Soluzioni inutili per un Paese in apnea

Soluzioni inutili per un Paese in apnea

Inizia la campagna elettorale e tutti gli schieramenti si affrettano ad illustrare le proprie ricette economiche al fine di accaparrarsi il maggior numero di seggi in Parlamento. E’ risaputo che proprio in questi frangenti, le soluzioni propinate sono quelle meno efficaci proprio perché più vicine al populismo elettorale piuttosto che all’effettiva problematicità delle questioni.

Purtroppo tale comportamento è comune a tutti gli schieramenti. A sinistra si parla di patrimoniale, che dovrebbe generare una redistribuzione del reddito, ma che in realtà porterà ad una contrazione degli investimenti. Tutto ciò che innesca dinamiche di tassazione del patrimonio innesca effetti di disinvestimento poiché il surplus di ricchezza prodotta si assottiglia e con esso le risorse destinate agli investimenti. Una manovra quindi di forte impatto elettorale ma di scarsa lungimiranza prospettica.

 

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A destra si pensano soluzioni di detassazione, che sotto certi aspetti potrebbero davvero innescare dinamiche di ripresa dei consumi e quindi uno smarcamento dalla recessione, se non fosse che questa ha veramente un senso se accompagnata da una concreta riduzione della spesa pubblica. Quello che però non convince è cosa si va a detassare. E’ positiva la cancellazione dell’IMU sulla prima casa, ma a mio avviso è negativa la proposta di detassare il lavoro in questo momento se non si è poi in grado di mantenerlo nel medio lungo termine.

Se è piacevole aggrapparsi all’equazione del benessere (meno tasse, più consumi, più investimenti, più occupazione e così via) questa è del tutto inefficace in questo momento. E’ vero che se alle aziende si la possibilità di assumere una persona, detassandone appunto i contributi, aiutiamo il problema occupazionale, ma siamo sicuri che a beneficiarne siano i prodotti Italiani?; si perché questo tipo di funzione del benessere ha un senso nel momento in cui ci si trovi dinanzi ad economie chiuse, oppure  in presenza di valute diverse in cui il concambio aiuta spesso i consumi interni, e comunque in presenza di concorrenti con tasso di produttività simile. Ma nella situazione attuale  in cui si confrontano Paesi di area Euro caratterizzati da valori di forza diversi , si rischia di rendere vane tali manovre ed anzi aiutare le economie concorrenti. Il vero gap da colmare è quello della produttività, con l’obiettivo di innalzare la competitività tra prodotti. Quindi la tassazione non deve incidere sul costo del lavoro ma sugli investimenti in grado di innalzare il livello innovativo delle aziende, che possano così tornare a competere con le pari degli altri Paesi.

Vi è poi un altro fattore da considerare. In questi anni l’indebitamento procapite degli Italiani è aumentato; accanto ai 32,000 euro pro capite di debito pubblico vi è l’indebitamento delle famiglie legato ai consumi che supera i 20,000 euro per nucleo familiare. Questo vuol dire che gli effetti di una detassazione devono essere accompagnati prima di tutto da una riduzione della spesa e protratti per minimo tre anni se si vuole incominciarne a vederne gli effetti, in quanto per i primi tempi le maggiori risorse andrebbero necessariamente a coprire l’esposizione debitoria e a ripristinare una parte del risparmio oramai eroso.

Tralascio l’esamina delle ricette centriste per il semplice fatto che abbiamo ampiamente approfondito le tecniche contabili di questo ultimo anno, che come unico effetto hanno prodotto incremento delle tasse e impoverimento degli italiani e dei consumi. Anche se mi piace sottolineare come si parli di revisione e di seconda fase, senza spiegare che questa durerà almeno altri due anni, soprattutto se si manterrà la rotta tracciata.

In conclusione, non esiste nessuna manovra in grado nel giro di una anno di generare una ripresa duratura; è vero però che solo un inversione di tendenza nelle ricette economiche potrà ridare fiducia alle imprese ed ai mercati. L’applicazione sistematica della tassazione o delle politiche redistributive sono in grado solo di mettere un cerotto nel breve, ma la ferita rischia di essere non più suturabile.

 

Luigi Del Giacco

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