Olio di palma: esperti, “quello certificato fa bene all’ambiente e al mercato”

(Adnkronos Salute) – L’olio di palma è l’olio vegetale più utilizzato al mondo. Recentemente l’unione europea ha introdotto un nuovo regolamento contro la deforestazione (Eudr) che vieta l’importazione e l’esportazione nell’Ue di prodotti che abbiano causato la deforestazione o il degrado delle foreste. Secondo molti, la nuova normativa Eudr rischia di tagliare fuori dal mercato i piccoli produttori, che rappresentano circa il 40% di quota di produzione, favorendo un mercato dualistico fra chi è in grado di rispondere agli standard richiesti e chi no. Peraltro, ricordano gli esperti, il 93% dell’olio di palma importato in Europa è già certificato sostenibile. E in Italia questa percentuale supera il 95% per quanto riguarda, in particolare, l’ impegno dell’industria alimentare.
“Come Unione Italiana per l’olio di palma sostenibile – spiega il presidente Mauro Fontana – d’accordo con quanto sta proponendo l’europa ma vogliamo solo evidenziare i rischi connessi alla impossibilità dei piccoli coltivatori o delle loro coperative di rispettare i tempi previsti per la messa a sistema degli sturmenti di certificazione, per esempio la geolocalizzazione o alcune forme burocratiche che in quei Paesi ovviamente non sono semplici da ottenere. È quindi necessario – aggiunge – che l’Unione Europea, ma anche i governi locali, li supportino sia tecnicamente che economicamente e che l’Ue dia loro una tempistica più adeguata alle loro esigenze. Altrimenti la loro produzione rischia di essere tagliata fuori dalle catene di approviggioamento sostenibile delle aziende europee in fase di due diligence”, conclude.
L’olio di palma, inoltre, ha caratteristiche che lo rendono non facilmente sostituibile con altri oli come spiega Maria Vincenza Chiriacò, Ricercatrice della Fondazione Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc): “L’olio di palma, rispetto agli altri oli con cui può essere confrontato, soprattutto per uso alimentare, principalmente soia, colza e girasole, ha il grande vantaggio di avere una grande resa. Questo significa che a parità di superficie coltivata per produrre olio, quello di palma ne produce una quantità molto maggiore. Ciò indica che probabilmente c’è una maggiore efficienza. Quindi, per un minor utilizzo di terre e anche di input, si ha una maggiore quantità di prodotto. Se invece ci spostiamo con altri oli probabilmente avremmo bisogno di più risorse, quindi più terre e più input agricoli, come fertilizzanti e pesticidi: cosa che, verosimilmente, ci fa pensare che l’impatto sul clima sarebbe in realtà maggiore”, chiosa Chiriacò.
Tuttavia l’olio di palma è stato protagonista di fake news e campagne denigratorie. “La campagna del ‘senza olio di palma’ è stata forte – osserva Tiziana Toto, responsabile politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva – è stata sicuramente la più forte in termini di contrasto a un ingrediente contenuto all’interno di un prodotto; e ha avuto effetti sul mercato perché molte aziende, anche grandi aziende, temendo di perdere quote di mercato hanno seguito questo percepito dei consumatori. Poi – prosegue – visto il successo, per così dire, di questa iniziativa legata a una cattiva informazione, c’è stato il boom del ‘senza’. Come ad esempio il ‘senza glutine’, anche per chi non ha bisogno di consumare prodotti senza glutine, o del ‘senza zuccheri aggiunti’, per fare ancora un altro esempio. Questo perché ormai all’etichetta ‘senza’ viene attribuita una connotazione positiva”, conclude.
Sempre di più, comunque, tanto la scienza quanto le Ong concordano sul fatto che il boicottaggio dell’olio di palma sposterebbe semplicemente i problemi altrove e che la migliore alternativa è l’olio di palma certificato sostenibile e deforestation-free.
“Per il Wwf boicottare non è la soluzione più efficace – chiarisce Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità di Wwf Italia – bastano pochi numeri a testimoniarlo. L’olio di palma è l’olio che usa da quattro a dieci volte meno suolo rispetto ad altri oli. Quindi è l’olio più efficiente. Se la produzione dell’olio di palma diminuisse – prosegue – gli impatti verrebbero semplicemente spostati altrove, in altre catene del valore che sono meno efficienti nella produzione, con conseguenze che potrebbero essere anche maggiori complessivamente. Pertanto, per affrontare le sfide che oggi abbiamo di fronte è necessario incoraggiare una produzione sostenibile di olio di palma lungo tutta quella che è la catena del valore. È importante ricordare, peraltro, che il fenomeno della deforestazione non è correlato solo all’olio di palma ma riguarda la produzione di molte commodities agricole di interesse internazionale, tra cui tante altre colture oleaginose. Quindi la certificazione di sostenibilità dovrebbe riguardare tutti quegli oli prodotti in tante parti sensibili del pianeta e anche proprio per questa ragione, spostare l’utilizzo dall’olio di palma ad altri oli, magari a maggiore impatto perché caratterizzati da minore resa, potrebbe semplicemente spostare il problema in un altro luogo e, addirittura, amplificarlo”, conclude Alessi.

(Adnkronos)