Don Enrico Torta: il “chirurgo dell’anima” che non si risparmia per nessuno

Da giovane voleva fare il chirurgo: si immaginava in sala operatoria, con il camice e gli strumenti di lavoro in mano, pronto a salvare vite. In un senso o nell’altro, è riuscito a realizzare il suo sogno. Seppur i mezzi sono differenti, lo scopo non è mutato. Ora si definisce “un chirurgo dell’anima”, impegnato a curare chi ne ha bisogno con il Vangelo.

In Veneto, Don Enrico Torta è più di un ‘semplice’ prete. Un’istituzione in cui rifugiarsi quando il mondo sembra aver preso la piega sbagliata. In oltre 50 anni di vita presbiterale, non si è mai risparmiato per nessuno: “In realtà non mi batto contro qualcosa, ma per qualcuno”. Qui c’è la sua missione, in queste poche parole il senso di una vocazione profonda.

Don Enrico Torta: il giovane-saggio senza età

Parroco a Dese, una piccola frazione di campagna a pochi chilometri da Venezia, Don Enrico Torta ha consacrato la sua vita a Dio e al prossimo, in un’escalation di opere di bene.

Seppur la carta d’identità non nasconda nessuno dei suoi anni, Don Enrico ha la forza e il coraggio di un giovane. Come se quel detto polacco emblematico del discorso di San Giovanni Paolo II alla GMG di Roma (“Se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane”) avesse trovato in lui compimento.

Temevo la vecchiaia, ma stare con la gente e prendermi a cuore i loro problemi rallenta la sclerotizzazione del corpo”, aveva confidato in una passata intervista, il classe 1938. Perché se l’età è solo un numero, la saggezza racchiude nella propria essenza tutte le lezioni che solo la vita sa impartire. Quella no, che non si raccoglie con il trascorrere del tempo: c’è chi invecchiando non lo è mai diventato e chi, fin da giovane, è sempre stato saggio.

Don Enrico Torta fa parte di questa seconda categoria, sebbene le primavere trascorse gli abbiano indubbiamente regalato tante ‘piccole’ verità capaci di fare la differenza. Per lui la vocazione ha avuto, fin dall’inizio, un significato sociale: impossibile far rimanere la parola del Vangelo fine a sé stessa, l’obbligo è trasformarla in luce concreta per la vita delle persone. Entrare nella storia e farne parte.

Quando la vocazione diventa strumento di giustizia sociale

E, infatti, non è passato un giorno senza una sua azione reale. Non c’è bisogno di scavare nelle testimonianze di chi lo conosce: la missione di Don Enrico Torta ha trovato, spesso, spazio anche sui quotidiani locali.

Eccolo in assemblee, manifestazioni e dibattiti, diviso nel duplice compito di dare ascolto a chi non è mai stato ascoltato e di parlare per chi non ha più voce. Di battaglie per la giustizia, Don Enrico ne ha portate avanti molte: lì dove c’è bisogno di rivendicare un diritto calpestato, la sua presenza non è mai in discussione.

Quando arrivò il disastro di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, con il crack costato i risparmi di imprenditori, famiglie e pensionati, la gente locale non ha esitato un attimo a sceglierlo come portavoce. E lui non si è tirato indietro, fermo nella convinzione di una Chiesa attiva e partecipe: “In questi casi molti perdono una cosa sacra: la speranza e la fiducia nelle persone. Ecco perché, come Chiesa, non si può stare a guardare. E di fronte alla disperazione bisogna ricordare che Dio non si dimentica dei suoi figli in difficoltà”.

 Ancora oggi, il coordinamento a sostegno dei 200 mila aderenti che hanno perso tutto, porta il suo nome. A testimonianza del “chirurgo dell’anima” che, con il Vangelo sotto il braccio, combatte per la giustizia e dona speranza a chi non vede altro che buio.