni passati
Roma, 30 set. Anno nuovo problemi vecchi. Dalla ‘supplentite’ alle classi ‘pollaio’, la scuola italiana si trova a dover affrontare uno scenario non molto diverso a quello degli anni passati. L’anno scolastico parte con 40mila nuovi insegnanti di ruolo ma con un numero di posti lasciati alle supplenze che cresce ancora. Il governo Meloni ha autorizzato oltre 62mila assunzioni a tempo indeterminato, di cui 50.807 di insegnanti. Secondo i primi dati del Ministero dell’Istruzione e del merito, gli inserimenti sono stati poco più di 40mila, per i sindacati meno della metà delle 81mila cattedre libere e disponibili. Altri 30mila professori dovrebbero arrivare ‘in corsa’ con il nuovo concorso Pnrr ‘riservato ai precari storici con tre anni di servizio alle spalle e chi è in possesso dei 24 Cfu vecchia disciplina il cui bando è atteso a breve. Nonostante ciò anche quest’anno si potrebbero sfiorare le 200mila supplenze.
Secondo uno studio della Uil Scuola negli ultimi tre anni (tempo che l’Unione europea considera come target massimo per la conversione di contratti precari reiterati in contratti strutturati) il numero delle immissioni in ruolo autorizzate dal Mef che ne dà copertura finanziaria, quelle concretamente richieste dall’Istruzione, e quelle effettuate è in costante diminuzione.
Così se nel 2021 dopo le immissioni in ruolo – autorizzate (112.473) e effettuate concretamente (57.283) restavano 55 mila posti disponibili, quest’anno su 50.807 posti autorizzati ne sono stati assegnati 40.462 lasciandone scoperti altrettanti (40.561). Una proporzione che continua a marcare a metà la percentuale di posti disponibili ed assunzioni effettuate (50,06%).
Più pesante ancora è la situazione sui posti di sostegno. Sebbene il ministro nei giorni scorsi abbia ribadito la possibilità, di cui attendiamo di conoscere la praticabilità concreta, afferma il segretario generale della Uil Scuola Giuseppe D’Aprile, di mantenere sullo stesso posto gli insegnanti di sostegno supplenti, soluzione ancora tutta da valutare, la precarietà di questi docenti oggi sfiora l’emergenza.
Secondo i dati del Mim l’anno scolastico in corso avrà 135.138 insegnanti supplenti (40.561 annuali e 94.577 fino al termine delle lezioni). Saranno 14.142 le supplenze “cuscinetto”, per adeguare l’organico alla situazione di fatto secondo le serie storiche (praticamente ineludibili) e 70.435 i posti di sostegno in deroga da coprire con supplenze fino al termine della attività didattiche (30 giugno).
“Come più volte affermato dallo stesso Ministro, la scuola merita rispetto. Risolvere definitivamente la piaga del precariato significa, appunto, rispettare non solo chi lavora nelle scuole ma anche chi le frequenta – sottolinea all’Adnkronos il segretario generale della Uil Scuola Giuseppe D’Aprile – Trasformare l’organico di diritto in organico di fatto per assumere tutti i precari. Nello stesso tempo permettere ai docenti di sostegno di conseguire la specializzazione in Italia eliminando il numero chiuso delle università”.
“La finanziaria è alle porte – avverte D’Aprile – e il Governo potrebbe invertire la rotta di politiche ragionieristiche basate su tagli nei riguardi della scuola piuttosto che investimenti strutturali. Valorizzazione economica e stabilizzazione di tutto il personale precario, riduzione del numero degli alunni per classe riconsiderando le norme sul dimensionamento, lasciando la scuola fuori dai vincoli di bilancio -come affermato dallo stesso Ministro – potrebbe essere la strada giusta. Le soluzioni esistono, basta metterle in atto”, conclude.
Gli fa eco il Preside dell’Istituto Comprensivo Mozart di Roma, Giovanni Cogliandro, che mette in guardia sull’aumento di disparità tra nord e sud e sulla necessità di maggiore motivazione per gli insegnanti. “La qualità dell’insegnamento – sottolinea Cogliandro all’Adnkronos – scenderà sempre più se i docenti non saranno un po’ motivati. Non basta aumentare (poco) gli stipendi, credo fermamente sia necessario trovare un modo per creare più comunità tra i docenti, altrimenti l’insegnante sempre si chiuderà sempre più e la didattica e la socializzazione non miglioreranno, come è invece sempre più atteso da studenti e famiglie che al contrario delle apparenze danno sempre più importanza all’esperienza scolastica. La pandemia ha fatto capire quanto la scuola sia importante, l’enorme investimento in digitale potrebbe essere meglio impiegato per concretizzare l’assunzione di più insegnanti di ruolo e per sostenere la didattica anziché riempire le classi e le scuole di strumenti digitali che probabilmente rimarranno a prendere polvere”, conclude.
A fronte dell’alto numero si supplenze il numero degli alunni continua, invece a diminuire. Quest’anno sono circa 90mila in meno rispetto ad un anno fa, confermando il trend negativo, frutto della denatalità in atto che nei prossimi dieci anni porterà a perdere quasi 1,4 milioni di alunni tra i banchi. Tutto questo, però, non ha risolto il problema delle cosiddette ‘classi pollaio’.
‘Secondo l’ultimo report di Cittadinanzattiva, infatti, il numero di classi con oltre 27 alunni, è aumentato nell’anno scolastico appena concluso di 212 rispetto al precedente: sono state 5.755, rispetto alle 5.543 dell’anno scolastico 2021−22, coinvolgendo 165.430 alunni che hanno trascorso questo anno scolastico in una situazione di eccessivo affollamento con tutti gli effetti negativi che tali situazioni comportano.
Le classi sovraffollate sono concentrate in maggior numero negli istituti secondari di secondo grado, pari a 4.679 e, in particolare, nelle prime classi (2.459), nelle quali la conoscenza degli studenti e la personalizzazione del percorso scolastico sono fondamentali e andrebbero favorite in ogni modo.Il fenomeno delle classi con un numero eccessivo di alunni per classe, definite impietosamente ‘classi pollaio’, è cresciuto in modo esponenziale.
Un altro problema sul tappeto riguarda le Reggenze e le segreterie scoperte. Quest’anno ci saranno oltre mille (1.091) istituti senza un dirigente scolastico di ruolo e quindi assegnate ad un “reggente”. Situazione che dovrebbe migliorare con i due concorsi (uno ordinario e uno straordinario) attesi nei prossimi mesi. Stessa situazione per i Dsga, cioè i direttori dei servizi generali e amministrativi. Le sedi prive di un capo segreteria sono 2.507 sulle circa 8mila complessive.
“Di fatto – evidenzia all’Adnkronos la segretaria generale della Flc Cgil Gianna Fracassi – la scuola, nonostante i roboanti annunci estivi del Ministro, continua a essere caratterizzata da un’insostenibile precarietà. 200mila precari sono un’enormità e rappresentano il vero buco nero in cui sparisce la qualità dell’offerta formativa, dell’insegnamento e dell’inclusione degli alunni con disabilità. Sarebbe necessario un investimento straordinario dello Stato sugli organici docenti e Ata e sull’estensione del tempo scuola e invece, si adottano provvedimenti spot, come quelli contenuti nel DL Caivano, che non rappresentano la soluzione a nessuno dei problemi della scuola”.
C’è poi il tema dell’Autonomia differenziata che vede la netta contrarietà dei sindacati della scuola e non solo. Qualunque ipotesi di regionalizzazione infatti, secondo i sindacati produrrebbe una disgregazione del sistema nazionale con la creazione di tanti sistemi educativi di istruzione e formazione, quante saranno le Regioni che dovessero chiedere maggiore autonomia. Ciò rappresenterebbe la fine dell’obiettivo, tuttora incompiuto, di garantire pari trattamento ad ogni studente e alunno del Paese nell’esercizio del diritto all’istruzione.
Evidenziati anche i pericoli connessi ad un organico regionale del personale delle scuole con concorsi regionali per i docenti, il personale ATA e la dirigenza scolastica. Si arriverebbe inevitabilmente, sostengono, a contratti regionali e stipendi differenti in base al territorio e si determinerebbe la fine della mobilità del personale su tutto il territorio, poiché la regolamentazione degli spostamenti verrebbe definitivamente sottratta alla negoziazione nazionale.
La frammentazione del sistema scolastico in 21 sistemi di istruzione diversi, con programmi decisi autonomamente dalle Regioni e sottoposti alle diverse linee di indirizzo politico di chi governa pro-tempore, comprometterebbe irrimediabilmente la libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione oltre che il valore legale del titolo di studio. Rappresenta dunque, un pericolo per l’unità stessa del Paese.
Secondo Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net, “la frammentazione è già in atto: a partire da aspetti secondari ma simbolici come il primo giorno di scuola – che non esiste più a livello nazionale – fino ad ambiti ben più importanti come la preparazione degli studenti. Le Prove Invalsi – sottolinea all’Adnkronos – certificano un divario netto tra le competenze degli studenti del Centro-nord e del Centro-sud. Ma soprattutto una aleatorietà nei livelli minimi di servizio: nelle regioni del Meridione si registrano differenze molto più marcate che altrove tra i risultati raggiunti dalle varie classi nello stesso istituto e fra istituto ed istituto. Il che trasforma la scelta della scuola e l’assegnazione della classe in una roulette russa”.
Una strada, quella dell’Autonomia differenziata, denuncia ancora Fracassi, “che conduce unicamente all’accentuazione delle disuguaglianze nel Paese e contro la quale saremo in piazza a Roma, il 7 ottobre. Poi il piano di dimensionamento, con il suo carico di taglio di 800 istituzioni scolastiche, la riforma dell’istruzione tecnico-professionale, con il taglio di un anno del percorso scolastico e il liceo economico ‘made in Italy’. Tutti provvedimenti – conclude – che hanno come evidente finalità il risparmio e non la qualità della didattica e della formazione degli studenti”.
(di Stefania Quaglio)

(Adnkronos)