Farmaci e taxi per tutti..!!!

Liberalizzazioni, tutti le aspettano con patos, altri le osteggiano perché invasive dei loro diritti acquisiti, altri ancora le vedono come un male per la nostra economia perché dannose per la sicurezza dei cittadini. Volendo svicolare dalle polemiche settoriali, figlie di un sistema corporativo che la storia del nostro Paese ci ha consegnato e che hanno ben funzionato fin quando la nostra economia era “autonoma” , uno studio interessante del CERMES (dell’Università Bocconi di Milano sulle liberalizzazioni stima in 20 milioni di euro il risparmio delle famiglie italiane in caso di liberalizzazioni. I fattori sono diversi e dipendono essenzialmente dal tipo di settore che si va a toccare. Si sente parlare soprattutto di professioni, di taxi, di edicole, in realtà le vere liberalizzazioni riguardano settori maggiormente incidenti nel bilancio familiare: distribuzione alimentare e non, banche e servizi, sanità e carburanti o energia in genere. Quando si sente parlare di “km zero” si punta l’attenzione, non solo sull’assottigliamento della filiera, ma  su una tipologia distributiva, in cui la logistica che in genere pesa , a seconda del prodotto, per un 15% sul costo dello stesso, tenda  proprio ad aprire ad una possibilità di riorganizzazione  distributiva  di prossimità. L’aumento dei siti distributivi accompagnata ad una crescita dei prodotti a marca privata (private label) consente un contenimento dei prezzi al dettaglio dovuto ad una spinta che questi prodotti provocano sui brand tradizionali. La stessa distribuzione farmaci sta  cambiando in positivo le abitudini, con un maggiore accesso al farmaco generico a costi ridotti anche del 25% e con una contrazione della prescrizione selvaggia che va ad incidere positivamente sulla spesa sanitaria regionale. Se tutto ciò è vero le uniche resistenze dovrebbero venire solo dalla protezione corporativa. In realtà le liberalizzazioni devono essere gestite in maniera oculata nei diversi settori. Nel nostro territorio il 46% delle superfici è costituito ancora da negozi tradizionali che presentano un indice prezzo pari a 125 (dato 100 il prezzo in un ipermercato , lo stesso prodotto costa il  25% in più). Visto che questo dislivello è generato dalla diversa scontistica che i brand riservano alle catene di ipermercato , sempre più vanno attivati dei meccanismi che favoriscano la costituzione di consorzi, di centri commerciali a cielo aperto o di ricollocazione del punto vendita al fine di accrescere il potere d’acquisto del singolo negoziante, contrastando in questo modo la morte dei centri storici e flussi di disoccupazione. Il vantaggio in questo settore è duplice vantaggio: prima di tutto una riduzione alla propensione all’evasione scontrinale ed  socialmente un vantaggio per il consumatore indigente, che ha di solito un deficit di mobilità che gli impedisce di godere della convenienza promozionale degli ipermercati. Nell’ambito farmaceutico va tenuto alto il livello di controllo , non possiamo permetterci professionisti improvvisati che dispensano farmaci in modo errato o acquistati a volte chissà dove. Liberalizzare non vuol dire necessariamente deregolamentare ,  si sposta soltanto il livello di tutela, non più nei confronti dell’operatore quanto del consumatore. Questo comporta che il legislatore dovrà necessariamente rafforzare quelle norme che riguardano la tutela della qualità dei prodotti e dei servizi, riorganizzare le varie autority con poteri maggiormente incisivi ed accelerare sull’istituto della Class Action. Un aspetto socialmente rilevante che una scelta liberale provoca è sicuramente l’incremento del precariato, poiché la voce di costo che maggiormente osta alla riduzione dei prezzi è relativa alla forza lavoro, soprattutto in termini contributivi(l’Italia è al sesto posto nell’area Euro per differenza tra ciò che il datore di lavoro paga e quanto effettivamente il lavoratore percepisce, 35,7%) . Ora flessibilità è la parola d’ordine per una libertà di mercato vera e propria, in cui la riduzione dei margini d’impresa si accompagnano ad una contrazione della parte contributiva a loro carico. Ritengo quindi che non sia del tutto corretto parlare di interventi settoriali anziché di una riforma a corpo unico. Non possiamo pensare a deregolamentare se la struttura fiscale, finanziaria (la liberalizzazione bancaria sarebbe un'altra meta da percorrere) e sociale in cui questa viene posta in essere non siano idonee. Questo genererebbe solo una concorrenza esasperata in cui il piccolo muore ed il grande sopravvive con risultati nefasti per  il sistema Paese sotto tutti i punti di vista. 

Luigi Del Giacco      

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