Armando Punzo racconta la “Compagnia della Fortezza”: storia di un’utopia (VIDEO)

La Compagnia della Fortezza

La battaglia per un Teatro Stabile

Aniello Arena

È ai vinti che va il suo amore

Armando Punzo racconta la

Armando Punzo è un drammaturgo e regista teatrale di origini napoletane classe 1959, direttore artistico del Teatro di San Pietro di Volterra e del festival VolterraTeatro nonché fondatore della “Compagnia della Fortezza”. Questi i dati anagrafici. In realtà Punzo è una delle figure più radicali del teatro italiano, uno che da ventisei anni ha scelto, come egli stesso dichiara, “l’autoreclusione” dietro le porte, blindate, del carcere di Volterra, un istituto che ospita numerosi reclusi a vita.

La Compagnia della Fortezza

A Volterra, Punzo nel lontano 1988 ha dato vita al progetto, tra i primi in Italia, della “Compagnia della Fortezza”, una formazione composta esclusivamente da detenuti con cui nel corso dell’anno svolge laboratori teatrali che sfociano, durante il festival VolterraTeatro, in spettacoli aperti al pubblico. Siamo andati a intervistarlo in occasione di un workshop per attori non professionisti che il regista ha tenuto a Napoli nello spazio “B-giù” gestito, tra gli altri, dal gruppo “Manovalanza Teatro”, dal titolo “Avrei preferenza di no – esercizi di resistenza artistica su Jean Genet”. “Il mio disagio per il teatro nacque qui, a Napoli, – esordisce Punzo – proprio tra questi vicoli del centro antico. Capì subito che non mi interessava né ricavarmi uno spazio nel teatro di tradizione napoletano, troppo vincolante per me, né in quella che allora era l’avanguardia, il teatro cosiddetto di ricerca. Decisi così, dopo un’esperienza col gruppo “L’Avventura”, di chiedere di entrare in carcere per lavorare con i detenuti”.

Punzo, nel corso di questi ventisei anni, ha sempre precisato di “non essere entrato in carcere per finalità sociali o di recupero, ma per il teatro. Il nostro lavoro – prosegue – per alcuni è scandaloso perché agisce dentro le persone, instilla il dubbio, mette in crisi alcune certezze come per esempio, cosa è il bene e cosa è il male. Io lavoro da anni con persone che incarnano il Male in senso assoluto, tuttavia posso dire di aver scoperto che ciò che definiamo Male è qualcosa di trasparente, non di granitico, di assoluto. Ho provato ad attraversare questa soglia, andando oltre lo spauracchio e lì ho trovato l’uomo. Ho inoltre capito che coloro che tendono a separare così nettamente Bene e Male, non fanno altro che alimentare il Male piuttosto che combatterlo”.

La battaglia per un Teatro Stabile

A proposito del difficile rapporto con le istituzioni “che pensano al carcere solo ed esclusivamente come luogo di castigo e di svilimento dell’essere umano”, Punzo ci ha raccontato delle infinite diatribe, tuttora in corso, per realizzare quello che sarebbe il naturale proseguimento del lavoro della Fortezza, vale a dire, l’istituzione di un Teatro Stabile nel carcere che diventerebbe il luogo della formazione ai mestieri della scena e uno spazio di dialogo tra i detenuti e la comunità di Volterra.

“Intorno alla mia esperienza si concentrano diverse sensibilità, ci sono le istituzioni che credono che io sia al loro servizio, senza accorgersi che sono lì per il teatro, per l’uomo, quello è il mio fine, poi ci sono coloro che per così dire seguono questo progetto per esotismo, e questo è il prezzo da pagare. Poi ci sono le persone che si sentono toccate dal nostro lavoro, ma arrivano fino a un certo punto: poi credono sia troppo, che basti così. Io invece sono convinto che ci sia bisogno di andare oltre, affinché questa esperienza non finisca mai e prosegua anche dopo di me”.

Mercuzio non vuole morire

Uno dei lavori più recenti della compagnia, articolato su più edizioni di VolterraTeatro e che ha girato anche in diversi teatri italiani, è “Mercuzio non vuole morire”. Nato nel 2011, il progetto parte da una riscrittura di “Romeo e Giulietta”, vissuta però dalla parte di Mercuzio, il poeta, l’artista, l’attore, che nel famoso dramma shakespeariano viene subito sacrificato, e muore in un duello con Tebaldo, poco dopo l’inizio della commedia. La sua morte dà l’avvio alla tragedia, tutti i giovani soccombono, schiacciati dalle lotte tra Montecchi e Capuleti, fino ad arrivare alla morte dei due protagonisti; soltanto i vecchi potenti sopravvivono. Una metafora forte, che sta a significare che con la morte della cultura muoiono la speranza e le possibilità di un futuro migliore per tutti. L’idea di partenza di questo lavoro è che invece Mercuzio non vuole morire, rifiuta di adempiere al suo destino. Se lui non muore allora non moriranno neppure Romeo e Giulietta e la realtà avrà una diversa possibilità di esistere.

Aniello Arena

Da qualche anno il progetto della “Compagnia della Fortezza” ha valicato, in termini di visibilità, i confini del teatro anche grazie alla figura di un attore-detenuto, Aniello Arena, il quale partecipando come protagonista al film “Reality” di Mattero Garrone e conseguendo per quell’interpretazione un premio importante come il nastro d’argento, ha riacceso un faro sull’intero lavoro della compagnia.

È ai vinti che va il suo amore

Chiudiamo segnalandovi il libro uscito lo scorso anno per l’editore Clichy con una prefazione di Massimo Marino dal titolo: “È ai vinti che va il suo amore. I primi venticinque anni di autoreclusione con la Compagnia della Fortezza di Volterra” di Armando Punzo. Un excursus e un bilancio dopo venticinque anni di attività. Una pubblicazione di grande valore che testimonia le tappe di un progetto che non ha eguali in Italia.

Clicca qui per il video: http://www.fanpage.it/armando-punzo-spiega-la-compagnia-della-fortezza-storia-di-un-utopia-video/

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