Quali possibilità per i detenuti stranieri?

Quali possibilità per i detenuti stranieri?Analizzando la situazione delle carceri italiane ci si pone il problema: come rendere realmente costruttivo il periodo di detenzione, per non far sì che diventi un inutile processo irreversibile?
Quali possibilità per i detenuti stranieri?Analizzando la situazione delle carceri italiane ci si pone il problema: come rendere realmente costruttivo il periodo di detenzione, per non far sì che diventi un inutile processo irreversibile?

Esistono associazioni che si occupano di inserimento lavorativo dei detenuti, oltre che di mediazione culturale all’interno del carcere. Il rischio però è che si tratti di casi isolati, dovuti alla caparbietà di pochi, e all’indulgenza del direttore di turno.

Esiste in realtà anche una normativa, tesa proprio a rispondere alle esigenze dei detenuti stranieri presenti negli istituti Penitenziari del territorio nazionale.

L’art. 35 del regolamento di esecuzione del 2000, per esempio, prevede che nell’esecuzione delle misure privative della libertà nei confronti di cittadini stranieri:
1) si tenga conto delle loro difficoltà linguistiche e delle differenze culturali;
2) si favoriscano le possibilità di contatto con le autorità consolari del loro paese;
3) si favorisca l’intervento di operatori di mediazione culturale, anche attraverso convenzioni con gli enti locali o con organizzazioni di volontariato.

Tra le iniziative assunte da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per ridurre le difficoltà di tipo linguistico culturale, va segnalata la realizzazione di due opuscoli, nelle lingue di maggiore diffusione tra gli stranieri detenuti nel nostro Paese (tedesco, inglese, francese, spagnolo, arabo, slavo), contenenti uno le norme dell’Ordinamento Penitenziario e del Regolamento di esecuzione e l’altro i diritti dei detenuti; e, per il settore sanitario, la traduzione di un opuscolo informativo sulla prevenzione delle malattie trasmissibili per via parentale e sessuale (HIV, HBV, HCV), in lingua italiana, inglese, tedesca, francese e serbo croata.

Contemporaneamente, per offrire ai detenuti stranieri maggiori opportunità culturali, nel corso degli ultimi anni si è provveduto ad implementare alcune biblioteche degli istituti penitenziari dei testi da loro maggiormente richiesti (dizionari, grammatiche, testi di genere religioso, storico, narrativo, periodici).

Per quanto riguarda invece il diritto al salute, gli immigrati “limitatamente al periodo in cui sono detenuti o internati negli istituti penitenziari, sono iscritti al Servizio Sanitario Nazionale. Tali soggetti hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai cittadini liberi, a prescindere dal regolare titolo di permesso di soggiorno in Italia” (art.1 del D.Lgs 230 del 22 giugno 1999).

Più difficoltoso risulta purtroppo il diritto alla tutela dei rapporti familiari e sociali. In carcere il  mantenimento dei contatti con la famiglia opera su diversi piani: attarverso l’ingresso in carcere delle persone legate ai detenuti da legami di parentela. Sotto questo profilo un elemento decisivo è costituito dai colloqui con i congiunti e con altre persone (Art. 18 Co. 1 OP e art. 37 R.E.), nel cui contesto è accordato particolare favore ai congiunti (al riguardo va osservato che alla famiglia naturale è equiparata la famiglia di fatto). Il mantenimento dei contatti familiari è inoltre favorito dall’assegnazione del detenuto nell’Istituto più vicino alla loro residenza e dalla prevista concessione di permessi premio da trascorrere con i propri cari. In mancanza e in aggiunta ai colloqui il detenuto può effettuare, infine, con i propri familiari delle telefonate.

Per gli stranieri, al solito, la situazione si complica: sia per la condizione di clandestinità che non consente di comprovare le relazioni di parentela, sia perché spesso i familiari vivono ancora nel paese d’origine o sono comunque impossibilitati a recarsi in visita nel carcere dove il soggetto è detenuto. L’unica possibilità di contatto degli stranieri con i propri familiari è costituita pertanto dalle telefonate, risultando però ulteriormente limitata dalla burocrazia carceraria. Per ragioni di sicurezza infatti l’amministrazione penitenziaria deve verificare che l’utenza telefonica sia intestata effettivamente alla persona legata da vincoli di parentela con il detenuto. Ma come si può compiere tali verifiche in caso di destinatari stranieri, residenti all’estero?

Infine, il trattamento rieducativo, finalità fondante la struttura carceraria stessa.  Il trattamento rieducativo del condannato finalizzato al reinserimento sociale è costruito come un percorso virtuoso che presuppone: un periodo di osservazione della personalità del soggetto, la partecipazione alle attività proposte dall’amministrazione e la regolare condotta.

Gli elementi del trattamento possono essere interni o esterni al carcere, interni sono principalmente:
l’istruzione, il lavoro e la religione; esterni sono le misure premiali e le misure alternative.

Se per quanto riguarda lavoro e formazione si cerca di attivare corsi di vario genere, anche di lingua italiana, si assegna il codice fiscale anche agli stranieri privi di permesso di soggiorno, per l’avviamento al lavoro all’esterno, ben più difficile risulta per tutti i detenuti stranieri l’accesso ai benefici previsti dalla legge – permessi premio, affidamento in prova al servizio sociale… Di fatto, la mancanza di riferimenti esterni (quali gli amici, la famiglia, l’alloggio) e le difficoltà legate all’identificazione dello straniero fanno rigettare la maggioranza delle richieste di misure premiali.

Resta comunque sempre il problema del “dopo”: una volta scontata la pena, per il detenuto straniero l’unica prospettiva è l’espulsione dall’intero territorio Schengen… e a questo punto, non ci sono iniziative né associazioni che tengano.

Elisa Gamba

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