Quindici anni, italiani, disoccupati… per fortuna!

Sabato scorso i giornali hanno riportato una notizia che a molti è apparsa nei primi istanti positiva ma che in realtà agli addetti ai lavori ha richiamato scenari preoccupanti che noi stessi avevamo già anticipato nel corso delle precedenti settimane. Il ricorso alla cassa integrazione è sceso di un buon 26% in gennaio , confermando che nel bel mezzo di un riaccendersi della crisi economica, stanno per esaurirsi gli effetti degli ammortizzatori attivati due anni fa. Questo sancirà nel prossimo futuro un passaggio di un certo numero di lavoratori allo stadio di disoccupati, senza più alcuna tutela e con un riverbero negativo sull’economia dal lato dei consumi. La disoccupazione giovanile ha toccato soglie intorno al 30% soprattutto nella fascia di età tra i 15 ed i 25 anni. Questo a mio avviso, genera due  considerazioni: innanzitutto le aziende richiedono forza lavoro scolarizzata e specializzata , quindi credo sia ormai giunto il momento di innalzare la scuola dell’obbligo ai 18 anni, con percorsi maggiormente indirizzati all’inserimento nel mercato del lavoro; secondariamente affiancare l’Università al mondo del lavoro con percorsi formativi professionali di alta specializzazione. Infatti  la parte preoccupante non sta tanto nella percentuale di disoccupati, ma quanto nella fascia di età che viene considerata , se rapportato al nostro sistema di istruzione. Ma da più parti si dice che il mondo dei giovani va approcciato con strumenti di comunicazione recepibili, perché affini al loro modo di vivere e di pensare. Nulla di più vero, ecco perché si segnalano alcuni canali che potrebbero essere strumento di spunti in ambito sia lavorativo che culturale. Conosciamo tutti le potenzialità dei social network , solo Facebook  in Italia vede 18 mln di persone che gestiscono profili personali ed informazioni e dove tutte le aziende più importanti spendono milioni di euro all’anno per alimentare il proprio brand ed i propri prodotti. Ora Facebook sta diventando rete di ricerca lavoro a livello planetario. Due studenti americani, Sidd Pagidipadi e Lewis Howes , hanno creato un’ applicazione denominata Talent.Me capace di creare una rete di contatti professionali tra iscritti e recruiters , utilizzando proprio la piattaforma Facebook, ed in grado di implementare la rete pescando su tutti i contatti anche su social diversi. Lo stesso Facebook ha sviluppato un’applicazione denominata BeKnow, che permette di gestire all’interno del proprio profilo un secondo livello composto solo da contatti di tipo professionale. Altro Social intermente specializzato sul contatto tra aziende, professionisti, studenti e lavoratori è l’ormai famoso LinkedIn . All’interno di questo portale quotidianamente si trovano offerte di lavoro da parte di recruiters e di direttori di risorse umane di molte aziende , scambi di informazioni , contatti per la distribuzione di prodotti in tutte le parti del mondo, inserimento di curriculum ed invio diretto ai selezionatori delle aziende. Questi sono solo alcuni dei principali esempi di come anche nel mercato del business e del lavoro si stia andando al di del concetto di mediazione. Si abbandonano quei filtri che spesso diventavano portatori di raccomandazione, per giungere ad un confronto diretto in cui la capacità di relazionarsi , di proporsi assieme al proprio bagaglio esperienziale sono elementi che acquistano un certo peso. Di contro però, siccome la rete non ha confini, di colpo ti trovi proiettato in un contesto mondiale in cui il confronto diventa anch’esso di livello. Accanto al nostro ingegnere italiano , troviamo quello Indiano disposto a migrare in Europa, quello Cinese di  nuova generazione, come lo Statunitense del MIT (Massachusetts Institute of Technology) e cosi via. Quello che si vuole sottolineare è che sempre di più si debba puntare ad un innalzamento qualitativo della preparazione dei nostri giovani, per portarli a competere con i loro pari età del mondo circostante. Invece ancora oggi ci si preoccupa della percentuale di disoccupati che hanno 15 anni , concentrandosi nell’ attivare contratti di lavoro ad hoc che possano calzare , invece che predisporre delle soluzioni per le quali questi soggetti possano un giorno scomparire dalla statistica. Ancora oggi molti sono legati al concetto Smithiano e Marxiano della forza lavoro, vista come un semplice input del processo produttivo, che viene acquistato, remunerato attraverso un salario e valutato a seconda della produttività. Volendo mantenere questo concetto dottrinale  ed inserendolo in un economia globalizzata come la nostra è facile desumere che la qualità della forza lavoro che si immette nel processo produttivo incide pesantemente sulla produttività e sulla capacità di innovare, di conseguenza se non si investe pesantemente in un sistema di formazione e specializzazione di qualità alta , le nostre aziende sono destinate nel lungo periodo ad assumere soggetti provenienti da altri Paesi ed altri continenti o nella peggior delle ipotesi a delocalizzare la produzione e trasferirla nei Paesi con manodopera a basso costo.

Luigi Del Giacco

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