Navazio (Anmco), “Ipercolesterolemia alla base della malattia aterosclerotica”


Il vicepresidente Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, all’incontro organizzato a Milano da Sanofi: “È un fattore causale oltre che di rischio’”
Milano, 27 set. (Adnkronos Salute) – “L’ipercolesterolemia non è soltanto un fattore di rischio cardiovascolare: tutta la comunità scientifica sottolinea da tempo come rappresenti un fattore causale della malattia aterosclerotica”. Lo ha detto Alessandro Navazio, vicepresidente Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) in occasione dell’incontro organizzato a Milano da Sanofi “Agire prima contro il colesterolo: quanto conta il fattore tempo per proteggersi dai rischi cardiovascolari”.
Ma qual è la differenza tra fattore di rischio e fattore causale? “Il fattore di rischio – spiega l’esperto – è qualcosa che può contribuire a provocare una situazione patologica, come può essere una placca aterosclerotica o l’aterosclerosi nei nostri distretti arteriosi. Invece, il fattore causale è proprio alla base della genesi di questo processo patologico”. Ci “sono degli studi – rimarca – che mostrano che se correggiamo eccessivamente il fattore di rischio, come può essere la glicemia nel paziente diabetico piuttosto che la pressione arteriosa alta nel paziente iperteso, quando si arriva al di sotto di certi valori, il rischio torna ad aumentare. Con il colesterolo, invece, questo non succede perché più abbassiamo i suoi livelli, più si riducono gli eventi cardiovascolari”.
Le soluzioni terapeutiche in grado di intervenire, rapidamente ed efficacemente per abbassare i livelli di colesterolo Ldl sono disponibili ormai da diversi anni e costituiscono uno strumento indispensabile, per la classe medica, per poter agire prima e ridurre il rischio di mortalità. “Abbiamo a disposizione molti farmaci per l’ipercolesterolemia – conclude Navazio – ma bisognerebbe mantenere l’utilizzo dei farmaci così come sono state prodotte le evidenze. La statina dovrebbe far parte del background generale, se il paziente effettivamente riesce a tollerarlo, ma sappiamo dagli studi quanto possiamo aspettarci di riduzione del colesterolo Ldl con l’utilizzo dei vari farmaci. Quindi se, ad esempio, ho un paziente al quale far raggiungere i 55 milligrammi decilitro e almeno associato anche a una riduzione del 50% di Ldl da cui partivo, riesco a sapere che probabilmente con solo con la statina non ci riuscirò, piuttosto che con un altro farmaco e quindi devo già partire subito con l’associazione perché l’efficacia nella riduzione in termini di colesterolo ‘cattivo’ è una cosa prevedibile”.

(Adnkronos)