Dissesto idrogeologico: che cos’è, quali le cause e come proteggersi

Milano, 3 ottobre 2023 – L’Italia è a rischio, per il tipo di territorio, il folle consumo di suolo e per gli effetti del cambiamento climatico. Eppure si interviene sempre in emergenza. Cosa si sta facendo? Quali sono le soluzioni e come possono i cittadini difendersi e prevenire questi fenomeni? Altroconsumo ne ha discusso con gli esperti dell’Irpi-Cnr.

Dei rischi del dissesto idrogeologico, in Italia, se ne parla da sempre. La storia del Paese è costellata di eventi più o meno gravi, tra frane e alluvioni: dall’ultimo recente caso dell’Emilia Romagna, lo scorso maggio, agli eventi più catastrofici e complessi del passato, come il disastro del Vajont, di cui si sono recentemente ricordati i 60 anni.

Il territorio italiano è particolarmente soggetto al dissesto, per la sua natura e per il suo essere fortemente cementificato. Nel frattempo, è arrivato il cambiamento climatico a incidere. E, così, succede che i territori più fragili e costruiti non riescano a contenere le piogge intense di questi tempi, con le perdite note a tutti in termini di vite umane e danni.

Ma, anche se è così che è sempre stato trattato, il dissesto idrogeologico non è un’emergenza: si hanno degli strumenti per conoscerlo, e ne servono di più, per essere pronti a proteggersi e a prevenire, come Paese e come cittadini. Altroconsumo ne ha parlato con Mauro Rossi, Primo ricercatore dell’Irpi- Cnr, l’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Cosa si intende per dissesto idrogeologico?

“Quando si parla di dissesto si fa riferimento a frane, di diversi tipi, erosione dei versanti – colline, montagne e coste – e alluvioni nelle aree fluviali”, spiega l’esperto specificando che questi eventi non sono sconnessi, anzi: quello che succede sui pendii condiziona ciò che accade al livello dei fiumi, con effetti molto diversi.

Alcune frane, quelle che si muovono velocemente, sono molto pericolose per l’uomo, altre lo sono meno, ma possono essere deleterie per strade e case, anche nel corso degli anni. “La prima cosa da capire è che la superficie terrestre è continuamente rimodellata – aggiunge – e i fenomeni idrogeologici sono naturali. Ma bisogna sapere dove possono avvenire e costruire e comportarsi in modo da minimizzare il rischio“.

Quali sono le cause?

È la pioggia a innescare il dissesto: se, infiltrandosi, riesce a riempire tutti gli spazi che ci sono nel suolo, si creano le condizioni per una frana. Così come se, data una parziale saturazione del suolo, scorre in abbondanza in superficie trasportando i materiali sui versanti (rocce, vegetazione ecc).

Oltre all’“innesco” ci sono poi fattori che predispongono al dissesto, come le caratteristiche del territorio italiano: “Il settore dell’Appenino colpito dall’alluvione dell’Emilia Romagna ad esempio – prosegue Rossi – è dominato da rocce argillose e da alternanze di sabbie e argille, che sono molto favorevoli al dissesto. Ma in generale tutte le regioni con versanti, lungo gli Appennini e gran parte delle Alpi, o anche lungo le colline, sono soggette”.

E, dai numeri, è evidente come siano poche le aree esenti dai rischi: secondo l’Ispra (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione ambientale) il 94% dei comuni italiani (7.423) è a rischio frane e alluvioni e o erosione costiera; a maggiore pericolosità il 18% del territorio. E sono 8,1 milioni gli abitanti a rischio frane (1,3 milioni) e alluvioni (6,8 milioni): in primis in Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria.

L’altro fattore che predispone al dissesto, oltre alle caratteristiche del territorio, è il consumo di suolo. L’uomo, in particolare in Italia, ha sempre modificato tanto il territorio per i suoi usi: tagliando la vegetazione, costruendo e cambiando la superficie di suolo e pendii. Ma eliminando le piante – che sono disegnate dalla natura per raccogliere acqua e che con le loro radici trattengono i terreni – si modifica inevitabilmente il modo in cui suolo e acqua si comportano. Così come, asfaltando e costruendo, si sigilla il terreno rendendolo impermeabile; e questo implicherà che l’acqua defluirà in superficie invece di infiltrarsi, con ricadute sui fiumi.

Cosa si sta facendo in Italia contro i rischi?

Visto che il rischio idrogeologico è così esteso e noto – e in più aggravato dall’attuale contesto – cosa sta facendo l’Italia per proteggere i cittadini e prevenire questi fenomeni? Secondo i dati Ispra (ReNDiS) del 2020, in vent’anni, dal 1919, sono stati stanziati quasi 7 miliardi di euro per far fronte al dissesto, per oltre 6 mila progetti; ma le richieste di finanziamenti delle Regioni per la messa in sicurezza del territorio erano ben più alte già ai tempi dell’analisi, tre anni fa: 26 miliardi di euro.

Anche il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) prevede fondi per il ripristino dei danni e la prevenzione, con lo scopo di “mettere in sicurezza 1,5 milioni di cittadini” entro il 2026: 2,49 miliardi di euro che il governo ha chiesto di ridurre a circa 1,3 perché sono emerse “criticità rilevanti” nel rispetto dei tempi e delle condizioni previste; la promessa, però, è che tutti i progetti, per lo più già in essere, verranno portati a termine con altri fondi.

La Corte dei Conti, in un’analisi sullo stato di attuazione del Piano di febbraio, aveva già avvertito in realtà della necessità di superare i problemi amministrativi e di rendicontazione, piuttosto rigidi nel piano, in modo da concentrarsi sugli obiettivi. Ma evidentemente non si è riusciti. E la Corte, su questo tema, pare destinata ad avvertimenti inascoltati: basta vedere le relazioni degli ultimi anni sulla gestione dei vari piani e fondi che si sono susseguiti, fino al recente “ProteggItalia” (del 2019, analizzato nel 2021), per rendersi subito conto che i problemi evidenziati sono sempre gli stessi, criticità “rimaste insolute”: nel funzionamento e monitoraggio degli interventi, nei processi decisionali e operativi tra strutture nazionali e locali, nelle capacità di spesa e realizzazione dei progetti, nella natura “prevalentemente emergenziale degli interventi”.

Sul dissesto, invece, “serve un ragionamento almeno nel medio termine, parliamo di fenomeni che si sviluppano anche nell’arco di decenni – spiega Mauro Rossi dell’Irpi-Cnr -. Ma al momento in Italia non si sta facendo nulla: siamo soliti fare le leggi e poi non dare le coperture finanziarie. Eppure siamo i primi a esserci dotati di una norma, dopo l’alluvione di Sarno del ‘98, per le mappature del dissesto, non sempre tenute in considerazione e migliorabili, ma abbiamo prodotti da cui partire. Non c’è stata l’attenzione di continuare a investire in modo coerente. Gran parte dei Comuni non ha neanche un geologo o un naturalista”.

Cosa si dovrebbe fare? Quali soluzioni?

“Innanzitutto bisogna avere le competenze necessarie”, dice l’esperto, secondo il quale servirebbe investire in ulteriore conoscenza da usare poi per pianificare e costruire dove il dissesto è meno probabile. Ma non solo: usare tecniche costruttive che facilitino la permeabilità del suolo, fare manutenzione delle strutture, ricontrollare il costruito e adeguarlo al nuovo contesto climatico; e, soprattutto, non cercare di imporsi sui processi naturali, ma rispettarli, favorire la rivegetazione, dare spazio ai fiumi, spostare delle aree dove possibile. “Serve una grande politica di gestione integrata del territorio – conclude – che non sia fatta di facili soluzioni per la contingenza locale, ma che tenga in considerazione tutti gli elementi naturali di pertinenza di un’area”.

Sono molte, quindi, le cose che si possono fare, ma bisogna innanzitutto uscire dalla logica dell’emergenza, per entrare in quella della prevenzione e dell’adattamento, nel concreto e non solo nelle intenzioni: devono farlo le istituzioni, e possono farlo anche i cittadini.

Cosa possono fare i cittadini?

Quando si parla di dissesto idrogeologico è facile pensare di non poter fare molto. Ma ci sono attenzioni, anche semplici, che possono avere impatto, nell’auto-protezione e nella prevenzione.

Per proteggersi

Durante le emergenze bisogna sapere esattamente cosa fare e cosa non fare, senza perdere tempo. “Le azioni giuste dovrebbero diventare degli automatismi perché ragionare in condizioni di emergenza è difficile. Per questo servirebbe formazione“, dice Mauro Rossi di Irpi-Cnr.

In caso di alluvione bisogna spostarsi ai piani superiori, disattivare l’impianto elettrico e il gas e, nel caso di possibili frane, spostarsi nelle parti della casa opposte a colline e montagne; non scendere nei garage e nei seminterrati per mettere al sicuro auto e altri beni; se si è all’aperto, evitare sottopassi, argini, ponti. Altri consigli sono sulle pagine web della Protezione Civile (che in questi mesi si sta dotando di un sistema di allerta tramite cellulare, ITalert, anche per emergenze di questo tipo): iononrischio.it e rischi.protezionecivile.gov.it

Per prevenire

Anche da parte dei cittadini serve attenzione a come si modifica il territorio quando si costruisce, facendosi affiancare dalle giuste professionalità. “È proprio una questione culturale, che deve portare a chiedersi sempre che impatto abbiamo e se una casa o un suolo a cui siamo interessati è anche sicuro dal punto di vista del rischio idrogeologico”.

Anche per il cambiamento climatico, che incide sul dissesto, si può ridurre le emissioni, ad esempio utilizzando meno l’auto, usando elettrodomestici efficenti e fonti di energia rinnovabile (qui altri consigli su come vivere in modo sostenibile).

La proposta di Altroconsumo Connect

AC Connect, il broker della fondazione Altroconsumo, ha pensato di offrire a tutti i soci e fan la possibilità di sottoscrivere una polizza studiata in collaborazione con Net Insurance ed RCApoint Broker per poter assicurare la propria abitazione contro i rischi di eventi catastrofali.

BOTTONE “SCOPRI I DETTAGLI” https://www.altroconsumoconnect.it/casa/eventi-catastrofali

Questa polizza è stata appositamente concepita per fornire copertura alle abitazioni in tutto il territorio italiano, una caratteristica non sempre garantita da molte compagnie. Sono coperti i danni da terremoto e, su richiesta, anche da inondazioni, alluvioni e bombe d’acqua. Non ci si limita a tutelare il solo edificio, ma anche il contenuto dell’abitazione, nei limiti specificati in polizza: anche in questo caso si tratta di una caratteristica non sempre garantita dalle altre polizze presenti sul mercato. Inoltre, la polizza fornisce un risarcimento anche nel caso in cui non si decida di ricostruire l’edificio danneggiato nello stesso luogo in cui era situato originariamente.

I servizi relativi ai prodotti assicurativi illustrati in questa pagina sono erogati da Altroconsumo Connect S.r.l., società commerciale di intermediazione assicurativa, e non da Altroconsumo Edizioni S.r.l. e Associazione Altroconsumo. Cliccando sul pulsante “SCOPRI I DETTAGLI” accedi al sito di Altroconsumo Connect S.r.l., il broker assicurativo costituito dalla Fondazione Altroconsumo, iscritto al Registro degli Intermediari Assicurativi (Sez. B n. B000525056) e soggetto al controllo di IVASS. Altroconsumo Connect S.r.l. opera nel mercato e, tenendo conto dei risultati dei test comparativi e delle indagini sui prodotti assicurativi pubblicate da Altroconsumo, negozia per i soci e i fan di Altroconsumo le polizze assicurative, gestisce i passaggi necessari per l’eventuale acquisto della polizza e la raccolta delle adesioni nel caso sia stato costituito un gruppo di acquisto. L’attività svolta da Altroconsumo Connect S.r.l. è a pagamento e remunerata dalle provvigioni ricomprese nel premio delle polizze stipulate. Ogni successiva comunicazione relativa all’acquisto delle polizze avverrà direttamente ed esclusivamente con Altroconsumo Connect S.r.l., sulla base dell’incarico che verrà ad essa rilasciato dall’interessato.

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