Giorgia Meloni: “Nessun conflitto governo-magistratura”


Presidente del Consiglio: “Riforma non contro toghe”. Sul caso La Russa: “Io non sarei intervenuta”
“Ho letto molte cose abbastanza curiose, ma non c’è dal mio punto di vista alcun conflitto con la magistratura. Non c’è sicuramente da parte mia, chi, diciamo così, confida nel ritorno dello scontro tra politica e magistratura che abbiamo visto in altre epoche temo che rimarrà deluso”. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in conferenza stampa al termine del vertice Nato a Vilnius.
“Mi hanno sorpreso, in queste ore, alcune dichiarazioni dell’Associazione nazionale dei magistrati”, sorprende che “in alcune di queste dichiarazioni si siano collegati questi obiettivi scritti nel nostro programma” sulla riforma della giustizia come “uno scontro tra governo e magistratura. Quasi come se queste nostre posizioni, che sono appunto posizioni che portiamo avanti da sempre, avessero una sorta di intento punitivo da parte del governo nei confronti della magistratura. Non capisco, sinceramente, come rafforzare la terzietà del giudice -che è il motivo che muove ad esempio il tema della separazione delle carriere- è un modo per aggredire la magistratura: io non sono d’accordo”, ha affermato Meloni.
“Per noi, per me, è un modo per garantire l’efficienza una maggiore efficienza della magistratura – va avanti – per difendere il principio di terzietà. Qual è il nesso? Cioè qual è il nesso di una polemica che può nascere su un fatto specifico e dire ‘allora la separazione delle carriere è un fatto punitivo’. Io credo che insomma si rischi di scivolare su un dibattito che non aiuta. Perché io non penso che vada messo insieme quello che il governo ha nel proprio programma in termini di riforma della giustizia e le scelte che i magistrati fanno, quindi consiglio prudenza. Ma in ogni caso, sono due materie completamente diverse. Occorre distinguere e non c’è alcuna volontà da parte del governo di aprire un conflitto”.
“Noi intendiamo mantenere gli impegni che abbiamo preso con gli italiani, questo sì, e non intendiamo farlo contro i magistrati, anzi speriamo di poterlo fare con il contributo dei magistrati, perché io sono convinta che la stragrande maggioranza dei magistrati in Italia sia consapevole del fatto che ci sono dei correttivi da portare avanti e voglia collaborare, dare una mano, offrire il proprio punto di vista, offrire le proprie proposte, come sempre accade nelle nazioni normali. Penso che questo sia il modo giusto di procedere, non quello, come sembra da alcune dichiarazioni un po’ apocalittiche di alcuni esponenti dell’Associazione”, di rappresentarsi “come una sorta di guardiani del bene contro il male, perché non mi pare insomma che sia questo il mondo nel quale vogliamo vivere no? Il mondo nel quale vogliamo vivere è un mondo nel quale ognuno ha le proprie responsabilità, le assume, cerca di collaborare per il bene complessivo della nazione che è quello che cerco di fare ogni giorno”.
Meloni si “identifica” nella nota attribuita a fonti di Palazzo Chigi con cui, settimana scorsa, il governo è intervenuto sui casi Delmastro e Santanché, chiedendo se la magistratura non fosse scesa in campagna elettorale per le europee. “Eh guardi, il tema della nota di Chigi non è riferibile al tema La Russa in alcuna misura – ha precisato – ma è riferibile alle due cose che ho detto qui”, dice richiamando i casi Delmastro e Santanché.
“L’imputazione coattiva nei confronti del del sottosegretario Delmastro – ha ribadito – secondo me è obiettivamente una cosa che io guardo con stupore, ripeto, di fronte a una richiesta di archiviazione di un pubblico ministero”. E’ “giuridicamente lecita ma è una scelta, quindi io la valuto come scelta” che “non avviene quasi mai. Nel momento in cui avviene nei confronti di un sottosegretario per un atto che comunque riguarda anche l’esercizio del suo mandato, io ne assumo la consapevolezza ed è esattamente quello che ho detto rispetto all’avviso di garanzia nei confronti del ministro Santanchè. Perché in uno stato di diritto chi è indagato non scopre prima dei giornali di esserlo, e il fatto che sia già accaduto in passato non lo rende normale. Il punto è che noi ormai siamo arrivati a considerare normali” vicende “che non dovrebbero esserci in uno stato di diritto. Io non entro nel merito dei singoli casi, posso al limite entrare più nel merito di quello di Del Mastro perché conosco meglio la vicenda”, però “parto dal presupposto che le cose devono funzionare secondo determinate regole, perché se saltano quelle regole uno si deve interrogare sul perché”.
“Capisco molto bene, da madre, la sofferenza del presidente Ignazio La Russa” per il caso che vede coinvolto suo figlio Leonardo Apache, “anche se non sarei intervenuta nel merito della vicenda. Tendo a solidarizzare, per natura, con una ragazza che decide di denunciare” di aver subito una violenza sessuale. “Poi bisognerà andare nel merito” e “mi auguro che la politica ne resti fuori”, ha detto Meloni. “Non mi pongo il problema dei tempi – ha continuato – quello che posso fare io è ricordare che come governo abbiamo approvato qualche settimana fa il disegno di legge sulla violenza contro le donne”, provvedimento che “è stato apprezzato come importante passo avanti nei confronti delle vittime. Quindi, è il nostro lavoro che parla per noi”. “Spero di aver chiarito il mio punto di vista su questa materia, per evitare di mandare avanti soprattutto presunti scontri, che dal mio punto di vista non esistono. Cerco semplicemente di fare il mio lavoro nel migliore dei modi: e per me il migliore dei modi è realizzare un programma che gli italiani ci hanno chiesto di realizzare”, ha aggiunto.
“Un avviso di garanzia non determina le dimissioni di un ministro, a maggior ragione con queste modalità”, ha affermato la premier. “La questione del ministro Santanchè non è invece una questione politica, nel senso che è una questione extra politica che riguarda la sua attività, il suo ruolo non di ministro – che tra l’altro sta, secondo me, svolgendo molto bene – ma una questione molto complessa che va vista nel merito. Quando il merito sarà complessivamente conosciuto” si tireranno le somme, “ma credo anche che il merito competa alle aule di tribunale non alle trasmissioni televisive”, ha sottolineato.
Per Meloni, “l’anomalia nella vicenda del ministro Santanchè sta nel fatto che al ministro non viene notificata l’indagine, ma la stessa indagine viene notificata da un quotidiano nel giorno in cui il ministro Santanchè va a riferire in Aula. Io non penso che questo sia normale. Chiedo a voi se pensiate che sia normale, perché se fosse normale noi avremo un problema vero in tema di Stato di diritto. Questa è la questione che io ho posto, non è nel merito: il merito si vedrà, si valuterà quando si conoscerà nella sua complessità. Ma sul piano della procedura qualcosa non funziona e sa qual è il problema? – ha chiesto la premier al giornalista che gli ha rivolto la domanda – Che quando qualcosa non funziona sul piano della procedura diventa anche più difficile valutare serenamente il merito. Quando la questione diventa politica, perché si ritrova su un quotidiano che peraltro diciamo proprietà di un imprenditore che secondo me non è esattamente nella posizione di fare una morale sui debiti, be’ qualcosa non funziona e quindi io segnalo un problema di procedura, okay?”.
Caso Delmastro
“La questione del sottosegretario Delmastro è una questione che obiettivamente mi ha molto colpito. È sicuramente una questione politica. Del Mastro è sottosegretario alla Giustizia, quindi riguarda un esponente del governo nell’esercizio del suo mandato. Nei suoi confronti viene disposta una imputazione coattiva contro il parere del pubblico ministero, tra l’altro di una procura non esattamente abituata, diciamo a fare sconti, per come la vedo io. Intanto ho chiesto quanti fossero i casi di imputazione coattiva nel nostro ordinamento, mi è stato risposto che sono diciamo irrilevanti sul piano statistico”, ha detto la premier.
“Per come la vedo io – ha proseguito – in un processo di parti, la terzietà del giudice significa che il giudice non dovrebbe sostituirsi al Pm imponendogli di formulare l’imputazione quando questi non intende esercitare l’azione penale. Lo dico perché credo che queste siano il senso delle dichiarazioni del ministero della Giustizia sul tema in questione”. A chi le domanda se, in futuro, intenda intervenire sul tema dell’imputazione coattiva, “ne parlerò con Nordio – ha risposto – che ne sa molto più di me”.

(Adnkronos)