Cambiamento climatico, quanto influisce sul valore degli immobili

Dalle ondate di calore con temperature record registrate nel Sud Italia ai violenti nubifragi che hanno flagellato a più riprese alcune aree del Nord, l’estate 2023 sarà ricordata come emblema degli effetti del cambiamento climatico. Le conseguenze di questi eventi, sempre più ricorrenti e sempre più estremi, si ripercuotono inevitabilmente anche sul mercato immobiliare con particolare riferimento al valore degli immobili ubicati in zone a rischio. A tale proposito, si pensi che, secondo uno studio effettuato da Banca d’Italia e pubblicato a maggio 2023, circa un quarto delle abitazioni presenti sul territorio nazionale sarebbe a rischio di alluvione, con una perdita economica potenziale attorno ai 3 miliardi di euro l’anno. Lo studio di Banca d’Italia prende spunto dalle mappe di pericolosità diffuse dall’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, aggiornate al 2020. Secondo Ispra, il 20% della popolazione italiana risiede in zone potenzialmente soggette ad alluvioni, mentre oltre il 2% si trova esposta al pericolo di frane. L’area a rischio più elevato è il bacino idrico del fiume Po, specie l’Emilia-Romagna dove si stima la maggior perdita annua potenziale con lo 0,71% della ricchezza abitativa complessiva. Rischi elevati a livello idrogeologico sono stati calcolati anche per Toscana e Liguria, ambedue con una perdita annua attesa pari allo 0,5% del patrimonio immobiliare residenziale.
Parallelamente alla potenziale perdita economica dovuta ad eventi come alluvioni, frane e smottamenti, l’impatto del cambiamento climatico sul mercato immobiliare include aspetti legati alla sfera emotiva e psicologica. Infatti, un immobile situato in una zona potenzialmente a rischio idrogeologico inevitabilmente tenderà a perdere di appeal nei confronti dei potenziali acquirenti con conseguente svalutazione nel valore dell’immobile stesso. Un recente studio McKinsey Global Institute indica come il valore medio degli immobili potrebbe svalutarsi tra il 15% e il 35% entro il 2050 qualora non si riuscisse a ridurre i rischi e le conseguenze climatiche a medio-lungo termine. La situazione è particolarmente delicata in Italia proprio per il fatto di essere un Paese ad elevato rischio per via della sua particolare conformazione, oltre che a causa di trascuratezza e mancanza di interventi ad hoc per la messa in sicurezza del territorio. Senza dimenticare che gran parte del nostro patrimonio immobiliare risulta piuttosto deficitario in termini di efficienza energetica in quanto di vecchia edificazione. E proprio l’efficientamento energetico degli edifici rappresenta una delle carte da giocare per una concreta azione di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico.

(Adnkronos)