Dipendenti investono risorse proprie per rimanere competitivi

Roma, 2 nov. (Labitalia) – I lavoratori manifestano la volonta’ di cambiare azienda se le loro competenze digitali non evolvono; infatti, investono risorse proprie per rimanere competitivi. E’ quanto rileva Capgemini che, in collaborazione con LinkedIn, il network professionale piu’ grande al mondo, ha pubblicato oggi il report ‘The digital talent gap-are companies doing enough?’. Il report analizza la domanda e l’offerta di lavoro relativa a esperti con specifiche competenze in ambito digital e la disponibilita’ di posizioni digital all’interno di diversi settori e paesi. Emergono le preoccupazioni dei lavoratori nella valutazione delle proprie competenze digitali, oltre alla mancanza di risorse per la formazione messe a loro disposizione sul posto di lavoro.

Tra gli aspetti piu’ salienti, il report evidenzia il fatto che quasi il 50% dei lavoratori (percentuale che raggiunge il 60% per quei dipendenti con competenze digitali ) sta investendo sia denaro che tempo libero per acquisire competenze digitali. Tra le societa’ intervistate, una su due riconosce che il gap sulle competenze digitali si sta espandendo. Infatti, piu’ della meta’ (54%) delle aziende e’ d’accordo sul fatto che questo divario stia ostacolando i loro programmi per la digital transformation e di aver perso il loro vantaggio competitivo proprio a causa della carenza di talenti digitali.

Sebbene il divario in termini di competenze digitali si fa piu’ ampio, i budget per la formazione digitale sono rimasti invariati o hanno addirittura subito un calo in oltre la meta’ (52%) delle aziende. Il 50% degli intervistati afferma, inoltre, che il gap digitale e’ uno dei temi piu’ discussi ma che, allo stesso tempo, non vengono intraprese delle azioni per colmarlo.

Molti degli attuali dipendenti sono preoccupati dal fatto che le proprie competenze siano ormai superate o che lo stiano per diventare. Complessivamente, il 29% dei lavoratori ritiene che siano gia’ superate o che lo diventeranno entro due anni, mentre per oltre un terzo di loro questo succedera’ tra 4-5 anni. Nello specifico, sono quasi la meta’ (47%) dei dipendenti appartenenti alle generazioni Y e Z a ritenere che le proprie competenze digitali diventeranno obsolete entro i prossimi 4-5 anni.

Da un punto di vista di settore, dal report si evince che il 48% dei lavoratori del comparto automobilistico pensano che le loro competenze diventeranno superflue nei prossimi 4-5 anni, seguiti da quelli dei settori bancario (44%), delle utility (42%), delle telecomunicazioni e assicurativo (entrambi al 39%). Inoltre, i dipendenti credono che i programmi di formazione messi in atto dalle aziende non siano molto efficaci. Infatti, oltre la meta’ degli attuali talenti in ambito digitale afferma che questi programmi non sono utili o che spesso non gli viene concesso il tempo necessario per potervi partecipare. Quasi la meta’ degli intervistati (45%) descrive i programmi formativi della propria azienda come ‘inutili e noiosi’.

Le preoccupazioni in merito alle skill digitali che divengono superflue e la mancanza di fiducia nei confronti degli sforzi messi in atto dal datore di lavoro per incrementare queste competenze potrebbero creare delle frizioni. Piu’ della meta’ dei dipendenti con competenze digitali (55%) afferma di essere disposto a trasferirsi in un’altra azienda nel caso in cui dovesse avvertire che le proprie capacita’ digitali siano in una fase di stallo presso l’attuale datore di lavoro.

Allo stesso tempo, e’ probabile che quasi la meta’ dei dipendenti (47%) si indirizzi verso quelle aziende che offrono migliori possibilita’ di sviluppo di queste competenze. Tuttavia, anche i datori di lavoro affermano di essere preoccupati per le possibili frizioni con il personale dotato di maggiori competenze, tanto che piu’ della meta’ di essi (51%) ritiene che i propri dipendenti abbandoneranno l’azienda dopo aver ricevuto una formazione e la meta’ di loro (50%) afferma di non registrare molta affluenza durante le sessioni di training sulle competenze digitali.

“Oggi -spiega Alessandra Miata, Hr director di Capgemini Italia- le societa’ stanno affrontando una sfida di dimensioni enormi per quanto riguarda l’upgrade delle competenze digitali. Come evidenzia la ricerca che abbiamo realizzato in collaborazione con LinkedIn, si tratta infatti di un aggiornamento che non riguarda solo le conoscenze tecnologiche ma anche quelle di leadership e relazione, necessarie a cogliere appieno i benefici della digital transformation”.

“Diventa quindi essenziale -chiarisce- garantire un percorso di sviluppo delle competenze per riuscire a mantenere i propri dipendenti al passo con i tempi e con le loro stesse richieste. In futuro il divario delle competenze digitali continuera’ ad ampliarsi e nessuna azienda potra’ permettersi di ignorare il cambiamento in atto. Le imprese devono costantemente innovare e pianificare la crescita dei propri dipendenti”.

Il report ha evidenziato un incremento della domanda per i professionisti con esperienza in hard skill digitali, in aree come advanced analytics, automazione, intelligenza artificiale e cybersecurity. Tuttavia, soft skill digitali come la centralita’ del cliente e la passione per l’apprendimento, sono tra le piu’ richieste dalle imprese e rappresentano una caratteristica sempre piu’ importante per un professionista digitale a tutto tondo. Anche se il 51% dei dipendenti ritiene che nella propria azienda ci sia una mancanza di hard skill digitali, allo stesso tempo, il 59% degli intervistati sottolinea anche una carenza di soft skill. Sette lavoratori su dieci con competenze digitali (72%) preferiscono lavorare per societa’ che hanno una cultura imprenditoriale che promuova agilita’ e flessibilita’, come quella della startup.

E’ molto improbabile che le competenze digitali prosperino in un ambiente caratterizzato da mancanza di liberta’ di sperimentare e fallire. Qualora non dovesse esistere una cultura basata sulla sperimentazione ne risentira’ anche l’innovazione. Sulla base dell’analisi dei dati di LinkedIn all’interno del report, negli ultimi anni i data scientist e i full stack developers sono stati, in media, le figure professionali piu’ richieste. Ecco, quindi, in ordine di posizione, la top 10 dei ruoli digital che nei prossimi 2-3 anni diventeranno i piu’ significativi: information security-privacy consultant; chief digital officer-chief digital information officer; data architect; digital project manager; data engineer; chief customer officer; personal web manager; chief internet of things officer; data scientist; chief analytics officer-chief data officer.

“Le aziende -commenta Tuck Rickards, managing director di Russell Reynolds, societa’ di ricerca di profili manageriali- devono comprendere che i professionisti in ambito digitale sono un piccolo gruppo di persone che pero’ fa gola a molti. Le imprese potrebbero anche non essere in grado di coinvolgere questi esperti allo stesso modo degli altri dipendenti; devono quindi utilizzare un approccio intelligente”.

(Adnkronos)

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