Curarsi per un cancro fra le macerie. Storia di Shadia a 1 anno dal sisma in Siria e Turchia

(Adnkronos) – “Un anno fa è arrivato il terremoto. Ricordo che erano le 3.30 del mattino e mi stavo massaggiando le braccia e le gambe per alleviare il dolore. Poi all’improvviso ho iniziato a sentire la casa tremare terribilmente. Abitavamo al terzo piano. Quando il terremoto si è fermato ci siamo vestiti di corsa, fuori nevicava. Intorno era tutto distrutto. Anche gli ospedali in cui mi curavo erano stati distrutti, persino i medici erano terrorizzati. Ci siamo ritrovati a vivere in una tenda, in pieno inverno in 5. Il freddo, la stanchezza e la paura mi hanno reso la vita ancora più dura. Le medicine cominciarono a scarseggiare, non potevo continuare a curarmi con la chemioterapia. Le cure salvavita per me erano finite”. Shadia Abdou è siriana, ha 37 anni. Da 5 anni è in cura per un cancro, ma il suo percorso sanitario è stato spezzato, reso ancora più complicato dal sisma che ha colpito il Sud della Turchia e il Nord-Ovest della Siria uccidendo oltre 55.000 persone. E’ passato esattamente un anno da allora, da quelle forti scosse nella notte fra il 5 e il 6 febbraio 2023.  

“Sono rimasta devastata nell’apprendere di avere il cancro – è il racconto di Shadia, raccolto per l’Adnkronos Salute tramite l’Ong ActionAid – e quando il terremoto ha colpito ha distrutto gli ospedali e le medicine sono diventate scarse, rendendo l’accesso alle cure mediche un incubo per me. Sono sposata e ho tre figli, ho vissuto in Siria fino al 2011, quando sono fuggita in Turchia, nella città di Kilis, con la mia famiglia – ripercorre Shadia – Quando sono rimasta incinta del mio terzo figlio, ho iniziato subito a sentirmi debole, strana. Sapevo dentro di me di avere il cancro, mio marito non voleva crederci. Tutto quello che volevo era vedere i miei figli crescere. Ma ho scoperto di avere un cancro alle ossa. Ho iniziato le cure in ospedale a Kilis, durante la chemioterapia ho perso i capelli, ero depressa”.  

E poi è arrivato il terremoto, con il suo carico di morte e sofferenza. Il suo impatto devastante travolge tutto, e mette a rischio anche la risposta ai bisogni più basilari, come quello di curarsi. “Ho preso antidepressivi per resistere – continua Shadia – Ho avuto bisogno di essere trasportata per quasi 4 mesi dopo il terremoto perché non riuscivo a muovermi. Nel campo sfollati in estate ho conosciuto Kareemat, un’associazione di donne siriane, rifugiate anche loro, che mi hanno aiutato a camminare, mi hanno ridato le medicine necessarie a bloccare il cancro”.  

Kareemat, partner di ActionAid, è un centro di accoglienza e una comunità di donne che sostiene le donne siriane. Fornisce assistenza sociale, educativa e distribuisce beni di prima necessità a chi fugge dalla Siria ed è stata sottoposta a forme di ingiustizia, sfruttamento, oppressione e violenza. Quando il sisma ha congelato le vite in queste terre di confine, ActionAid e i suoi partner locali hanno raggiunto oltre 197.211 persone nel Sud della Turchia e nel Nord-Ovest della Siria, attraverso operazioni di ricerca e soccorso, fornendo cibo, riparo e supporto per la salute mentale e creando spazi sicuri per le donne, spiegano dall’organizzazione.  

“Io volevo dimenticare la mia malattia – prosegue Shadia – ho deciso di seguire le lezioni di parrucchiera dentro Kareemat. Volevo provare a farlo anche in Siria, ma non ci sono riuscita a causa della povertà e perché i miei genitori avevano bisogno del mio aiuto. Ora ho un lavoro. Durante il giorno ho bisogno di sedermi per un po’ per recuperare le forze; a volte i miei clienti mi chiedono se sono malata, ma io rispondo sempre di no. La mia vita non è finita, nonostante il cancro e il terremoto”, conclude.  

(Adnkronos – Salute)

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