La “Storia di una capinera” dal romanzo di Verga al palcoscenico del teatro Quirino


L’attore catanese Enrico Guarneri con Nadia De Luca, diretti da Guglielmo Ferro
Roma, 22 feb. La ‘Storia di una capinera’ lascia le pagine del romanzo di Giovanni Verga, scritto prima della sua svolta verista – che portò poi al ciclo dei vinti con ‘I Malavoglia’ e ‘Mastro-don Gesualdo’ – per approdare sulle tavole del palcoscenico del teatro Quirino di Roma, dove sarà in scena fino al 3 marzo, con l’attore catanese Enrico Guarneri coprotagonista assieme a Nadia De Luca, per la regia di Guglielmo Ferro.
La capinera evocata dal titolo è la giovane figlia di un padre divenuto vedovo alla nascita di lei, per la quale l’unico orizzonte intravisto dal genitore è la sua chiusura come novizia in un vicino convento benedettino.
L’apertura insperata delle porte del monastero, dovuta al decreto regio dopo lo scoppio del colera a Catania, regala alla giovane – che vi era rinchiusa dall’età di sette anni, pur priva di vocazione – una breve stagione di libertà e di amore, prima di rientrare nella ‘gabbia’ per la volontà paterna di farle espiare i ‘peccati della carne’, condannandola a una perenna infelicità.
“Attraverso questa messinscena – spiega il regista Guglielmo Ferro – la narrazione passionale verghiana trova un nuovo codice drammaturgico, per far emergere il rigido impianto culturale e umano delle famiglie dell’epoca”. Il padre, per amore o per paura o soltanto per rispetto delle convenzioni, porta la figlia a una morte nel suo corpo e nel suo spirito, anche se fra dubbi e tormenti, autocritiche e sensi di colpa.
Osserva ancora il regista, figlio del grande attore siciliano Turi Ferro: “Il convento per la giovane donna è una prigione di cui il padre è l’autentico carceriere, entrambi dolorosamente vittime e carnefici. E’ il racconto di legami infelici, di dinamiche familiari che oggi per noi sono impossibili da immaginare e comprendere, ma che Verga racconta come una condanna inesorabile, perché la redenzione – sottolinea Guglielmo Ferro – non appartiene al suo orizzonte letterario”.
(di Enzo Bonaiuto)

(Adnkronos)