ESENTASSE, SOTTO I 23 EURO A COLLO, L’IMPORTAZIONE DI CAPI DI ABBIGLIAMENTO “MADE IN CHINA”


Riccardo Capitanio (Federmoda Confcommercio Veneto e Ascom Padova): “Concorrenza sleale da parte di chi è tra i maggiori soggetti che inquinano il pianeta”

Il governo Meloni ha chiuso con la “Via della Seta”, ma gli effetti negativi di quell’accordo continuano a dispiegarsi.
A denunciare l’ennesimo caso di “cecità” o, comunque, di sottovalutazione delle nostre autorità, è Riccardo Capitanio, presidente di Federrmoda Confcommercio Veneto e Ascom Padova, che sottolinea come un accordo sottoscritto a livello di governi, se non valutato appieno nei suoi risvolti, possa causare seri danni.
La questione, per quanto riguarda espressamente il comparto moda, attiene alla parte dell’accordo che non prevede né Iva né dazi per i prodotti sotto la soglia dei 23 euro.
“Ovviamente – spiega Capitanio – è un accordo a valenza reciproca, ma se l’Italia esporta in Cina soprattutto macchinari, mobili, alta moda, ecc. che sono ben al di sopra dei fatidici 23 euro, per la Cina 23 euro per un collo dei loro prodotti di abbigliamento sono la normalità e anche quando il collo dovesse superare la soglia, lo “spacchettano” in più invii. Risultato: in Italia non pagano né Iva né dazi”.
A sfruttare questa opportunità sono soprattutto un paio di marchi: Shein e Temu.
“Il vantaggio è tutto cinese per il business – continua il presidente Veneto e padovano di Federmoda – e, ad un’analisi superficiale, il vantaggio è italiano per il consumatore. Certo che in un mondo globalizzato non possiamo vietare flussi di merce, ma di certo dobbiamo pretendere di avere le stesse condizioni”. 
Invece così non è perché, di fatto, si è in presenza di una concorrenza sleale soprattutto nei confronti dei negozi fisici, ma anche nei confronti degli e-commerce europei, che l’IVA la pagano.
Ma c’è di più e Capitanio ci tiene a sottolinearlo.
Shein è uno dei colossi del fast fashion ed è uno dei soggetti più inquinanti della Cina. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, circa il 90% dell’incremento della domanda di petrolio nel Paese del Dragone tra il 2021 e il 2024 proviene dalle materie prime chimiche (etilene per produzione di tessuti sintetici). E la cosa è tanto più significativa se messa a confronto con gli aumenti, minimi, dei consumi cinesi di benzina e carburante per aerei”.
Come dire: importiamo il prodotto che ci fa concorrenza ma importiamo anche la componente inquinante. Il tutto mentre noi europei ci arrabattiamo per cercare di ridurre ogni possibile inquinante.
“Un’indagine di CBC Marketplace – conclude Capitanio – ha rivelato che alcuni prodotti di Shein contengono piombo, PFAS e ftalati. L’esame compiuto su una giacca per bambini ha rivelato che conteneva quasi 20 volte la quantità di piombo considerata sicura da Health Canada!”

PADOVA 19 APRILE 2024

(Ascom Padova)