Flat tax, come funziona la tassazione piatta?

Tra le novità di lungo periodo della riforma fiscale c’è anche una flat tax ad ampio raggio, una panoramica sul tema: da come funziona la tassa piatta alle forme di tassazione ad aliquota unica già esistenti passando per i pro e i contro

Come dimostrano anche le ultime novità inserite nella Legge di Bilancio 2023, appiattire la tassazione è uno degli obiettivi dell’attuale Governo. E la riforma fiscale rappresenta la giusta occasione per portalo a termine.
Nel testo della legge delega che ha ottenuto il via libera del Consiglio dei Ministri lo scorso 16 marzo e attualmente è al vaglio del Parlamento, infatti, trova spazio anche la flat tax come punto di arrivo di un progetto di revisione per gradi dell’IRPEF, l’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Ma di cosa parliamo quando parliamo della tassazione piatta che da anni è al centro della discussione fiscale ma non ha mai trovato una completa applicazione?
Per capire, in pochissime parole, cos’è la flat tax basta tradurre il concetto in italiano: si tratta di una tassa piatta. Bisogna specificare fin da subito, però, che con questa definizione si fa riferimento a un modello di tassazione che può essere applicato all’IRPEF così come ad altre imposte.
In linea generale si utilizza per parlare del progetto di appiattimento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche che dal 2022 è basata su un sistema di quattro aliquote diverse per quattro diversi scaglioni di reddito.

Per dirlo in termini visivi, ora siamo difronte a dei gradoni, con l’ipotesi della flat tax si avanza verso una superficie piana.
Si tratta, ovviamente, di una semplificazione estrema dal momento che il sistema fiscale nel suo complesso deve comunque garantire quanto stabilito dall’articolo 53 della Costituzione:
“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
La ricetta per appiattire la tassazione proposta dal Governo Meloni, infatti, non dimentica questo ingrediente principale e prevede di garantirlo intervenendo sulla no tax area, la soglia di esenzione fiscale, e sul sistema di detrazioni.
In ogni caso la transizione dell’IRPEF verso l’aliquota impositiva unica è una “prospettiva”, come si legge nello stesso testo della legge delega per la riforma fiscale. E l’idea di una sua applicazione da sempre divide: c’è chi guarda più ai vantaggi e chi da un peso maggiore agli svantaggi.
Chi è a favore di un appiattimento della tassazione mette in evidenza tre aspetti:
● riduce la pressione fiscale sia per le famiglie che per le imprese;
● contrasta l’evasione fiscale;
● semplifica il sistema con la razionalizzazione delle attuali detrazioni.
Chi è contrario si sofferma su alcuni effetti negativi che potrebbero derivare da una flat tax:
● le minori entrate per lo Stato;
● il rischio di avvantaggiare i più ricchi e, quindi, di introdurre una legge ad alto rischio incostituzionalità (le imposte proporzionali per definizione favoriscono i redditi alti, a differenza con quanto avviene con le imposte progressive).
Al netto delle singole posizioni, le valutazioni sull’opportunità di passare a una flat tax vanno fatte anche tenendo conto delle caratteristiche e della storia del sistema fiscale ed economico italiano.
Attualmente, secondo i dati forniti dalla Banca d’Italia a maggio 2023, sono 23 su 225 gli Stati che hanno in vigore un sistema di tassazione generale del reddito delle persone fisiche di tipo piatto e sono molto diversi dal nostro Paese, tra questi l’Afghanistan, la Romania, l’Ucraina, la Groenlandia, la Georgia.
Come evidenziato, il passaggio a una flat tax ad ampio raggio è un obiettivo da raggiungere al termine di un percorso più lungo e articolato di revisione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche tracciato nella riforma fiscale 2023.
Ma bisogna sottolineare che alcune forme di tassazione piatta in Italia già esistono e, con l’ultima Legge di Bilancio, sono state potenziate.
Facciamo qualche esempio:
● il regime forfettario destinato agli autonomi con partita IVA: prevede la possibilità di applicare un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, addizionali regionale e comunale e IRAP pari al 15, o al 5 per cento per i primi 5 anni di attività, entro la soglia, più alta dal 2023, di 85.000 euro di ricavi e compensi;
● la , che al momento è stata introdotta solo per il 2023 e prevede una tassazione pari al 15 per cento per gli aumenti di reddito registrati rispetto al triennio precedente, applicabile, a determinate condizioni, dalle partite IVA che non hanno optato per il regime forfettario.
La stessa riforma fiscale, che dovrà essere approvata in via definitiva dal Parlamento per poter diventare operativa, oltre alla prospettiva dell’aliquota unica, prevede come obiettivi intermedi e più immediati nuovi modelli di tassazione piatta anche per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti da applicare a tredicesime, premi di produttività e retribuzioni straordinarie.
Gli esempi appena menzionati pur avendo perimetri di applicazione ben definiti e circoscritti hanno un elemento in comune: l’applicazione di un’aliquota unica entro certi limiti, questo è l’elemento chiave su cui si articolano le diverse forme di tassazione piatta.
Ed è in questa direzione che potrebbe muoversi l’intero sistema dell’IRPEF ma che, in ogni caso, non potrà tralasciare il dettato costituzionale relativo alla progressività.

(Adnkronos)