Eccellenza sanitaria in provincia, all’ospedale dei Castelli chirurgia di alto livello contro i tumori

(Adnkronos) –
Un tumore ovarico avanzato e diffuso. Un intervento chirurgico complesso di oltre 12 ore e di grande livello tecnologico, con l’uso della chemioipertermia intraoperatoria (Hipec-CO2), che solo alcuni grandi ospedali in Italia sono in grado di fare e nel Lazio solo il Policlinico Gemelli. Una sfida che viene accettata e vinta dall’Ospedale dei Castelli nella Asl Roma 6. Oggi la paziente, 66 anni, è tornata a casa. Una storia che dimostra come si può avere un’alta qualità di cure anche sul territorio, lontano dalle metropoli.  

“Abbiamo studiato il caso, sottoposto la paziente a una laparoscopia esplorativa con biopsie che ci hanno permesso di caratterizzare la neoplasia e poi, dopo la discussione multidisciplinare, abbiamo sottoposto la paziente a cicli di chemioterapia neoadiuvante. L’ottima risposta alla terapia oncologica, come documentato dalle immagini diagnostiche, ci ha permesso di proseguire con un intervento di debulking (citoriduzione) chirurgico e contestuale chemioipetermia intraoperatoria (Hipec-CO2)”. A raccontare la sfida all’Adnkronos Salute sono Angelo Serao, direttore Uoc Chirurgia Generale, e il suo aiuto, il chirurgo generale James Casella, trasferitosi volontariamente da una struttura romana all’Ospedale dei Castelli per seguire Serao. 

Insieme a loro hanno oltre 20 professionisti, oncologi, radiologi, anestesisti, urologi, gastroenterologi, anatomopatologi, infermieri di sala operatoria che si sono fermati oltre il loro orario di lavoro e dei vari reparti (farmacisti, ingegneri clinici) che, con la direzione generale, hanno permesso di portare a termine questo grande progetto tutto all’interno dell’Asl Roma 6.  

“Per i nostri presìdi non dobbiamo parlare di periferia, ma di risposta del territorio e di diversa centralità. L’importante intervento portato a termine all’ospedale dei Castelli evidenzia che non c’è bisogno dei viaggi della speranza verso Roma o altre realtà. Qui siamo in grado di tutelare bene la salute della popolazione e ai professionisti va la nostra stima e gratitudine”. Così il commissario straordinario dell’Asl Roma 6 Francesco Marchitelli. Alla domanda se questo intervento è un ‘seme’ o un ‘frutto’ del lavoro, il commissario è molto netto: “E’ uno dei frutti che arriva da una assistenza quotidiana di alto livello che viene data alla popolazione, questo vuole dire che c’è una ‘pianta’ sana che porta frutti sani – ricorda – Non è quindi un punto di partenza ma la dimostrazione che c’è un impegno altissimo”. Si parla di carenza di medici nella sanità pubblica, “i giovani professionisti devono capire il loro orizzonte non è per forza all’ombra del Colosseo dove esistono validissime realtà ospedaliera, ma ci sono strutture dove è bello poter costruire qualcosa di importante”, conclude Marchitelli.  

“Il tumore dell’ovaio presenta un’elevata mortalità e nella maggior parte dei casi la diagnosi è tardiva, diventando clinicamente evidente quando la malattia si trova in una fase avanzata, non più suscettibile a trattamento chirurgico. In questi casi solo la chemioterapia permette la riduzione dell’entità della malattia. Una buona risposta alla chemioterapia adiuvante è un elemento fondamentale per sottoporre la paziente a intervento chirurgico demolitivo. La chemioterapia tradizionale e la chemioterapia intraoperatoria direttamente nell’addome unitamente all’intervento chirurgico demolitivo hanno dato ottimi risultati in termini di sopravvivenza – spiega Serao – In questo caso sono stati asportati gli organi sede della neoplasia primitiva e tutte le lesioni localizzate che la malattia aveva determinato nella cavità addominale”.  

“Hipec-CO2 mediante un sistema di instillazione e aspirazione consente la somministrazione di chemioterapico in tutta la cavità addominale utilizzando alte temperature che favoriscono l’ingresso del farmaco nelle cellule tumorali, mentre le particelle di anidride carbonica favoriscono una distribuzione omogenea del chemioterapico nella cavità addominale”, sottolinea Casella. L’ospedale dei Castelli “ha dimostrato di essere orientato al futuro e con la speranza di fare altri interventi di questo tipo. Anche un ospedale come il nostro ben strutturato ma considerato ‘piccolo’ rispetto ad altri centri può dare risposte d’eccellenza ai bisogni dei cittadini anche su interventi complessi”, suggerisce Serao. 

“Solo il tempo per montare la macchina dell’Hipec è molto lungo – spiega Casella – L’obiettivo è togliere tutte le cellule malate e poi con la macchina fare una chemioterapia a 42 gradi che veicola il farmaco sulle cellule tumorali insieme alla temperatura. Spesso si utilizza nei tumori all’ultimo stadio, quando non c’è altra possibilità”.  

“Affidata per 24 ore alle cure del personale medico-infermieristico di Terapia intensiva dell’Ospedale dei Castelli, la paziente è rientrata nel reparto di Chirurgia Generale. Il decorso post-operatorio – continua Casella – è stato regolare e caratterizzato da un progressivo recupero delle condizioni cliniche generali e locali della paziente che è stata poi dimessa”. 

L’operazione portata a termine dell’ospedale dei Castelli dimostra che anche in provincia si può fare alta chirurgia ed evitare i ‘viaggi della speranza’ verso la Capitale o anche fuori regione. “Ma anche abbattere le liste d’attesa”, precisa Serao. “La differenza tra il nostro ospedale e un grande centro – continua – è anche il rapporto umano che si istaura con i pazienti. C’è più attenzione e questo è un valore importantissimo per chi è ricoverato”. 

All’ospedale dei Castelli esiste già un Pdta (Percorso diagnostico terapeutici assistenziali) per il cancro del colon retto. “La Regione Lazio ci ha riconosciuto come centro di riferimento sulla cura di questo tumore, abbiamo la qualità comparabile a quella di altre strutture”, ricorda Serao. L’obiettivo dovrebbe essere quello di decentrare le cure, in una Regione, che vede a Roma la concentrazione di grandi ospedali ma ha poi parte del territorio meno servito. Oggi l’ospedale dei Castelli ha gettato il seme con un ‘super’ intervento per dimostrare che anche gli ospedali ‘piccoli’ possono competere con i ‘grandi’. 

 

 

(Adnkronos – Salute)

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