Migranti, a 4 mesi perde mamma in naufragio: “Così ci siamo presi cura di lui”

Il racconto di Giovanna Vassallo, dottoressa si Lampedusa che l’ha cullato stanotte: “Era inconsolabile, Ismail è di una bellezza straordinaria. Il barchino su cui viaggiava è naufragato”

Palermo, 29 apr. Nella sua tutina arancione adesso Ismail sorride. “Stanotte abbiamo fatto grandi passeggiate, era inconsolabile”. Giovanna Vassallo, medico del Poliambulatorio di Lampedusa, ha appena cambiato il più piccolo naufrago approdato nelle ultime ore sull’isola. “E’ di una bellezza straordinaria”, dice all’Adnkronos dopo l’ennesima notte insonne trascorsa tra le mura del Poliambulatorio di Lampedusa. Notte di sbarchi, come spesso accade sulla più grande delle Pelagie, e di tragedie, come quella del piccolo Ismail, quattro mesi, che sull’isola è arrivato da solo. La sua mamma l’ha inghiottita il mare nell’ennesimo naufragio avvenuto a poche miglia dall’Europa. Gli uomini della Guardia costiera sono riusciti a salvare 46 persone, ma non lei scomparsa tra le onde.
“Ismail è arrivato al Poliambulatorio accompagnato dai colleghi del Cisom e da un militare della Guardia costiera intorno a mezzanotte e mezza”, racconta Giovanna che, insieme alla sua collega Veronica Billeci, a un operatore dell’hotspot e alla moglie lo hanno accudito per tutta la notte. “Il piccolo stava bene, i medici del Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta lo avevano cambiato a bordo della motovedetta e la prima visita della pediatra ha escluso problemi di salute”. Solo un po’ di raffreddore per Ismail. Che, però, di attaccarsi al biberon proprio non voleva saperne. “La mamma lo allattava al seno – dice Giovanna -, con il latte artificiale abbiamo avuto grandi difficoltà”. Cullato tra le braccia amorevoli di medici e infermieri del Poliambulatorio, per tutta la notte il neonato ha continuato a piangere. “Si svegliava di soprassalto, forse gli mancava la mamma. Era inconsolabile, abbiamo fatto grandi passeggiate fino a quando ogni volta non riuscivamo ad addormentarlo”.
Insieme a lui al Poliambulatorio è arrivato anche un ragazzo di 21 anni. Era nel barchino naufragato. “Era in ipotermia, lo abbiamo riscaldato, reidratato e alimentato. Adesso è stato trasferito all’hotspot”. Il piccolo Ismail, invece, è ancora con i sanitari. “L’ho appena cambiato, è più sereno”, dice Giovanna che delle sue 96 ore di fila trascorse al Poliambulatorio pare non accorgersi. “Qui i turni non ci sono. Abbiamo tante emergenze da affrontare. Non ci sono solo i migranti, ma anche i lampedusani”. Lei sulla più grande delle Pelagie è arrivata nel 2017 con un bagaglio di medico Cisom a bordo delle motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza. “Tra l’anno scorso e quest’anno i numeri degli approdi sono triplicati e le donne gravide con bambini piccoli quadruplicate. Lo scorso dicembre sembrava di essere ad agosto”.
Chi arriva al molo Favaloro viene sottoposto a un primo triage sanitario. “Quando si identificano persone che hanno bisogno di maggiore osservazione rispetto ad altre vengono portate in Pte. Noi valutiamo i parametri e con il nostro interprete entriamo in contatto con il paziente per comprenderne la storia sanitaria. Se non riusciamo a prestare le cure necessarie in questo piccolo ambulatorio attiviamo elisoccorso per il trasferimento in terraferma”. Storie diverse quelle di chi arriva a Lampedusa, accomunate, però, da una costante. “Le torture che subiscono prima del viaggio della speranza”, dice senza esitazione la giovane dottoressa. Come quelle di un ragazzino di appena 16 anni arrivato l’altroieri. “Pur essendo vigile era in uno stato di choc psichico, non parlava, non mangiava e non beveva. Dopo averlo visitato abbiamo capito che era stato torturato”. Aveva bruciature di sigarette nelle parti intime. “Alcune persone che hanno affrontato il viaggio con lui ci hanno confermato che era in quello stato da quando era stato torturato”.
E poi ci sono le donne. “Nella maggior parte dei casi sono state violentate. Ce lo dicono senza voler mai scendere nei dettagli”. Forse per pudore o forse per paura. Racconti di orrore quotidiano. “Abituarsi è difficile, ma con il tempo impari ad associare all’empatia il distacco necessario per un medico”. Non con Ismail. “E’ di una bellezza sconvolgente”, ripete Giovanna mentre al Poliambulatorio è già tempo di un’altra emergenza. (di Rossana Lo Castro)

(Adnkronos)