Siti naturalistici

CAVA BOMBA (località) – Cinto Euganeo

Un esempio di recupero ambientale in cave dismesse da tempo è osservabile presso Cava Bomba; l’attività estrattiva, dalla fine dell’Ottocento fino alla metà degli anni ‘70 del secolo scorso aveva lasciato un’arida distesa di roccia spoglia di vegetazione e una parete alta e ripida in cui affioravano chiaramente gli strati di Biancone e Scaglia rossa, a testimonianza dell’antico fondale marino argilloso. Cessata nel 1974 l’attività dei cavatori e avviati alla fase di studio gli importanti reperti fossili, risalenti a 92 milioni di anni fa, trovati nella collinetta di argillite scura al centro del piano di cava, l’area fu oggetto di interventi mirati, con semina di specie vegetali amanti di climi temperati e terreni calcarei aridi (gramina cee e leguminose, ma anche alberi e arbusti autoctoni) particolarmente adatte alla situazione quasi mediterranea locale e, in generale, dei soleggiati versanti esposti a sud dei Colli. Con il tempo l’ambiente si è arricchito della ginestra (Spartium junceum), della rosa di macchia (Rosa canina), di ornielli (Fraxinus ornus) e molte altre specie erbacee, arboree e arbustive.

Dopo l’inaugurazione del Museo Geopaleontologico di Cava Bomba (1987), nei primi anni ‘90 la sensibilità verso un utilizzo per scopi di recupero ambientale del sito di cava crebbe ulteriormente. Negli anni ‘90 fu reintrodotto nell’ambiente euganeo un uccello rapace diurno, il gheppio (Falco tinnunculus), un tempo assai comune; nel 1993, la sezione di Padova della LIPU e la Provincia di Padova, proprietaria dell’area, davano vita al “Progetto Gheppio”, avviando anche una serie di interventi mirati allo studio continuo e attento e alla conservazione dell’avifauna della zona di Cava Bomba. Molto importante fu, inoltre, la valorizzazione di uno stagno nel fondo cava e la creazione di un ambiente stabile dotato di cassette nido, mangiatoie e grandi strutture adatte ad ospitare esemplari troppo giovani o recuperati in natura in cattive condizioni di salute, collocate in posizione di riparo rispetto al flusso di visitatori. La LIPU ha così certamente favorito l’arrivo di specie di uccelli molto diversificate, alcune solo di passaggio durante le migrazioni annuali, altre giunte in questi luoghi per svernare, altre ancora addirittura per nidificare e riprodursi.

Chiunque si appresti alla visita della cava è perciò tenuto a rispettare gli intimi e fragili equilibri biodinamici dell’oasi e dei suoi ospiti, ed è vietato superare lo steccato in legno di recinzione riportante i cartelli con l’indicazione dell’area LIPU. Solo con una rispettosa e discreta osservazione esterna è possibile preservare i meccanismi delicati che hanno permesso a questo luogo, un tempo arida distesa di pietra, di tornare a vivere.

Informazioni generali sul museo di Cava Bomba: sito dei musei provinciali dei Colli Euganei

CAVA DI RIOLITE COLONNARE – Monte Cinto, Cinto Euganeo

Il Monte Cinto, alto 281 metri circa, è costituito nella parte bassa da rocce sedimentarie, formate sul fondo dell’antico mare prima dei fenomeni vulcanici, e da mezza costa fino alla sommità da Riolite, roccia vulcanica del secondo ciclo. In questa spettacolare cava è visibile il fenomeno della cosiddetta “fessurazione colonnare”, cioè la suddivisione della massa rocciosa in prismi alti 40–50 metri, causata dal meccanismo di raffreddamento progressivo della lava immediatamente dopo la sua fuoriuscita. La massa calda, a contatto con l’ambiente freddo si raffredda velocemente a partire dall’esterno verso l’interno e può, come è evidente in questo caso, rompersi in prismi molto regolari. Una curiosità è data dalle colonne ripiegate ad uncino nell’angolo in alto a sinistra della parete di cava, modifica della posizione originaria dovuta al ripiegamento della lava in fase di raffreddamento e al suo assestamento in posizione di equilibrio gravitativo. La cava, tra le più antiche della zona, fu utilizzata fin dall’Ottocento per l’estrazione della pietra vulcanica (riolite e trachite), comunemente detta “masegna”, impiegata nell’edilizia, nell’architettura, nella pavimentazione di vie e piazze (es. piazza S. Marco a Venezia) e nella costruzione di arginature di fiumi e canali. Il lavoro di cava era molto duro e si suddivideva in tre fasi di lavorazione effettuate dai cavatori, dai tagliatori e dagli scalpellini.

IL FAGGIO DEL MONTE FASOLO – M. Fasolo, Cinto Euganeo

La presenza sui Colli Euganei del faggio (Fagus sylvatica), principale albero della foresta montana di latifoglie che vive sulle Alpi tra i 700 e 1400 metri, è legata ai lunghi cicli glaciali che caratterizzarono l’Era Quaternaria (da 1,6 milioni a 15.000 anni fa). Il nome faggio deriva dal greco “phagéin”, mangiare, in relazione al frutto commestibile e ricco di olio, chiamato “faggiola”.

È un albero, molto longevo, di grandi dimensioni con tronco dritto, corteccia liscia di colore grigio e chioma densa. Le foglie, disposte in due file, e sono semplici di forma ovale con margine ondulato e leggermente dentati; i fiori sono penduli e poco appariscenti. Fiorisce nei mesi di aprile e maggio.

Il “grande faggio”, situato lungo il calto che scende dal Monte Fasolo immerso tra faggi, carpini, querce e bosco ceduo di castagno, è alto 18 m e il fusto è vistosamente inclinato verso ovest e si è originato dalla fusione di due tronchi. La chioma presenta una ramificazione articolata e ricadente ad ombrello.

Sui Colli Euganei il faggio è presente anche sui versanti settentrionali dei monti Venda e Vendevolo, Madonna e Grande, Rua, Ventolone, Ricco e Cero.

Oltre al faggio, tra le altre specie vegetali “relitti glaciali” sui Colli Euganei sono da ricordare la betulla (Betula pendula), il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), il semprevivo ragnateloso (Sempervivum arachnoideum), il giglio di S. Giovanni (Lilium bulbiferum), il giglio martagone (Lilium martagon), l’epimedio alpino (Epimedium alpinum).

L’uomo da sempre apprezza le qualità del legno di faggio; da esso si ricava un ottimo combustibile e la materia prima per fare sedie e piccoli arnesi. In particolare è ideale per creare i manici, tanto che i Veneziani se ne servivano per realizzare i remi delle loro imbarcazioni.

CAVA DI MONTE CROCE – Battaglia Terme

La Cava di Monte Croce, ora dismessa e recuperata dal punto di vista ambientale dal Parco Regionale dei Colli Euganei, è uno dei siti più interessanti per i fenomeni geologici in essa visibili. La struttura della parete costituita da roccia vulcanica (latite), grazie allo sbancamento prodotto dall’attività estrattiva, è osservabile da più posizioni camminando nel piano di cava; nella parte più bassa si nota un esempio di “fessurazione colonnare”, suddivisione in prismi regolari della roccia dovuti al raffreddamento repentino in ambiente marino del magma e in questo caso incurvati per effetto della gravità. Verso la sommità della parete la massa rocciosa ora compatta della latite presenta intercalato e ben visibile uno strato semi orizzontale di roccia sedimentaria (marna), poco spesso in altezza, ma ben distinto dal resto della parete anche per il colore più chiaro. Formato per deposizione di materiali (sedimenti) sul fondale dell’antico mare durante una pausa dei fenomeni vulcanici, questo strato è stato oggetto di studi approfonditi, in quanto furono rinvenuti fossili di organismi marini, risalenti a circa 33 milioni di anni fa.

La datazione precisa di queste antiche forme di vita rappresenta l’aspetto più interessante, in quanto anche quella effettuata sulle rocce vulcaniche sopra e sotto lo strato sedimentario portò allo stesso risultato in termini di milioni di anni. La comparazione tra le datazioni delle altre rocce vulcaniche euganee ha consentito agli studiosi di giungere alla conclusione che le eruzioni che portarono alla formazione dei Colli Euganei fossero della stessa età, circa 33 milioni di anni.

L’attività di sbancamento del Monte Croce ha messo in luce un aspetto scientifico fondamentale per la ricostruzione della storia del complesso collinare euganeo.

Il piano di cava, molto articolato in aree più o meno pianeggianti, avvallamenti e collinette di materiale di riporto, fu oggetto di un accurato piano di recupero che portò all’instaurarsi di un ambiente diversificato per vegetazione e situazioni microclimatiche. Le piante pioniere, infatti, hanno colonizzato ogni angolo dell’antica cava che, nel suo punto più depresso, è arricchita da un’eccezionale zona umida con canneto, tra le poche presenti nell’area euganea.

Come in molti altri punti limitrofi al vicino Sentiero del Ferro di Cavallo, di cui la cava rappresenta una tappa obbligata, anche sulle balze rocciose ben esposte al sole, nel lato sud del Monte Croce, vive abbondante il Fico d’India nano (Opuntia compressa), specie originaria dell’America centrale, nei pressi del punto panoramico su Battaglia Terme attrezzato con panchine.

La Cava di Monte Croce rappresenta oggi un autentico laboratorio naturalistico didattico a cielo aperto ed è un sito ideale anche per attività sportive compatibili con il rispetto dell’ambiente.

MARONARI DEL VENDA – M. Venda, Cinto Euganeo

La coltivazione del castagno per la produzione del frutto (castagna o marrone) nel territorio dei Colli Euganei ha origini antichissime risalenti all’epoca romana, come testimonia Plinio (I sec. a.C.) raccontando che l’innesto dei castagni fu insegnato ai napoletani dall’estense Corelio. Il castagno cresce su terreni silicei come quelli derivanti da rocce vulcaniche dei Colli Euganei e ricopre in prevalenza i versanti settentrionali più freschi, pur essendo presente, come in questo caso, anche in altre zone. La fioritura avviene verso fine maggio – giugno ed emana un tipico odore molto pregnante. I frutti, derivanti ciascuno da un fiore, maturano all’interno del caratteristico riccio spinoso; più precisamente si parla di castagna quando in ciascun riccio maturano due o tre frutti, di marrone quando la varietà di castagno porta a maturazione un solo esemplare per riccio. Il maronàro è ottenuto tramite innesto dal castagno, procedimento che consente la produzione di frutti più grossi e gustosi. Questi maestosi alberi secolari sono riconoscibili anche per le fessurazioni del tronco a spirale sinistrorsa che li fa apparire come avvitati su sé stessi. Sono molto visibili grandi cavità interne dei tronchi di dimensioni che possono raggiungere una lunghezza di qualche metro. I maronàri raggiungono un’altezza di circa 13 metri con una circonferenza che varia tra i 4 e i 5 metri; l’armoniosa chioma si sviluppa in modo articolato diramandosi dal tronco a circa 5 m da terra. La loro coltivazione, un tempo molto diffusa perché il delizioso frutto era fonte di guadagno e base dell’alimentazione, ormai si è drasticamente ridotta a pochi esemplari che documentano il passato sfruttamento delle risorse del territorio euganeo. Testimoni viventi di secoli di storia, i maronàri hanno resistito ad avversità atmosferiche, calamità naturali, ma soprattutto alla trasformazione del territorio operata dall’uomo. I grandi alberi oltre ad avere un interesse scientifico ed un’importanza storica e culturale rappresentano un laboratorio a cielo aperto.

MONTE CEVA – Battaglia Terme, Montegrotto Terme

Il Monte Ceva è la principale altura del gruppo collinare che fa da corona al sentiero chiamato Ferro di Cavallo, che separa la piana di Battaglia Terme dal comune di Montegrotto Terme. Il suo versante meridionale, in particolare, è caratterizzato da aspetti geologici molto interessanti, con la presenza di rocce laviche (latite) molto esposte e rivolte a meridione.  Questo habitat è indicato da R ete Natura 2000 come Formazioni erbose rupicole calcicole o basofile dell’Alysso-Sedion albi, ed è tra i più ricchi di specie dei Colli. Tra le centinaia (circa 1.200 se si considera tutto il gruppo sovrastante il Ferro di Cavallo) specie vegetali qui presenti, si segnala l’inconsueta convivenza del fico d’India nano (Opuntia humifusa), specie amante del caldo, con il semprevivo ragnateloso (Sempervivum arachnoideum), relitto glaciale.

 

ROCCA PENDICE – Teolo

A differenza delle pareti delle numerose cave, generatesi per effetto dell’azione dell’uomo, Rocca Pendice è un parete naturale, geologicamente un filone di roccia vulcanica (trachite) in affioramento rispetto alle più tenere ed erose rocce sedimentarie sottostanti. Recentemente acquisita dall’Ente Parco Colli Euganei per la maggior parte della sua estensione, questo sito ospita tradizionalmente l’attività di arrampicata sportiva ed è molto frequentato dagli appassionati di questa disciplina. Rocca Pendice è tuttavia un luogo dove storia e natura si intrecciano in modo affascinante ed unico per il territorio del Colli Euganei: presso la sommità si trovano i ruderi del castello di Speronella, mentre nei dintorni furono rinvenuti scolpiti nella roccia i caratteristici “carri” simbolo della famiglia dei Carraresi; la presenza del Falco pellegrino, che qui ogni anno torna per nidificare, è l’aspetto naturalistico di maggior rilievo, che ha contribuito in maniera determinante all’inserimento del Parco come Zona a Protezione Speciale (ZPS) di Rete Natura 2000. Durante il periodo di nidificazione, è perciò vietata l’arrampicata sportiva.

CASCATA SCHIVANOIA – Teolo

Unica vera cascata naturale permanente dei Colli Euganei, è generata dal corso dell’omonimo rio lungo il Calto Contea. Si tratta di un luogo suggestivo, appartato rispetto alle tradizionali direttrici dei sentieri e raggiungibile dal terzo tornante in salita della strada che da Teolo conduce a Castelnuovo, proseguendo a piedi. Con percorso recentemente sistemato, nel primo tratto si attraversa un magnifico castagneto di maronari secolari e, dopo la discesa, è necessario prestare una certa attenzione per l’assenza di protezioni in prossimità del salto d’acqua.

 

BIOTOPO SAN DANIELE – Torreglia

Sito Life Natura, riconducibile all’habitat “Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition”, il Biotopo San Daniele prende il nome dal vicino Colle e rappresenta un tipico esempio di zona umida ad alta valenza naturalistica. Essa si trova in un’area in parte adibita a pesca sportiva, conosciuta anche come Lago Verde di Torreglia, ed è costituito da alcuni stagni artificiali, residuo di un sistema di bacini connessi all’escavazione di argilla per la produzione di laterizi. Gli invasi sono di diversa profondità, alcuni con l’alveo inondato per tutto l’anno, altri a parziale disseccamento estivo; essi fanno parte di un sistema di collettori collegati al corso di due canali: il rio Calcina, originato da sorgive del M. Rua, e lo scolo Rialto.

In tutta la zona tra Torreglia, Abano Terme e Montegrotto Terme, l’acqua tende al ristagno ai bordi dei campi e riempie molti fossi anche d’estate, creando le condizioni per la sopravvivenza di numerose specie vegetali amanti dell’acqua, tra cui alcune in via di rarefazione (Cardamine pratensis, Oenanthe fistulosa, Euphorbia palustris) e altre seriamente minacciate in tutta la Pianura Padana (Ludwigia palustris, Taraxacum palustre).

Il Parco ha eseguito direttamente interventi di pulitura dai rifiuti, taglio della vegetazione infestante, sistemazione e consolidamento di alcune sponde e la creazione di un sentiero ad anello, adatto anche a persone diversamente abili. Lungo il tracciato, è stata creata anche una passerella in legno sopraelevata a ridosso di uno specchio d’acqua, con un punto di sosta schermato per l’osservazione dell’avifauna.

Nell’area antistante i laghetti sono presenti numerose piante autoctone che creano una zona verde che favorisce l’insediamento di animali tipici delle zone umide, oltre a quelli presenti negli invasi. Numerose specie di uccelli acquatici, rettili e anfibi popolano oggi il Biotopo.

IL LAGO DELLA COSTA – Arquà Petrarca

Chiamato come la via che costeggia il fianco meridionale del Monte Calbarina, si estende in una depressione circondata da colli boscosi: a sud il Monte Ricco, a nord i monti Piccolo e Calbarina. Circondato da una fitta bordura di canne palustri, sulle sue rive crescono numerosi gruppi di salici e cipressi

Il laghetto della Costa, sito di grande interesse naturalistico-ecologico, è il più ampio e noto bacino d’acqua naturale dei Colli Euganei, ed è alimentato dalle acque di sorgenti termali, l’acqua sgorga in polle anche ben visibili sulla superficie, alla temperatura di 45°C circa, consentendo al lago di non scendere mai nemmeno in inverno sotto i 17–18°C. Nella stagione primaverile a seguito di piogge più abbondanti defluiscono nel bacino anche le acque delle campagne situate a monte e quelle di alcune sorgenti fredde che si originano a quote più elevate. L’abbondante presenza di torba, materiale derivato da resti vegetali di piante in decomposizione prevalentemente di lago o di palude, nei terreni circostanti, oltre a dare un caratteristico colore nero alla terra, testimonia il fatto che il lago fosse molto più esteso e si è andato mano a mano restringendo.

Questi depositi risalgono al Quaternario e furono oggetto di studi per la presenza di pollini fossili di antiche piante che hanno testimoniato l’evoluzione del clima e della vegetazione dalle glaciazioni in poi. Mediamente è profondo una decina di metri, ma in alcuni punti, dove sfociano le sorgenti termali, può raggiungere anche la profondità di 17-19 metri. Il lago è importante per la qualità elevata dei fanghi in esso contenuti e usati a scopi terapeutici, che ne fanno la sede principale per l’estrazione degli stessi e il loro utilizzo negli stabilimenti del complesso termale euganeo. Da un punto di vista storico per gli interessanti ritrovamenti di reperti archeologici che testimoniano la presenza di insediamenti palafitticoli risalenti all’Età del Bronzo. Era anche noto come il “lago delle sette fontane”, per la presenza di numerose fonti fredde, calde, salate e solforose che lo alimentavano. Probabilmente un episodio delle “Ultime lettere di Jacopo Ortis” è ambientato proprio in questo luogo poiché viene descritta una passeggiata di Jacopo e Teresa “lungo la riva di un fiumicello sino al lago de’ cinque fonti”.

Intorno al sito nacquero molte leggende e dicerie popolari, legate soprattutto all’aspetto misterioso che assume nella stagione invernale quando il fumo prodotto dal vapore delle sue acque calde lo ricopre di un alone suggestivo.

(Parco Colli Euganei)