Nelle colline vitate del Soave, “paesaggio rurale d’interesse storico”, una Strada “Slow Wine”

Non punteggi, ma “chiocciole, bottiglie e monete” per raccontare vita, vigne e vini della prima Doc in Italia ad entrare nel registro dei Paesaggi rurali storici. Un territorio, questo, che ama valorizzare i prodotti locali, come il Melo decio di Belfiore, presidio Slow Food, usato nel panettone al posto dei canditi.

Il Soave è la prima Doc italiana ad essere stata riconosciuta “Paesaggio‬ rurale di interesse storico” dall’Osservatorio nazionale del Paesaggio rurale, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali del Ministero delle Politiche agricole. Nella zona classica della denominazione, infatti, sono stati individuati 1700 ettari collinari coltivati secondo le tecniche della viticoltura eroica, in cui sono ancora presenti elementi di edilizia storica, capitelli votivi, forme di allevamento come la pergola, muretti a secco e vigneti ultra centenari ancora produttivi. “E’ un grande risultato per la denominazione del Soave, che vede riconosciuta a livello nazionale la primogenitura di comprensorio vitato storico“, sottolinea Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio di tutela.

I premi “Slow Wine 2016″. A raccontare vita, vigne e vini delle colline vitate del Soave, patrimonio storico e rurale d’Italia, arriva anche la guida Slow Wine 2016, che ha attribuito numerosi riconoscimenti ai soci di Strada del vino Soave. La “Chiocciola“, simbolo di Slow Food, editore della guida, è andata all’azienda agricola Graziano Prà di Monteforte d’Alpone, in quanto “interpreta i valori organolettici, territoriali e ambientali in sintonia con Slow Food, ed i  vini hanno anche un ottimo rapporto qualità-prezzo, tenendo conto di come e dove sono stati prodotti”. Tra i premiati con il riconoscimento della “Bottiglia“, che certifica l’eccellenza qualitativa di tutte le etichette presentate, c’è l’azienda agricola Cà Rugate, di Montecchia di Crosara, l’azienda agricola Gini Sandro e Claudio di Monteforte d’Alpone e la Tenuta Sant’Antonio di Colognola ai Colli. Il riconoscimento “Grande Vino“, che premia la massima eccellenza qualitativa e organolettica di un vino, è stato attribuito all’Amarone della Valpolicella 2011 dell’azienda agricola Ca’ Rugate, al Soave Classico Casette Foscarin 2013 dell’azienda agricola Montetondo di Soave e al Valpolicella Superiore La Bandina 2011 dell’azienda agricola Tenuta Sant’Antonio. Il riconoscimento “Vino Slow“, che certifica un vino eccellente dal punto di vista organolettico e in grado di esprimere in modo esemplare territorialità, storia e attenzione all’ambiente, è stato attribuito al Soave Classico Staforte 2013 dell’azienda agricola Graziano Prà. Il riconoscimento “Vino Quotidiano“, che attesta l’eccellente rapporto qualità-prezzo del vino, il cui costo non supera i 10 euro in enoteca, è stato attribuito al Soave Fontego 2014 dell’azienda agricola La Cappuccina di Monteforte d’Alpone, al Valpolicella Montecurto 2014 dell’azienda agricola Marco Mosconi di Illasi, al Soave Vigna della Corte 2013 dell’azienda vitivinicola Corte Adami di Soave. Infine, il riconoscimento della “Moneta“, dato all’azienda che esprime un ottimo rapporto qualità-prezzo per tutte le bottiglie presentate, è stato attribuito all’azienda agricola Montetondo e all’azienda vitivinicola Corte Adami. Maggiori info sulle cantine premiate www.stradadelvinosoave.com

Un territorio che valorizza i prodotti locali, come il Melo decio di Belfiore, presidio Slow Food. “Siamo felici che la guida Slow Wine, attenta a valorizzare storia e cultura della tradizione agricola italiana, abbia dato valore al lavoro dei nostri soci“, afferma Stefano Alberti, vicepresidente di Strada del vino Soave. Una passione per il territorio che anima naturalmente anche Alberti, tanto che nella gastronomia Damoli, che conduce insieme alla famiglia a San Bonifacio, propone antiche ricette della tradizione locale, come la mostarda e la marmellata di Melo decio di Belfiore, località dell’Est Veronese. “Si tratta di una vecchia varietà veronese di mele, ottima per la produzione di mostarde oltre che per il consumo fresco, ma la cui produzione era stata abbandonata negli anni 70/80 del secolo scorso a causa di una resa produttiva altalenante, e salvata grazie all’intervento di alcuni produttori e di Slow Food“, spiega Alberti, che è anche rappresentante del Presidio Slow Food Melo decio di Belfiore. “E’ un frutto che si conserva molto bene – dalla raccolta dura anche fino a luglio fuori dal frigo -, ed è molto profumato, tanto che in passato veniva usato per profumare i cassetti, abbiamo cercato di incentivarne l’uso valorizzandone la trasformazione alimentare, oltre a mostarda e marmellate lo usiamo nel panettone al posto dei classici canditi, e da 150 piante, oggi siamo riusciti ad averne 500, conclude Alberti.

(Gaiares comunicazione)

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