La vendetta del castorino

Non c'è che una soluzione per salvare il Veneto da future esondazioni: ricorrere al caimano. Non a quello con la “C” in maiuscolo, Non a Silvio, ma proprio all'alligatore che vive in Sud America. Il piano di importarlo per dare la caccia alla malvagia nutria, detta anche “castorino” sta probabilmente frullando nella testa degli zelanti amministratori leghisti che dopo l'alluvione del 1 novembre hanno identificato il loro capro espiatorio. La nutria è un vero e proprio flagello di Dio. Arrivata dal Brasile e dalla Bolivia grazie al buon cuore degli imprenditori italiani che le hanno dato un'occupazione nell'industria delle pellicce, l'ingrata prima ha fatto fallire il settore e poi è entrata in clandestinità nella pianura padana. Nel corso degli anni si è riprodotta come un vero irregolare e ha ripagato il sistema scavando gallerie senza sosta e minando, da terrorista, gli immutati argini che contengono i fiumi del rigoglioso Veneto. Il castorino killer, secondo l'assessore regionale al bilancio Roberto Ciambetti, è uno dei principali responsabili dell'esondazione del fiume Timonchio e del Bacchiglione, del quale è affluente.

 

I due corsi d'acqua, ignari di trovarsi in una pianura alluvionale iper-urbanizzata, hanno deciso di mettere sott'acqua Vicenza e la sua provincia il giorno di Ognissanti. Sono bastate 48 ore di pioggia, una spruzzata di neve nelle prealpi e il caldo vento di scirocco che l'ha sciolta per far ingrossare e tracimare i fiumi che si buttano nell'Adriatico. Non succedeva dal 1966. In più di quarant'anni non è mai stato applicato uno dei numerosi piani di regolazione idrogeologica; in quattro decenni la campagna si è trasformata in un super condominio-capannone con relativo parcheggio e i bacini di contenimento idrico sono rimasti sulla carta. Misteri della natura se due o tre condizioni climatiche si uniscono e fanno uscire i fiumi. Perché il fatto che l'acqua non abbia trovato sfogo nel terreno non è certo colpa dell'uomo, come ha sottolineato sulla stampa locale il presidente degli industriali vicentini, Roberto Zuccato, escludendo che la cementificazione abbia pesato sull'evento. Non si sputa nel piatto in cui si mangia. Non lo fa nemmeno l'immorale castorino vegetariano, che infatti non è iscritto a Confindustria come gli imprenditori che costituiscono la potente lobby vicentina del mattone. Un rapporto dell'Accademia Olimpica, datato 2004, indica che in 50 anni, dal 1950 al 2000, a fronte di un incremento del 32% della popolazione provinciale (da 608.000 a 807.000 abitanti), la superficie urbanizzata è aumentata del 342%, ovvero di dieci volte tanto (da 8.674 ettari a 28.137 ettari). Nello scorso decennio sono state realizzate un numero di abitazioni quattro volte superiore a quelle necessarie rispetto all’incremento del numero delle famiglie. Dal 1998 al 2003 l’attività edilizia è cresciuta del +17,6%, 10 punti in più del PIL nazionale nello stesso periodo; dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi è stato realizzato oltre il 70% del patrimonio edilizio e l'istat calcola che ogni giorno vengono fatti fuori l'equivalente di 30 campi da calcio di terreno. Non sarebbe cambiato nulla nella campagna di cemento se non si fosse messa di mezzo la nutria extracomunitaria. L'acqua amica di questo popolo di contadini fluviali, trasformatosi in pochi anni in laboriosi imprenditori che, attraverso le amministrazioni comunali, hanno costruito in ogni pezzo di terreno disponibile, con piani regolatori fatti su aree golenali, è sempre scivolata liscia sulla terra soffocata. Anche dopo il 2004, l’anno della nuova legge urbanistica, con la quale i Comuni del Veneto hanno autorizzato 38 milioni di metri cubi di nuovi capannoni commerciali e 18 milioni di metri cubi di volumetrie residenziali. Benessere in Veneto vuol dire boom edilizio e speculazione finanziaria correlata; significa una filiera estesa che serve a mantenere un'intera economia. È raro, a Vicenza, a Padova o a Verona trovare qualche imprenditore o politico che non abbia investito nel mattone. Se il manifatturiero va male, il cemento tampona la crisi, finché la bolla non esplode. Crisi, in Veneto, significa prima di tutto calo dei margini di profitto nell'edilizia. Qualcuno, in questi giorni di pioggia, di città e di pianure allagate, ha però definito i Veneti “diversamente italiani” perché si sono “rimboccati subito le maniche”. “Diversamente italiani” sono quindi anche le centinaia di immigrati che si sono offerti volontari nello spalare il fango dalle strade e dalle abitazioni della pianura di cemento invasa dall'acqua. L'abuso del territorio, realizzato per lo più senza misure preventive, è invece tipicamente italiano. Ed è tipicamente italiano versare l'acqua del proprio giardino nel giardino del vicino. Una provincia si libera dalla piena e la piena confluisce nell'altra provincia perché manca un piano idrico regionale. Ma nel “diversamente italiano” Veneto tutto questo non c'entra. La colpa è del castorino vegetariano, che di sicuro non la passerà liscia e verrà finalmente presto declassato a “specie infestante”, con libero diritto di essere sterminato. Anche per questo il governatore del Veneto, che conosce bene la situazione perché è stato ministro dell'agricoltura con il governo Berlusconi, fa la voce grossa con gli stessi della sua coalizione. I quali, probabilmente non hanno capito gli intenti psicotici della nutria che forse vuole rubare voti alla Lega. E le vene si gonfiano anche sul collo del disinteressato vicepresidente degli industriali vicentini, Luciano Vescovi e del sindaco leghista di Treviso Luciano Gobbi, che hanno promesso di incitare la gente a non pagare le tasse se non arriveranno presto i soldi (un miliardo di euro) da Roma. Quel denaro servirà a ripagare dai danni il Veneto e il mezzo milione di veneti interessati da un'alluvione che ha fatto diversi morti: 2 umani, 100 mila tacchini, 20 mila polli, 5mila conigli, centinaia di maiali e mucche. E che ha distrutto macchine, mobili, case e negozi, risparmiando però, misteriosamente, i centri commerciali. La speranza è che resti qualcosa di quei soldi per popolare i fiumi con gli alligatori, visto che nell'agenda di politici e industriali c'è «Veneto City», una gigantesca operazione immobiliare nella campagna tra Padova e Venezia che prevede uno sviluppo di 2 milioni di metri cubi di cemento su 560.000 metri quadrati di superficie. Un'operazione così importante non può è essere rovinata dalla vendetta di un castorino. Ne serviranno tanti, di Caimani.

(tratto da: http://www.estnord.it/content/view/1174/9/)

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