Gesualdo (UniBa): “Uso precoce dapagliflozin riduce danno cardiorenale”

(Adnkronos) – “L’estensione della rimborsabilità di dapagliflozin per i pazienti con scompenso cardiaco cronico è un ulteriore passo avanti per una classe di farmaci”, i Sglt2i, “che ha dimostrato una protezione cardiorenale perché il trattamento precoce comporta una riduzione della progressione del danno d’organo, sia cardiaco che renale”. Lo ha detto Loreto Gesualdo, ordinario di Nefrologia presso l’università di Bari e presidente Fism, Federazione italiana società medico-scientifiche, intervenendo questa mattina a Milano in un incontro con la stampa organizzato da AstraZeneca in occasione del via libera Aifa al rimborso di dapagliflozin, primo e unico inibitore selettivo del co-trasportatore renale di sodio e glucosio a essere disponibile in Italia anche per il trattamento del diabete mellito di tipo 2 e della malattia renale cronica. 

“E’ veramente una rivoluzione – sottolinea Gesualdo – non solo nel campo dello scompenso cardiaco, ma anche in tutte queste patologie cronico-degenerative che, ricordiamo, nel 2040 rappresenteranno, se non interveniamo oggi, le 7 principali cause di morte. Lo scompenso cardiaco, il diabete e la malattia renale cronica sono tra le patologie che più frequentemente portano ad ospedalizzazione, cosa che va di pari passo con l’incremento della mortalità. Quindi intervenire oggi, avere a disposizione un farmaco che previene l’insorgenza di malattia renale cronica, è un investimento nel medio e lungo termine. Chi fa programmazione sanitaria deve capire che investire oggi in prevenzione, perché stiamo parlando non solo di cura – precisa – ma stiamo parlando di prevenzione di complicanze, significa anche rendere più sostenibile il sistema sanitario nazionale”. 

La classe degli Sgl2i è “innovativa – rimarca Gesualdo – e sta cambiando la storia naturale del paziente affetto da una malattia renale cronica e da scompenso cardiaco”. Questi farmaci hanno dimostrato infatti di svolgere “diversi effetti farmacologici: si comportano non solo da blandi diuretici, ma modulano a livello renale quello che è il meccanismo dell’iperfiltrazione, con effetti benefici a carico del rene che quindi poi si ripercuotono anche a livello del cuore. Inoltre, sono in grado di correggere i livelli di emoglobina e quindi l’anemia”.  

La malattia renale cronica, così “come il diabete – prosegue il nefrologo – è un moltiplicatore di danno cardiovascolare e, insieme al diabete, porta allo scompenso cardiaco”. Con dapagliflozin “abbiamo il classico esempio di prescrizione unica in grado di trattare il paziente con diabete, senza diabete, con malattia renale cronica e scompenso”. Un “esempio dell’ecosistema digitale lanciato con Fism della prescrizione unica”, perché è prescrivibile “sia nel setting diabetico che non diabetico. Sono numeri elevatissimi – puntualizza Gesualdo – stiamo parlando del 10% della popolazione a livello mondiale. In Italia, se prendiamo la fascia che va fra i 35 e gli 80 anni, si parla di un 7% di popolazione, quindi 3 milioni di italiani affetti, potenzialmente affetti da insufficienza renale, che non sanno di esserlo perché bisogna ricercarla”. 

La malattia renale, continua lo specialista, è “una delle importanti complicanze del diabete. In questi anni la modalità in cui si presenta il danno renale nel diabete è cambiato. Prima era prevalente la perdita di proteine, quella che noi chiamiamo micro o macroalbuminuria. Adesso invece è sempre più frequente una perdita della funzione renale, si riduce la funzione del rene indipendentemente dalla perdita di proteine. E questo è legato un po’ al cambiamento della patologia del diabete di tipo 2 che, oltre ad aumentare come frequenza, è sempre più frequente nelle persone anziane. Aumentiamo la vita delle persone con diabete, quindi è più probabile che sviluppino il danno renale”. Il diabete si associa ad altri fattori di rischio per danno renale, l’obesità, l’ipertensione, l’alterazione dei lipidi, colesterolo, trigliceridi. “Questi – avverte Gesualdo – sono tutti i fattori di rischio per sviluppare un danno renale. Fino a poco tempo fa non avevamo a disposizione il controllo glicemico dell’ipertensione e dei lipidi per prevenire il danno renale. Adesso abbiamo un’arma che è appunto questa classe di farmaci e dapagliflozin per prevenire lo sviluppo del danno renale e, una volta che il danno renale si è sviluppato, abbiamo l’opportunità di curarlo. Questo è il grande vantaggio di questa molecola che agisce su tutto lo spettro della malattia renale nel diabete sia in termini di prevenzione che in termini di cura”. 

In particolare, “da quando abbiamo iniziato ad utilizzare questi farmaci in maniera sempre più importante – conclude il presidente Fism – siamo stati in grado di ridurre in meno di 2 anni del 10-15% il danno renale. Quindi, in termini di prevenzione, anche quando il danno renale si è sviluppato, siamo stati in grado di evitare che la persona finisse in dialisi o andasse incontro a un trapianto. Usati precocemente, sono proprio in grado di permettere alla persona col diabete di ritornare a quello che è un rischio di danno di chi il diabete non ce l’ha”. 

(Adnkronos – Salute)

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