Pavimentazioni in resina: tipologie e caratteristiche



Le pavimentazioni in resina inizialmente utilizzate nell’industria, grazie a caratteristiche come resistenza al calpestio, all’usura, agli agenti chimici e agli sbalzi termici, hanno trovato maggiore applicazione anche in altri settori, da quello commerciale a quello residenziale. In effetti, la finitura in resina oltre alle sue doti di resistenza meccanica e chimica, permette di ricreare superfici monolitiche altamente funzionali in quanto impermeabili, igieniche e antibatteriche, dunque ideali anche per un utilizzo residenziale. Senza dimenticare l’aspetto decorativo grazie ad un’ampia possibilità di finiture, texture e pattern di grande impatto estetico. Dunque, le pavimentazioni in resina rappresentano la perfetta miscela tra estetica e funzionalità, ma da dove nascono queste peculiarità? Le pavimentazioni continue in resina sono costituite essenzialmente da due elementi ovvero la resina che può essere epossidica o poliuretanica e l’indurente, che vengono miscelati al momento della posa della pavimentazione stessa. Durante tale fase, il composto bicomponente viene letteralmente colato sulla superficie da rivestire. Oltre al bicomponente che è alla base del composto, in fase di finitura possono essere aggiunti altri elementi quali additivi che migliorano le prestazioni, ad esempio per aumentare l’effetto antiscivolo. In aggiunta, il composto può essere completato da diversi riempitivi come quarzo o fibre di vetro che influiscono sulla resistenza meccanica della pavimentazione in resina, ma anche sull’aspetto estetico della superficie. In questo senso, il pavimento in resina può essere rifinito con pigmentazioni cromatiche di ogni genere con i quali è possibile creare manualmente effetti particolari: liscio, spatolato, spolverato, granigliato.
Le due tipologie di resina per pavimentazioni continue, come anticipato, sono epossidica e poliuretanica. La resina epossidica è molto utilizzata per pavimentazioni di ogni genere anche grazie alle sue qualità meccanica e alla resistenza all’usura, ai graffi e all’umidità di risalita. I pavimenti in resina epossidica solitamente hanno uno spessore di circa 2 mm. Anche la resina poliuretanica è altamente resistente all’abrasione, all’usura e ai graffi, ma teme l’umidità di risalita, una questione che può essere affrontata preparando in un certo modo il sottofondo. I pavimenti in resina poliuretanica possono raggiungere fino a 9 mm di spessore, il che permette di compensare eventuali dislivelli della superficie. Per scegliere una tipologia di resina piuttosto che l’altra, è sempre opportuno rivolgersi a un professionista che analizzi attentamente il contesto e le relative condizioni.
La posa della pavimentazione in resina prevede diverse fasi. Prima di tutto si deve valutare il supporto su cui colare la resina che deve essere compatto, privo di fessure e pulito. In alternativa, prima di procedere con la posa, è possibile applicare sulla pavimentazione esistente nuovi supporti come i massetti cementizi. In caso di vecchi pavimenti particolarmente porosi o vecchie piastrelle, è necessario applicare prima un primer specifico per pavimenti in resina. Qualora il fondo esistente sia in cattive condizioni con presenza di rotture o disgregazioni, è utile ripristinarlo inserendo un’armatura in rete di vetroresina e un primer ad effetto consolidante.

(Adnkronos)