QUOTE LATTE, RISCHIO DI NUOVE MULTE: ALLARME NELLE AZIENDE DELL’ALTA PADOVANA

Coldiretti Padova: “minacciati ancora una volta i nostri allevamenti, occorre intervenire a livello comunitario”.

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Per gli allevatori già alle perse con la “guerra” dei prezzi e l’invasione di prodotti stranieri a basso costo e bassa qualità sarebbe un ulteriore duro colpo. “Venti giorni fa abbiamo protestato in massa a Venezia – ricorda Federico Miotto, presidente di Coldiretti Padova – e subito sono arrivati i primi segnali positivi, come il decreto che il ministero delle politiche agricole sta mettendo a punto per rendere operativo il piano latte qualità che porta ad uno stanziamento di 108 milioni di euro , divisi in tre anni, per gli allevamenti italiani. Però non basta, per questo non abbassiamo la guardia. Ora infatti occorre intervenire a livello comunitario e nazionale per preparare con strumenti adeguati un atterraggio morbido all’uscita del sistema delle quote”. In provincia di Padova la zootecnia è un settore cruciale: 40.000 vacche da latte e 2.600.000 quintali di latte prodotto, in stragrande maggioranza destinato, proprio per la sua elevata qualità, alla produzione dei formaggi veneti a marchio Dop come il Grana Padano, l’Asiago e il Montasio. In costante ascesa anche il consumo di latte fresco, di yogurt, formaggi e latticini attraverso i canali della vendita diretta e dei mercati di Campagna Amica. Il “polo” padovano del latte si localizza nell’Alta e conta centinaia di aziende che hanno affrontato notevoli difficoltà ed elevati investimenti per restare sul mercato con un prodotto di assoluta qualità. Ora però si riaffaccia lo spettro delle sanzioni. “Con la fine del regime delle quote latte – spiega Simone Solfanelli, direttore di Coldiretti Padova – è prevedibile un aumento della produzione lattiera italiana e comunitaria che potrebbe aumentare del 5 per cento, secondo le nostre stime, con il rischio di ripercussioni negative sui prezzi del latte alla stalla, con notevoli difficoltà soprattutto per gli allevamenti da latte che risiedono nelle zone più fragili e sensibili. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dell’ultimo aggiornamento dei dati Agea dai quali si evidenzia un aumento della produzione del 3,24 per cento rispetto allo scorso anno, con un incremento in valori assoluti di 2,561 milioni di quintali, sulla base dei primi nove mesi della campagna relativa al periodo che va dal 1 aprile 2014 al 31 marzo 2015. Quello che si preannuncia è quindi il primo splafonamento dopo l’introduzione della legge 33 del 2009 la quale prevede la possibilità di compensazione solo agli allevamenti di montagna e delle zone svantaggiate, a quelli che non hanno superato il livello produttivo 2007-2008 e ultimi, in ordine prioritario, a quegli allevamenti che producono entro e non oltre il 6 per cento della quota loro assegnata. Ora è importante che le risorse previste dal “Fondo latte di qualità” vadano agli allevatori”. La questione quote latte iniziò 30 anni fa nel 1983 con l’assegnazione ad ogni Stato membro dell’Unione di una quota nazionale che poi doveva essere divisa tra i propri produttori. All’Italia – conclude la Coldiretti – fu assegnata una quota molto inferiore al consumo interno di latte. Il 1992, con la legge 468, poi il 2003, con la legge 119, e infine il 2009, con la legge 33, sono state le tappe principali del difficile iter legislativo per l’applicazione delle quote latte che ha consentito alla stragrande maggioranza degli allevatori di mettersi in regola.

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