Dengue Lombardia, “salgono ancora casi focolaio Lodi”

(Adnkronos) –
Focolaio di Dengue autoctona nel lodigiano. “Stiamo ancora indagando. Dallo screening che stiamo facendo sono emersi degli altri casi. Un po’ come ci attendevamo. Adesso stiamo ancora aspettando gli esiti di tutti gli accertamenti per avere un quadro complessivo della situazione. I casi rispetto all’ultimo aggiornamento dell’Istituto superiore di sanità sono aumentati e potrebbero salire ancora”. A fare il punto sulle attività in corso a Castiglione d’Adda è Marino Faccini, direttore Dipartimento di Igiene e Prevenzione sanitaria dell’Ats Milano Città metropolitana, interpellato dall’Adnkronos Salute. 

“Le persone che troviamo positive allo screening – spiega – devono comunque fare degli altri accertamenti, perché noi facciamo solo il controllo degli anticorpi, che non è sufficiente per poter dire che hanno effettivamente avuto l’infenzione. Questa attività si sta completando e lo screening continua, però adesso c’è un accesso sporadico. Il grosso è stato fatto”. L’ultimo aggiornamento dell’Istituto superiore di sanità dava il 12 settembre 14 casi confermati nell’area in questione. Nel frattempo, riferisce Faccini, “abbiamo avuto già altri casi dallo screening che sono stati confermati. Siamo già sopra quota 14 e probabilmente altri ne arriveranno, perché non tutti vengono confermati, ma una certa quota sì. I casi trovati al momento sono una ventina” in provincia di Lodi. Il caso di partenza? “Il dato certo – sottolinea l’esperto Ats – è che i casi che abbiamo avuto noi non hanno fatto viaggi” in Paesi con la Dengue endemica. Quindi “un viaggiatore che è rientrato” con il virus “è passato da quelle parti. Non sappiamo se abiti lì o in altre zone, ma ha dato inizio alla trasmissione” attraverso le zanzare. “Magari non aveva neanche la manifestazione clinica della malattia, perché a volte è asintomatica”. L’unica caratteristica in comune fra i casi rilevati attraverso lo screening “è quella di abitare tutti nello stesso paese. Un paese piccolo e infatti abbiamo avuto anche dei casi nella stessa via o nelle vie vicine, ma è normale perché la zanzara è lì. Quindi non ci sono legami di parentela, nel senso che non sono appartenenti allo stesso nucleo familiare o alla stessa cerchia amicale. E’ la zanzara – o meglio le zanzare – ad aver colpito più o meno nella stessa zona, ma queste persone non avevano tra di loro dei legami particolari”.  

Quanto alle analisi sul fronte degli insetti, “una trappola aveva dato segni di positività. Era atteso del resto, di fronte a un focolaio così grande”, continua Faccini. Allargando l’obiettivo, c’è qualche fatto che sta spingendo in alto i casi di Dengue a livello mondiale? “La situazione internazionale è molto diversa dalla nostra – puntualizza – perché la Dengue è endemica in tanti Paesi da tantissimo tempo. Paesi che hanno una zanzara che è più efficace nella nostra nel trasmettere l’infezione, mentre la nostra zanzara tigre ne è capace, ma in modo meno performante”. 

“Quello che si è registrato negli ultimi anni a livello globale è un aumento, e questo può essere legato a fattori come quelli climatici: aumenta la popolazione di zanzare – prosegue l’esperto dell’Ats milanese – e in più ci sono movimenti di popolazione per cui nei grandi agglomerati urbani si radunano più persone e in quei Paesi effettivamente è così. Da noi la situazione è diversa perché i casi erano sempre stati pochi in persone che appunto rientravano da questi Paesi. Ora è scattato il focolaio, ma ci sono stati anche altri focolai in Europa, per esempio in Francia, Croazia, Portogallo. Quindi il problema da noi è che può scapparci il focolaio, ma in genere è limitato, al momento”. 

Per quanto riguarda le contromisure prese, “qui sono stati fatti tanti interventi di disinfestazione da parte del Comune, ma anche richieste ai privati. Perché il problema della zanzara – precisa Faccini – è che anche le singole abitazioni possono essere focolai di proliferazione, basta un sottovaso con l’acqua e si creano le condizioni. Quindi occorre un intervento da parte dei singoli e la parte privata è più difficile da tenere sotto controllo. In più c’è anche un altro problema: la zanzara impiega circa 10 giorni per poter trasmettere l’infezione, poi c’è l’incubazione nell’uomo che è un altro tempo. Quindi questo vuol dire che possiamo avere casi anche a distanza di 20 giorni dal primo. Ecco perché è possibile che ci siano altre infezioni confermate” nell’area. “Lo screening è stato prolungato, nel senso che se uno vuole fare il test nel centro prelievi lo può fare ancora, ma la maggior parte l’ha già fatto”. Un aumento dei numeri ci sarà, dunque, “ma andrà a scemare”.  

 

(Adnkronos – Salute)

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